I dischi dell’anno 2013
Siamo ormai alla fine del 2013 e lo possiamo dire: un ottimo anno per la musica italiana.
O almeno per le sue produzioni, davvero numerose, variegate, interessanti, convincenti. La classifica di fine anno è uno dei momenti più belli, non tanto per le posizioni assegnate, quanto per il dibattito che solitamente si crea dopo averla letta: ‘io avrei messo il disco di Tizio più in alto’ piuttosto che ‘manca l’album di Caio’.
La nostra classifica raccoglie le indicazioni di venti persone che hanno contribuito quest’anno a far crescere e migliorare Indie-Roccia: a loro va un grosso e sentito ringraziamento. Come ci sentiamo in dovere di ringraziare band, uffici stampa, label e tutte le persone che ci hanno dato fiducia durante l’anno.
Due piccole note tecniche prima di iniziare: la classifica è stata realizzata sfruttando la top 10 personale di ogni collaboratore (che saranno pubblicate più avanti), attribuendo un punteggio differente in base alla posizione, con un “premio” per i dischi posizionati più in alto in classifica. Il tutto è accompagnato da un piccolo mixtape, con un brano estratto da ogni album in classifica. Buona lettura e a lunedì per le prime dieci posizioni!
20. C+C=Maxigross – Ruvain (Vaggimal)
Non basta mischiare assieme tanti stili diversi per essere bravi: se si vuole farlo, sono necessarie coerenza, capacità di rielaborazione in chiave personale e capacità di fare in modo che le canzoni siano valorizzate dal potpourri stilistico, senza esserne invece schiave. Questo debutto cantato in italiano, inglese e dialetto cimbro, fa passare attraverso un unico filtro di una psichedelia leggera e godibile, folk e pop, retromania e modernismo, Europa, Nord e Sud America. Il risultato non si fa mancare nulla in termini di freschezza, efficacia e maturità
19. Calibro 35 – Traditori Di Tutti (Record Kicks)
Con “Traditori di tutti” i Calibro35 iniziano a fare sul serio e si distaccano dalle pure reinterpretazioni di cover del passato; e fa strano ammetterlo dopo ben 4 dischi alle spalle. Questo disco rappresenta un salto qualitativo definitivo verso una composizione che ha sempre più sostanza ed un tratto distintivo ben marcato ma che ancora può assumere nuovi sviluppi in futuro.
18.Amari – Kilometri (Riotmaker)
Un forte distacco di suoni e di testi rispetto al precedente ‘Poweri’ del 2009. Tutto è sinonimo di crescita e di impegno artistico, con l’obiettivo di comunicare direttamente e senza costruzioni complicate i propri sentimenti più intimi e personali.
17. Toni Bruna – Formigole (Niegazowana)
Musicalmente parlando è difficile non accostare Toni Bruna alla grande tradizione degli storyteller americani, con Bruna che porta tutta questa America direttamente a casa sua, riuscendo a creare un universo sonoro quantomai originale ed accattivante. C’è qualcosa nella musica di Toni Bruna che non si può spiegare con le semplici parole, qualcosa di magico che si nasconde nei sussurri, nei silenzi e nei chiaroscuri di questo piccolo capolavoro della musica nostrana.
16. Virginiana Miller – Venga Il Regno (Ala Bianca)
‘Venga il regno’ s’inserisce benissimo nella produzione del gruppo livornese senza operare un cambiamento stilistico così marcato per andar dietro a chissà quale moda del giorno. Album quanto mai attuale, che getta uno sguardo disincantato sulla realtà che viviamo, senza un dito di condanna né un cenno di assoluzione, ma spesso con un sorriso sarcastico ed una capacità descrittiva che sconfina a tratti nell’intimismo.
15. Gazebo Penguins – Raudo (To Lose La Track)
Ci sono sempre i chitarroni, ci sono i “fischi” e i suoni sporchi, ci sono le strofe da urlare a squarciagola mentre sei sotto la doccia. Ma non si parla più di perdere il tram o del micio a cui ti affezioni, si allude a temi più seri, ad una realtà italiana che difficilmente si riesce a negare. Ecco, questo “altro” è ciò che i Gazebi, questa volta in modo più incisivo rispetto al passato, lasciano all’ascoltatore.
