Intervista: Any Other
In occasione dell’uscita del nuovo album stillness, stop: you have a right to remember abbiamo sentito Adele Altro, cercando di scoprire cosa di cela dietro agli otto brani che compongono il nuovo abum e ovviamente altre curiosità che non possono mancare in una chiaccherata con una delle nostre Artiste favorite.
IR: Iniziamo con una cosa che mi avevi detto ormai due anni fa, a maggio, quando ti avevo intervistato per Tentativo. Ti avevo chiesto, riguardo ad Any Other, quando sarebbe uscito il prossimo disco e tu mi avevi risposto “Voglio essere sicura che se faccio uscire un disco riesco a fare un tour come si deve, perché adesso ho tante cose per le mani”.
È un aspetto che sei riuscita a risolvere e ti ha effettivamente sbloccata nella realizzazione di questo album?
AA: era il 2022 vero? Era proprio il periodo in cui mi ero detta: “OK, adesso finisco di scrivere i pezzi“ e ed effettivamente è stato l’anno in cui mi sono messa a fare le preproduzioni con Marco (Giudici ndr), ci siamo messi a lavorare nell’autunno di quell’anno.
Ricordo che pensavo “OK, quando esce questo disco devo avere il tempo di portarlo in tour, altrimenti non ha senso”. Invece adesso, fortunatamente, ha senso!
IR: il titolo che hai dato all’album stillness, stop: you have a right to remember che significato ha? E la copertina? Completamente diversa dal solito.
AA: il titolo è lungo, mi rendo conto. Parla di questa mia necessità che ho provato ad un certo punto della mia vita di andare a recuperare una serie di ricordi che avevo dimenticato o rimosso.
Facendo un percorso di lavoro su me stessa, mi sono accorta che avevo perso un bel po’ di pezzi e non solo cose brutte, ma anche cose belle.
E in questo percorso di mi sono accorta che per capire delle cose della mia vita presente e superarle avevo bisogno di recuperare degli elementi del mio passato. Da qui il titolo, che parla di questa necessità che però non è automatica, devi essere tu a volerla fare. E’ una sorta di monito, che volevo dare a me stessa e dire “OK, adesso fermati e recupera questi pezzi che senti di aver perso”.
Per quanto riguarda invece la copertina del disco la grafica è di Jacopo Lietti ed ero partita dal non voler più la mia immagine in copertina e mettere del lettering, cosa assente negli altri due album.
Discutendone con Jacopo siamo arrivati a questa forma che rimanda ad una sorta di narrativa “spezzata” che era il senso che volevo dare alla copertina.

IR: anche sul palco hai un ‘abito di scena’, cosa nuova per te.
AA: probabilmente è la prima volta che cerco di avere una coesione estetica tra quello che c’è in termini grafici e come mi presento live. Puoi chiamarlo styling(ridiamo ndr)
La cover del disco è asettica dal punto di vista del colore mentre invece nella versione fisica del vinile abbiamo fatto il gatefold con una mia foto super colorata, in contrasto con la cover bianca, nera e grigia.
IR: parlavamo del 2022, ma quanto ci hai messo a finire stillness, stop: you have a right to remember ?
AA: è stato allo stesso tempo infinito e brevissimo. Ci sono alcuni pezzi di cui le prime bozze risalgono anche al 2016, quindi era da poco pochissimo uscito il primo disco. A parte la scrittura dei brani tutto è viaggiato velocemente.
Il tempo materiale che ci abbiamo passato in studio a farlo non è stato lunghissimo, o almeno non nella mia percezione di “lungo”, perché alla fine di lavoro effettivo ci abbiamo messo un mese, un mese e mezzo. Poi se includi una serie di ritocchi, il mix e il resto diciamo tra tutto è andata via la prima metà del 2023.
IR: in alcuni brani come Awful Thread ad esempio, hai provato a fare un arrangiamento più sofisticato del solito.
AA: Sì vero anche se per il live è leggermente riarrangiato, infatti per esempio suono la chitarra che nel pezzo non c’è.
Awful Thread è quello che ci ha dato più filo da torcere, più che in termini di arrangiamento il problema è stata la produzione.
L’arrangiamento per me era molto semplice: avevo un arpeggio, una progressione di accordi e tutto quanto e non è stato complesso da scrivere. Ma non perché sono brava ma solo perché avevo già tutto in testa.
Le difficoltà sono state proprio dal punto di vista della creazione, della creazione dello scenario sonoro, quello è stato proprio difficile, abbiamo fatto due o tre versioni, che poi magari riproponevano sempre circa gli stessi elementi. È stato è una sfida dare un’aria che fosse allo stesso tempo intima, calda, ma anche deprimente.
