La tradizione dei Koomari: spiriti mitici aleggiano sul Po

Pietà” è il secondo singolo dei Koomari, band fresca come le rive del fiume Po che ne ospita i natali in quel lembo di pianura padana che chiamiamo Casalmaggiore. Le armonie funk delle chitarre viaggiano parallelamente come onde sospinte dalle maree con un unico obiettivo: approdare, arrivare a terra, come nel tentativo di salvarsi da qualcosa che si cela nelle acque più profonde. 

C’è chi desidera la tranquillità del lago, chi preferisce il mare mosso, ma nulla può dimostrarsi pericoloso come un fiume in piena. Imperturbabile nel suo avanzare, è in grado di divorare tutto ciò che incontra. Leggende narrano di una serie di custodi naturali dei corsi d’acqua in grado di placare gli animi quando traboccano. In diverse culture, anche molto eterogenee tra di loro, compaiono diverse figure mitologiche associate ai corsi d’acqua. Ora abitanti dei fondali, ora protettrici della natura circostante, gli spiriti dell’acqua hanno sempre ispirato i racconti orali e scritti. E chi sono i Koomari per non farsi ispirare dal piccolo grande fiume che taglia l’Italia settentrionale? 

Il loro ultimo singolo Pietà si pone come una forma di preghiera alle figure mitiche della kumari e della rusalki, provenienti dalla cultura Hindu e dalla mitologia est-europea. Prima di loro, un altro artista italiano che risponde al nome di Generic Animal si è fatto trasportare dal kappa, uno yokai della tradizione giapponese dal portamento quanto mai particolare, e come lui molti altri. Abbiamo quindi chiesto ai Koomari di contestualizzare la figura della kumari e della rusalki nell’ambientazione della pianura padana, quella che loro chiamano casa e che, a maggior ragione, conoscono dalla nascita. 

Come si stana una rusalki? Incontrarla è pericoloso o è di buon auspicio? Perchè prediligono l’acqua? Come si comportano e che rapporto hanno con gli umani?

Per trovare le rusalki basta avvicinarsi a un corso d’acqua e guardare bene. L’acqua è un elemento della natura e dunque è sempre un misto di bellezza e pericolo. Probabilmente è proprio in questo tipo di tensioni che l’immaginazione umana articola delle entità riconoscibili, nella speranza di riuscire a comprendere il mondo. In Pietà ci ritroviamo nel bel mezzo dell’acqua, su una piccola imbarcazione instabile e recitiamo una sorta di preghiera a uno di questi spiriti, che però rimane impassibile di fronte alla nostra richiesta, un po’ come la natura che è tendenzialmente indifferente rispetto ai nostri piccoli drammi. Visto che la situazione era abbastanza drammatica, abbiamo deciso alla fine di condirci sopra un misto di funk e cori alla Bee Gees nella speranza di esorcizzare il tutto. 

Allo stesso modo, cosa rappresenta la figura della kumari e che significato avrebbe se venisse trapiantata all’interno della cultura dell’Italia settentrionale? Come la si riconosce e quali sono i metodi di approccio per una creatura che tende al divino? Che relazione c’è tra i Koomari e la kumari?

Prima di tutto, piccolissimo spiegone sulle origini della parola Koomari: la Kumari (con la u) è una dea vivente che si incarna ciclicamente in delle bambine che sono obbligate a fare una vita a metà tra prigionia e privilegio. È un culto praticato in Nepal. All’inizio del nostro progetto, prima di capire dove volevamo andare a parare, ci immergevamo spesso in lunghe jam psichedeliche dove i testi facevano sempre riferimento a delle divinità femminili (Pietà ne è un chiaro esempio). La storia della Kumari ci ha particolarmente affascinato. Inoltre c’è una chiara similitudine con “le comari”, termine che tendenzialmente viene utilizzato per indicare le signore anziane in particolare nei paesi. Il nome Koomari alla fine non significa niente ma allo stesso tempo significa entrambe le cose. Ci piaceva giocare con questa ambiguità, per cui ognuno può leggerlo come vuole e interpretarlo come preferisce.


Nessuno di noi chiaramente è un esperto di culti hindu nepalesi, ma mi pare che prima di tutto la Kumari sia una sorta di totem vivente. Le persone le portano doni e attorno alla sua figura si crea una comunità. La produttiva pianura padana, mischiata all’insicura spigolosità contadina dei suoi abitanti, ha da tempo portato all’eliminazione di qualsiasi totem. Questo ha certamente indebolito le nostre comunità. La nostra grande ambizione (umana forse prima che artistica) che portiamo avanti su più livelli, è quella di riuscire a fare qualcosa per la nostra comunità. Senza dilungarmi oltre il dovuto, alla fine ci pare sia questo il sottile file rouge che collega la Kumari, le comari e i Koomari.

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