14. Campetty – La Raccolta Dei Singoli (Orso Polare Dischi)
Lo stile Campetti, nelle sue varie forme (Edwood, Intercity) è ormai abbastanza riconoscibile. ‘La Raccolta dei Singoli’ conquista immediatamente, i fratelli Campetti asciugano, dove possibile, la componente musicale guadagnandone in immediatezza: le canzoni sono messe a nudo, quasi a volerne intravedere lo scheletro a occhio nudo. Testi sempre di gran pregio, alienanti e citazionisti.
13. His Clancyness – Vicious (FatCat Records)
Il disco ha una certa varietà di suoni e ritmiche, c’è la volontà di rappresentare la realtà che ci circonda attraverso immagini frammentate e atmosfere surreali, che si materializzano grazie alle liriche concise, vibranti e a tratti sfrontate di Jonathan Clancy. Un gruppo italiano che si distingue, inutile nasconderlo, per la capacità di proporre qualcosa di nuovo e che di italiano in senso stretto ha ben poco.
12. I Quartieri – Zeno (42Records)
Un album che parla di gioventù e di stanchezza, di rivoluzioni mancate e di amore perso, dello sguardo in avanti senza nostalgia di un passato, ma una grande nostalgia del futuro, della solitudine dell’uomo nella società e più in generale nel mondo e della contemporanea necessità di cambiare. Un viaggio alternato tra uno stato di torpore e risvegli frequenti, capace, un istante prima, di cullare l’ascoltatore tra melodie rarefatte che fanno vagare la mente e l’istante dopo di suscitare una riflessione, uno slancio interiore, un moto di “rivoluzione”.
11. M+A – These Days (Monotreme Records)
Mattoncino dopo mattoncino, sample su sample, gli M+A hanno tirato su qualcosa di valido, avvolgente e assolutamente mai ridondante, con il merito di consegnare al pubblico una serie di brani dalla struttura pop, capaci di sviluppare il proprio potenziale sfociando nel folk o nella dance in eguale misura e con la stessa efficacia. Un vero caleidoscopio sonoro, scratchate e strati hip hop che si sposano perfettamente con il leitmotiv pop che fa da amalgama all’intero LP. Gli M+A dimostrano che è possibile costruire qualcosa di orecchiabile e di facile presa, ma allo stesso tempo di qualità sopraffina.
10. Cosmo – Disordine (42Records)
Puro disordine e sequenze di pensieri che si stagliano su uno sfondo fatto di loop e psichedelia, in cui la voce si fonde e canta di vita, morte, desideri, dediche, parole, non parole, flussi di coscienza. Un disco che in apparenza è un’esplosione ed in realtà si rivela un’implosione, per la presenza di un’intimità che sfiora i progetti quotidiani di ognuno, toccando le persone, i loro sentimenti, i loro pensieri, il loro caos interiore.
9. Baustelle – Fantasma (Warner)
Non è facile né immediato, non basta il primo ascolto per venirne a capo, ne servono vari, ed in ognuno di essi si scopre qualcosa di nuovo, proprio come quando rivedendo più volte un film si scorge quel dettaglio che per eccessiva attenzione allo svolgersi degli eventi ci eravamo persi nella visione precedente. E’ un concept, nato per essere fruito dall’inizio alla fine, come un disco di una volta o come, appunto, un film, con tanto di titoli di testa, primo tempo, intervallo, secondo tempo e titoli di coda.
8. Albedo – Lezioni Di Anatomia (V4V)
Gli Albedo ci presentano l’organismo, non nella sua pura funzione meccanicistica, ma in quanto essere pensante: le nostre cellule, i nostri tessuti e apparati vivono, percepiscono, si emozionano incredibilmente di fronte alle suggestioni stimolanti del mondo e dell’esistenza; la band ce lo racconta con intima precisione proprio analizzando la realtà da stranianti punti di vista interni all’uomo stesso.
