Intervista: Fabio Cinti
In occasione dell’uscita dell’album Guardate come è Rossa la Sua Bocca abbiamo fatto qualche domanda a Fabio Cinti, musicista (e non solo) con un bagaglio di esperienze decisamente ampio che va da Paolo Benvegnu a Morgan, alla rivisitazione de La voce del padrone di Franco Battiato e a quest’ultimo lavoro in coppia con il pianista Alessandro Russo in cui interoretano “con rigore formale” otto brani di Angelo Branduardi. Ecco cosa ci ha detto.
IR: Partiamo da un punto in comune tra te e Branduardi: Pasquale Panella, un autore molto coraggioso, come sei riuscito ad entrare nel suo mondo così originale?
FC: Di Pasquale Panella conosco a memoria tutti i testi degli album bianchi di Battisti (sì, è da pazzi, lo so…) e ho avuto la fortuna di avere un testo da lui per il mio primo album (Il punto di vista). Questo per dire che sono uno di quei suoi fan che lo conosce bene! E certamente Fou de love è stato uno dei primi brani a cui ho pensato quando mi sono cimentato con Alessandro in questo progetto!
IR: Come hai conosciuto Alessandro Russo?
FC: Una quindicina di anni fa, un amico in comune (con cui lui collaborava) mi disse che avevamo molte cose in comune e così me lo presentò. Così ci siamo accorti che effettivamente avevamo non solo gusti in comune, ma anche la stessa estetica, lo stesso modo di vedere le cose. Per dirla in modo semplice, ci capiamo al volo!
IR: Branduardi ha una discografia molto complessa, scegliere solo 7 brani non deve essere stato facile (l’ottavo è Alla fiera dell’est). Conosci così a fondo la sua produzione ? Con che criterio li avete scelti?
FC: Sì, sia io che Alessandro lo conosciamo molto bene. Ma al di là della dimestichezza col suo repertorio, la scelta è caduta semplicemente sui brani che ci capitava più spesso di suonare e cantare insieme per semplice divertimento. Poi ci siamo accorti che funzionavano, che mantenevano, così fatti, il loro fascino. E allora ci siamo messi a lavoro per approfondire lo studio sia sul pianoforte che sulla voce. Ma è nato tutto molto naturalmente.
IR: Adattare voce e piano dei brani complessi o comunque molto standard nell’immaginario comune, non deve essere stata una passeggiata. Avete avuto difficoltà o è stato tutto molto “naturale”?
FC: Ci ha aiutato molto la profonda conoscenza. Ci sono stati dei brani, un paio, che alla fine abbiamo escluso dalla scaletta perché lo stesso criterio di arrangiamento e interpretazione non funzionava e quindi si rischiava di personalizzare troppo. Cosa che è quanto di più lontano avremmo voluto fare. La difficoltà è stata cercare un equilibrio tra semplicità e precisione nella scelta delle note da eseguire tra quelle del grande mare degli arrangiamenti originali. E a noi sembrava che ci fosse solo una scelta e che bisognasse cercare e trovare solo quella. Dove non è accaduto, abbiamo escluso.
IR: Già avevi affrontato un altro cantautore ‘difficile’ come Battiato, hai trovato un terreno più agevole con Branduardi?
FC: No, la difficoltà è stata la stessa. E l’approccio anche, ovvero cercare di stare quanto più lontano possibile dal confronto (che pure è inevitabile) e cercare di adattare e interpretare con un rigore formale sempre presente, pur mantenendo l’emotività che i brani suscitano sia a eseguirli che ad ascoltarli. Anche questo equilibrio è stata un’altra sfida.
IR: La scelta di mantenere un rigore da ‘musica classica’ nel riproporre i brani, non ti ha fatto perdere in originalità? Sembra li abbiate interpretati con l’idea del tipo “Branduardi che reinterpreta i sui brani piano e voce”.
FC: A me non piacciono le cover, comunemente dette. E cioè quel riproporre brani con l’intenzione di dover appiccicarci sopra la propria personalità e il proprio stile. Io che canto e Alessandro che suona, siamo imprescindibili dall’interpretazione, ci siamo, siamo già lì: perché aggiungere qualcos’altro? Armonia, melodia e ritmo dei brani, di brani così noti, sono già tutti gli ingredienti necessari. Un tiramisù è un tiramisù, perdona l’esempio culinario, se ci metti le fragole è un altro dolce, anche se continui a dargli quel nome. Fare un tiramisù perfetto è la sfida… Per quanto ci riguarda un’interpretazione è buona quando l’interprete è a servizio della canzone e non viceversa. Non ci piacciono le versioni, ma le esecuzioni. Questa non è una regola ma un punto di vista, il nostro. È lo stesso criterio che ho applicato a La voce del padrone. Non ho voluto dimostrare niente, men che meno la mia personalità, che, ripeto, è già lì, perché sono io che canto. Alla gente deve piacere il pezzo, non Fabio Cinti…
IR: Che tu sappia Angelo ha sentito il disco?
FC: Certo! Gliel’ho fatto ascoltare io prima che uscisse, ci siamo trovati una sera a cena… è stato gentilissimo ed era molto curioso. Gli è molto piaciuto, a quanto pare. Fortunatamente…
IR: Pensate di fare delle date dal vivo?
FC: Sì, certo, speriamo tante!
IR: Hai lavorato con uno dei miei cantautori favoriti: Paolo Benvegnù. Hai sentito il suo nuovo album?
FC: Paolo è, a mani basse, sempre una spanna sopra la media. In questo album mi pare abbia voluto osare di più da un punto di vista della riuscita radiofonica. Spero davvero per lui che riesca nei suoi intenti, se lo merita!
IR: Stai pensando di omaggiare qualche altro grande cantautore?
FC: Questo è il secondo “studio” sui cantautori, in effetti. Non mi dispiacerebbe una trilogia, e qualche idea già ce l’ho. Magari stavolta per esplorare un territorio meno noto. Ma è presto per parlarne!