Interview – Winter Severity Index
“L’urlo per non perdere la libertà”: così le Winter Severity Index descrivono il loro ultimo disco Human Taxonomy (Manic Depression Records, 2016). Simona Ferrucci e Alessandra Romeo ci parlano della loro recente fatica, e di tanto altro. Non potevamo perdere l’occasione di intervistarle prima del loro concerto al Mikasa di Bologna. Ecco cosa ci siamo detti in questa interessante chiacchierata.
Ciao ragazze, vi chiedo subito come è cambiato, se è cambiato, il progetto Winter severity index, considerato che siete passati dall’essere un quartetto ad essere un duo?
Simona: ovviamente ogni volta che entra qualcuno il suona cambia. E’ una conseguenza chiara. Prima avevamo un’impronta molto più post punk, con la batteria suonata, avevamo un suono più dinamico. Anche se poi, in realtà, ci sono anche tanti gruppi del passato – che fanno parte delle nostre influenze più importanti – che fanno uso della drum machine. Penso che ci sia una linea di continuità ma che comunque il suono sia cambato parecchio.
Il titolo dell’album – Human Taxonomy – è particolarmente significativo. Esso suggerisce quell’opera di classificazione che l’uomo compie rispetto alla società nel suo complesso, ma anche nei confronti di sè stesso. Così però si finisce per perdere la propria libertà e cadere continuamente nelle trappole delle etichette…
Alessandra: è esattamente questo il tema dell’album: la ricerca di non essere classificato quando in fondo tutto viene classificato per riordinarlo. La tassonomia è un ordine che si mette alle cose; però nell’ordinare classifichi, etichetti e, quindi, focalizzi un qualcosa che invece è in divenire, è “il fluido che diventa statico” come l’essere umano in tutte le sue sfaccettature. Human Taxonomy è l’urlo per non perdere la libertà.
Simona: noi non diamo una soluzione al problema. Il disco non vuole essere nè una denuncia, nè un manifesto. E’ solo una fotografia.
Alessandra: è una fotografia. Stiamo registrando una qualcosa mentre accade!
Rispetto all’universo musicale contemporaneo, le etichette sono una trappola o un credete siano un aiuto?
Simona: sono una trappola, ma posso diventare un aiuto per quei gruppi che si approcciano ad un tipo di musica che non conoscono in pieno. Si lasciano influenzare da punti di riferimento che vengono mostrati da recensioni, particolari correnti… Questo può essere utile inizialmente, ma poi sta all’intelligenza del singolo riuscire a spaziare.
Alessandra: ha bisogno di etichetta chi non conosce e ha bisogno di definire i vari stili all’interno della stessa corrente (il gotico, il dark). Questo album rispetto al precedente ha un altro mood, un’altra atmosfera. Eravamo cold wave e con questo disco abbiamo pensato: adesso come ci etichetteranno ? Di fatto, essere fedeli al genere e al contempo non ripetersi è un po’ una specie di gabbia.
La trappola delle etichette di cui parlavamo prima…
Alessandra: esattamente.
Rispetto al disco precedente in cui si respirava un’atmosfera più malinconica, nel nuovo disco viene in rilievo un’atmosfera di tensione, un disagio esistenziale espresso in versi e musica. Una scelta inconsapevole e involontaria o un passaggio meditato e inevitabile? Come sono nati questi pezzi?
Simona: non si decide a tavolino quale sarà il mood del prossimo disco. Parlo principalmente io che scrivo i pezzi. Io scrivo sempre ma non è che scrivo per l’album! Il fatto che in un determinato momento la mia attenzione sia stata focalizzata su problemi più relativi ad un discorso sociale o filosofico – come è accaduto in questo album piuttosto che nell’altro – non è stato il risultato di una volontà precositituita. E’ stata una riflessione contemporanea alla scrittura dei pezzi.
Ho amato particolarmente 5 am. Vi va di raccontarci di più di questo pezzo?
Alessandra: È uscito di getto, in un pomeriggio ed è stata “buona la prima” . L’abbiamo riascoltata la volta successiva e abbiamo detto: ”è ora che facciamo?” (ride). E’ uscita all’inizio e, a quel punto, dovevamo mantenere una certa coerenza tra i pezzi, essendo diverso dagli altri.
Simona: è stato il gesto più audace perché, per come l’abbiamo interpretato noi, non è un pezzo etichettabile come darkwave. Ci sono influenze darkwave ma non risulta inquadrabile in una maniera precisa. Noi pensavamo a qualcosa tipo Massive Attack mentre lo facevamo o trip hop, non so. Non era cosi wave come pezzo. Poi, in realtà, abbiamo constatato che sono solamente nostre considerazioni (ride).
Alessandra: infatti l’abbiamo messo alla fine! Il disco comincia con Paraphilia che già piglia male! (ride).
Parlando della dimensione live, Human Taxonomy è stato presentato per la prima volta live al festival Wave Goten Treffen di Lipsia. Come è stato ? Che sensazioni avete avuto? Quale l’accoglienza ricevuta?
Simona: è stata una sensazione fortissima. Abbiamo suonato in una location irripetibile!
Alessandra: Dovevamo cominciare alle 4, ma alle 4 meno 5 stavamo ancora facendo il soundcheck. Eravamo impreparate, struccate, ma intanto la gente stava fuori… ci siamo vestite in 5 minuti. Poi quando abbiamo cominciato era pieno!
Simona: noi pensavamo che alle 4 del pomeriggio non ci sarebbe stato nessuno, invece era pieno. E’ stata un emozione pazzesca.
Avete suonato sia in Italia che all’estero. Immagino abbiate trovato differenze nel pubblico…
Simona: Sì, cambia perché è risaputo che questo musica in Italia è per un pubblico molto ridotto mentre all’estero è molto più esteso, soprattutto in Germania in cui c’è un seguito molto ampio.
Alessandra: Sì, e si spostano di città in città, e sai cosa ho notato? Non ci sono giovani, l’eta media è 25-50 sia in Italia che fuori. Ormai le nuove generazioni non ascoltano questo genere.
E perché secondo voi?
Alessandra: secondo me, perché noi cercavamo e ricercavamo qualcosa che non fosse appartenente alla cultura di massa; andavi nel negozietto, aspettavi… adesso c’è Youtube; puoi avere tutto e subito. Si è completamente perso il senso di attesa, la ricerca …
Simona: io non credo che sia questa la ragione. E’ che non c’è la volontà da parte della massa di ricercare qualcosa in particolare. C’è molta più passività.
Vi piacerebbe collaborare con qualche gruppo o artista particolare? Se doveste scegliere, con chi vi piacerebbe collaborare tra gli artisti italiani e tra quelli stranieri?
Simona: noi collaboriamo già con altri gruppi in ambito cittadino, anche se in modo ridotto per questioni logistiche e di organizzazione. Io fatto delle featuring con Der Noir, Last Movement, per citare alcuni tra i gruppi del genere di Roma. Sarebbe auspicabile collaborare con altri gruppi anche di altre città, anche perché siamo in contatto tra noi, sarebbe interessante Poi se parliamo di gruppi affermati e grandi nomi qualsiasi nome, tra quelli che amiamo, andrebbe bene (ride).
Progetti futuri imminenti e non?
Simona: Abbiamo molte date in Italia e all’estero. Suoneremo in Russia, in Sud America, in Francia. Abbiamo parecchi appuntamenti da qui a maggio
Alessandra: Sì, portare il verbo nel mondo fino a maggio!
Grazie ragazze ed in bocca al lupo!
Simona e Alessandra: Grazie a te!