7. Appino – Il Testamento (La Tempesta)
La vera novità sta nelle tematiche affrontate da Appino che, con questo lavoro, s’immerge completamente nel ruolo di cantautore italiano con la C maiuscola. Un album meditato, riflessivo e intimistico che racconta, questa volta con l’occhio maturo di un vecchio saggio, gli aspetti più sentiti e personali della chiassosa vita di provincia post-adolescenziale.
6. I Cani – Glamour (42Records)
Una svolta dal punto di vista della prospettiva: si passa dalle fotografie all’uso cosciente della prima persona singolare, dal distacco al coinvolgimento. Un’opera quasi di autoanalisi in certi frangenti, dalle autocitazioni, al rapportarsi con le dinamiche che l’improvviso e sempre relativo successo ha portato. Niccolò Contessa sa scrivere: se l’esordio lo lasciava intuire con quegli scatti neorealisti, questo secondo album ce lo conferma pienamente.
5. Green Like July – Build A Fire (La Tempesta International)
Trentadue minuti sono sufficienti per coinvolgerci in un percorso dalle melodie fluide, in cui decine di strumenti si alternano sapientemente per strapparci un sorriso e farci dimenticare dove siamo. Ci sentiamo trasportati in un altro pezzo di mondo, senza neppure capir bene in quale epoca siamo finiti. Un disco internazionale pop e godibilissimo, che si fa cantare e apprezzare in maniera immediata.
4. Soviet Soviet – Fate (Felte)
Suoni irriverenti e graffianti, tecnica pulita e spietata al contempo, testi più che riflessivi: questi gli ingredienti di ‘Fate’, un’esplosione incontrollata di energia che abbaglia e affascina. Sembra assurdo potersi stancare di un disco simile, ogni peculiarità appare fondamentale per creare l’attrattiva e di certo al primo ascolto ne segue spontaneamente un secondo.
3. Massimo Volume – Aspettando I Barbari (La Tempesta)
Ci sono sempre le storie e i personaggi che la penna di Clementi tratteggia con impareggiabile maestria, ma la componente evocativa è meno definita rispetto al passato: tutto si è fatto più freddo, crudo, con un suono claustrofobico che richiama alla mente paesaggi industriali, più che urbani. I Massimo Volume tirano fuori dal cilindro il loro disco più tirato dai tempi di ‘Stanze’ (1993), dimostrando di avere ancora idee e voglia di mettersi in gioco.
2. Fast Animals & Slow Kids – Hybris (Woodworm)
Realizzato con cuore, con sentimento, con voglia, con rabbia ma soprattutto con impegno: nel giro di 2 anni i Fast Animals & Slow Kid hanno compiuto passi da gigante, giungendo ad una forte presa di coscienza. In ‘Hybris’ decidono di osare, scrivendo con coraggio un’opera epica che dimostra come nell’Italia 2013 sia ancora importante lottare e conquistarsi un presente ed un futuro.
1. Brothers In Law – Hard Times For Dreamers (We Were Never Being Boring)
Drumming martellante, chitarre riverberate, appigli jangle che fanno capolino verso ermetici territori shoegaze: sono questi gli ingredienti che troviamo nell’esordio su lunga distanza del trio pesarese. L’impianto principale delle canzoni viene inoltre arricchito con ingredienti synthetici, decisivi nella creazione di un suono più caldo e coeso. Qui i vecchi modelli servono solo da punto di partenza: una volta assimilati, il risultato è quanto di più attuale e internazionale si possa trovare al momento in Italia.
Classifica raccolta secondo le indicazioni di: Stefano Bartolotta, Massimo Bonfigli, Marianna Bottiglieri, Andrea Cavanna, Raffaele Concollato, Alberto Dal Santo, Margherita Di Clemente, Fabio Fossati, Vittoria Giannuzzi, Vittorio Lauri, Davide Leto Barone, Andrea Lucarini, Andrea Martella, Francesco Palmarini, Mino Speranza, Nicola Togni, Alberto Trovato, Maria Simona Ventrella, Mattia Villa, Marco Zuccaccia.