Clustersun @Binario 69, Bologna

E’ passato un po’ di tempo dall’ultimo live bolognese dei Clustersun. Era il 2020 ed eravamo al Mikasa in compagnia di Stella Diana, We Melt Chocolate ed Elisabeth The Second per la serata di In a State of Flux. Nel mentre è successo di tutto: emergenze sanitarie, chiusure, guerre. E’ cambiato il mondo e siamo cambiati noi ed il nostro approccio alla vita. Ma la musica c’è. C’è sempre stata, insieme al mantra di non operare mai per sottrazione, ma sempre per moltiplicazione: dei sentimenti, delle emozioni, della bellezza.
E stasera – sabato 17 febbraio – non può che essere così. I Clustersun giungono a Bologna per il loro Avalache tour. Abbiamo parlato dell’ultimo disco, intervistato la band e non potevamo assolutamente mancare a questo appuntamento.

La location mi stupisce, considerato che il Binario 69 è noto per ospirare altre tipologie di serate ed eventi, ma ben venga questa novità! Non si sa mai che possa essere la prima di una serie di serate ispirate alla musica shoegaze, psych, post punk.
Il concerto iniza piuttosto tardi rispetto all’orario stabilito (classico!) in un locale piuttosto affollato ed una temperatura tropicale, destinata ad elevarsi ancora di più.
Desert Daze è il trigger perfetto per innescare la giusta esplosione tra il pubblico, introducendolo in un ambiente torrido e psych: batteria dritta, chitarra erosiva e compatta, basso metallico sono uno schiaffo violento diretto all’ascoltatore. I Clustersun smuovono emozioni, strappando sorrisi e coltivando malinconie con la successiva All Your Pain: i toni si placano parzialmente in una rigida alternanza tra tranquillità e virulenza, per poi sfociare sul finale in pura nevrosi.

Il live è incentrato sull’ultimo disco – Avalanche – che ha segnato un punto di svolta per il trio etneo: qui sono lontane le atmosfere trasognanti degli esordi, il cielo rarefatto si è fatto mutevole, arricchendosi di sfumature più cupe e psichedeliche. Le sonorità shoegaze vengono intaccate da suoni più acidi e psichedelici, maggiormente diretti, post punk. Questo aspetto è maggiormente evidente nella dimensione live. La verità è che questo disco spacca, e non c’è altro da aggiungere. Anzi si.
Ricordo i “vecchi” Clustersun di Surfacing to Breathe leggermente più introversi, invece oggi la band dimostra una straordinaria presenza scenica, un’affinità di gruppo eccezionale, complice la massiccia attività live di questi ultimi anni, che ha portato la band ad una inevitabile crescita ed una maggiore consapevolezza dei propri mezzi. L’interazione tra loro e con i presenti è praticamente costante, e non lascia spazio a sessioni di recupero tra un pezzo e l’altro. I ritmi e gli sviluppi melodici ripetitivi di Deeper/Closer creano impetuosi vortici immaginari in cui è difficile uscirne, e Juggernaut non ne facilita la ripresa.

La sintesi perfetta tra passato e presente si trova in Avalanche (Legion 5): c’è tutto quello che è stato e quello che è; i suoni taglienti e cupi – immersi in un continuo crescendo sonoro – sono destinati a sfociare in violento caos sul finale. C’è un equilibrio completo tra sonorità acide e visionarie impregnate da una instrinseca onirica oscurità ed una sferzante melodia.
Si giunge verso la fine con le incendiarie Barricades e Scar; poi una minima pausa per riprendere un po’ di fiato. C’è tempo per il bis con Antagonize me che segna un ritorno al passato, seguito da Fire! Fire! Fire! brano inedito, che conferma l’avvenuto cambiamento della band e che incuriosisce su quello che sarà il futuro.

I Clustersun dal vivo dimostrano non solo di saper tenere il palco, ma anche di saper trascinare il pubblico nel loro mondo: coinvolgendo lo stesso quale protagonista e non mera comparsa di un live estremamente intenso e potente.
Il cumulo di energia indotta dalla band sarà poi destinata a sfogarsi in pista, nel successivo djset.
I giorni seguenti saranno solo un po’ più malinconici dei soliti al pensiero che serate come queste sono ahimè troppo rare. A presto!

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