IR: il brano parla di rispetto e rimorso argomenti che tratti spesso. E’ rivolto a chi hai ‘perso per strada’?
AA: No, direi che tratto questi argomenti in generale scrivendo di fatti miei.
Parlo di rapporti personali, che siano relazioni amicali, sentimentali o con i genitori.
È inevitabile che vengano toccate delle corde più tese. Nello specifico in Awful Thread, parlo del rapporto con i propri genitori. Siamo tutti figli, quindi sappiamo tutti quanto sia complesso a volte avere a che fare con i propri genitori.
Mi rendo conto che certe cose del mio rapporto con i miei genitori non vanno o non andavano bene e c’è la necessità di sbloccarsi che cerco di rendere nel brano.
IR: una frase che ripeti nel brano è “la fortuna che ti è stata data” (For the luck you were given ndr) che è una frase che si dice ai figli quando si crede di aver dato delle opportunità di crescita, delle possibilità e non vengono sfruttate a dovere. Lo dico da genitore. E’ questo il senso?
AA: sì è vero ma io l’ho scritta pensando ad una prospettiva inversa, cioè un figlio che dice al genitore: “hai la fortuna di avere un figlio e di avere me come figlio e da genitore non hai avuto né rispetto per questa fortuna né il rimorso di averla sprecata.” Il senso è questo.
IR: personalmente la ritengo una cosa molto dura da dire ad un genitore
AA: sì certo ma è quello che penso e ho vissuto

IR: hai dovuto imparare a suonare qualche strumento nuovo per questo disco?
AA: non mi sono messa a “studiare per registrare”, però sicuramente rispetto anche solo a due anni fa o anche all’anno scorso, ho avuto voglia di imparare a fare cose nuove e mi sono resa conto che certe cose suonate da me siano meglio su questo disco rispetto dei lavori precedenti. Ora non c’è stato questo focus sul miglioramento, c’è stato dovuto allo sforzo necessario e personale di suonare e imparare.
Anzi probabilmente anche con il fatto di includere Marco in una veste nuova mi ha lasciato anche molta più rilassatezza nell’affrontare le parti e le cose da fare. Quindi avevo meno ansia da prestazione nelle parti che mi spettavano. (ridiamo ndr)
IR: l’album dura 30 minuti e sembra essere una tendenza fare album così corti, soprattutto dopo tanto tempo ci si aspetterebbe qualcosa di più.
AA: guarda, anch’io ho notato questa cosa, cioè ovviamente è una questione che mi sono posta perché tra il primo disco, il secondo e il terzo ho visto che il minutaggio è sempre andato a scendere.
In realtà tipo c’è una motivazione che prescinde da me, nel senso che temo sia impossibile sfuggire al fatto che abbiamo tutti meno attenzione per l’ascolto, quindi non c’era la volontà di fare un disco così corto. Penso che in parte non sia nemmeno io immune al fatto che i dischi siano sempre più brevi, quindi probabilmente questo è toccato anche a me.
E poi c’è una motivazione invece più strettamente personale e cioè mi sono accorta anch’io che il disco durava poco e mi ha fatto venire dei dubbi ai quali a un certo punto, ho messo un tappo pensando: “Potrei scrivere di più, ma scrivere di più significa aspettare di più e ho molto bisogno di fare questo disco, quindi referisco fare un compromesso rispetto a questo per dare maggiore importanza al bisogno che sento di registrare un disco mio e di andare in tour”. Poi anche a livello di testi e contenuti è abbastanza “pesante” e più lungo sarebbe risultato ancora più ostico.
Credo che avendo fatto così tante cose diverse negli ultimi anni, probabilmente già una pacca sulla spalla per aver scritto e registrato questi pezzi me la voglio dare.

IR: mi interessa sapere qualcosa riguardo alla collaborazione con Andrea Poggio, il disco mi è piaciuto molto e anche vedervi dal vivo. Come sei arrivata a collaborare con lui?
AA: io e Andrea ci conosciamo da 10 anni, c’eravamo conosciuti dopo poco che stavo a Milano. Perché io suonavo con la mia migliore amica(Cecilia Grandi ndr) , avevamo un duo, ci chiamavamo The Lovecats.
IR: sì mi ricordo, vi avevo visto al MiAmi versione invernale, nel 2014, freddissimo
AA: esatto, l’avevo conosciuto lì e doveva fare il suo primo disco che poi è uscito nel 2017. Ci aveva messo un sacco a scrivere i testi ma già nel 2014 mi aveva proposto di cantare sul suo disco. Dopo di quello siamo diventati amici e anche nel fare il secondo disco ha voluto coinvolgermi a me ha fatto piacere. Alla fine sono anche andata a suonare poi dal vivo con lui.
IR: altri che sono riusciti a farti cantare in italiano sono stati Colapesce e Dimartino. Come è stato trovarti sul palco con loro? Sicuramente con un pubblico diverso, più ampio.
AA: da una parte col fatto che sono da tanti anni che conosco Lorenzo(Colapesce ndr) e che avevo già fatto il loro vecchio tour, non voglio dire che sono cresciuta insieme a quei concerti e a quei tour, però in qualche modo sì, nel senso che non è stato passare “suonare davanti a poche centinaia di persone a 1000 e più” dall’oggi al domani, è stata una transizione graduale.
E poi c’è il fatto che una cosa molto bella del loro pubblico nonostante Sanremo, il film eccetera oltre ai fan dell’ultima ora hanno un pubblico che li segue da tanto, prima della della loro collaborazione, quindi non hai mai la sensazione di suonare davanti a un pubblico banalmente interessato solo alle hit sanremesi.
Infatti questo mi ha sorpreso positivamente, quando era iniziato il tour, vedere le persone che cantavano tutti i pezzi oltre alle ultime tipo Musica leggerissima, Splash ecc cantavano tutti, proprio tutti i pezzi.
Pur essendo dei numeri più grandi, si riesce a mantenere comunque la dimensione di vicinanza con chi è lì che ti guarda.
IR: Tutto Piange è invece una tua produzione. Come hai conosciuto Virginia ?
AA: Virginia è di Roma e infatti è stata una connessione un po’ caotica: Marco vendeva dei microfoni e io avevo ricondiviso l’annuncio su Instagram.
Questa ragazza mi aveva scritto: ”Ah, forse un mio amico li vuole”. E mi aveva scritto così e poi scherzando “mi piace un sacco quello che fai, mi piacerebbe un sacco che che facessimo assieme i miei pezzi”, e io le avevo risposto di mandarmi qualcosa. Lei non pensava le avrei risposto. Mi ha mandato questi pezzi e mi sono piaciuti tantissimo.
Trovo che Virginia abbia una sensibilità sottile e forte allo stesso tempo. Da lì siamo anche diventate molto amiche.
IR: nella tua band che hai c’è un’altra ragazza, Arianna Pasini. I suoi singoli che sono usciti sono molto belli e ho scoperto che ha suonato anche con un mio amico che è Antonio Gramentieri(Don Antonio ndr) che ne è rimasto folgorato.
AA: sì certo lo conosco! E Arianna spacca! Ha un gusto per il suono e la ricerca dello strumento raro. E infatti sono molto contenta. A Marzo esce il suo primo disco lo presenta a Milano, al Bellezza, il 15 marzo.
E ti dico, che è anche bello che in questo tour ci sia Virginia che apre, Arianna che suona e Annalisa, la nostra fonica, che fa i suoni. Quindi c’è anche una bella energia e questo dà inevitabilmente tanto a questo, a questo tour e al live.

IR: Nel Marzo del 2020 avevo preso il biglietto per “Any other sextet” a teatro, con gli archi eccetera, poi annullato per la pandemia. E’ un’idea che ti è rimasta nel cassetto?
AA: secondo me ad un certo punto la ritirerò fuori perché per me è stato traumatico il fatto che venisse cancellata perché ci avevo lavorato davvero tanto e avevamo anche iniziato a fare le prove.
Quasi sicuramente non ci avrei visto un euro ma non me ne fregava niente, lo facevo proprio per la gloria (ridiamo ndr).
Scherzi a parte, non so né come né quando, ma risalterà fuori.
Ovviamente era un live arrangiato per teatro, con i pezzi dei primi due dischi e ora ci sarebbero anche i nuovi e farei un set diverso. Ci penserò tra un bel po’ perché adesso è appena iniziato il nuovo tour e voglio vedere come prosegue.
IR: c’è qualcosa in particolare che ti piace ascoltare in questo periodo?
AA: non sono bravissimo a stare al passo con le uscite nuove, ad esempio il disco degli Smile ancora non l’ho ascoltato.
Delle cose che sto ascoltando parecchio in questo periodo sicuramente c’è il materiale della Hubro, un’etichetta norvegese, un disco in particolare che si chiama Bloom l’artista è Kim Myhr. E mi sta piacendo super tanto (ridiamo ndr).
Poi stamattina ascoltavo quest’altro disco di questo artista che si chiama Frankie Reyes, l’album è Originalitos, fa musica latina mischiata all’elettronica, sembra quasi classica a volte.