Zen Circus – Villa Inferno
GENERE: folk-punk-rock.
PROTAGONISTI: Appino (voce e chitarra), Ufo (basso, chitarra e voce), Karim Qqru (batteria) e Brian Ritchie (basso e voce).
SEGNI PARTICOLARI: quarto album per la band di origine pisana, dal sapore ancora più internazionale. A quest’ultimo lavoro ha infatti collaborato Brian Ritchie (Violent Femmes), che, nelle intenzioni, doveva solo ricoprire il ruolo di produttore artistico, ma poi si è unito in tutto e per tutto al gruppo con strumento alla mano. Numerose le collaborazioni: oltre allo stesso Ritchie, si contano infatti le sorelle Kim e e Kelley Deal, bassiste rispettivamente nei Pixies e nelle Breeders; Giorgio Canali, ex CSI, ora PGR e Jerry Harrison, tastierista dei Talking Heads.
INGREDIENTI: gli Zen Circus sono stati sempre definiti i Violent Femmes italiani ed è quindi scontato inserire la band statunitense tra gli ingredienti principali della loro musica. Ma anche l’influenza delle altre collaborazioni, che poi sono all’origine della loro musicalità, si fa sentire. Quindi Pixies, ma anche stralci di Pogues e Sex Pistol e perché no, un po’ di Creedence nelle ballads un più country-rock, con una voce, quella di Appino, che a volte rievoca quella dell’indimenticato Rino Gaetano.
DENSITÀ DI QUALITÀ: prendete la Terra come la conoscete e tornate indietro fino alla Pangea. Restate lì o rielaborate un’evoluzione alternativa della teoria della tettonica a zolle. Vi ritroverete con un gruppo che viaggia su un vecchio rottame decappottabile, impugnando i propri strumenti acustici e cantando a squarciagola, per poi fermarsi ed esibirsi in concerti, su prato o su palchi improvvisati o per le piazze di paese, dove minimo comune denominatore sono i volti dei partecipanti, contraddistinti da sorrisi e gocce di sudore. Si passa così dalle coste italiane, magari quelle toscane più vicine a loro, a quelle francesi, fino agli enormi spazi che concede un on the road americano. E allora via con la poco rielaborata ‘Wild Wild Life’ dei Talking Heads, dove addirittura Jerry Harrison si diletta nelle tastiere come nella versione originale, fino a ‘Punk Lullaby’, con le sorelle Deal ai cori, vero e proprio singolo in perfetto stile Pixies. ‘Beat The Drum’, che la precede, funge bene da riscaldamento per sgranchire un po’ le gambe, mentre con ‘Dirty Feet’ si torna a viaggiare per le interminabili highways americane che potrebbero condurre benissimo sul litorale di Marina di Pietrasanta quando i ragazzacci toscani, che lungo il tragitto hanno caricato l’autostoppista Brian Ritchie, intonano ‘Figlio di Puttana’, vero e proprio tormentone estivo. Il resto del disco continua su questo andazzo, includendo un brano in francese e uno in idioma slavo, a conferma di quanto siano internazionali questi figli della terra di Dante.
VELOCITÀ: alta, da ballare, con tendenza a qualche pausa per riprendere fiato… cantando.
IL TESTO: “Meglio un morto, morto stecchito che piagnucolare da vivo per il paradiso / Meglio storpio ed in corpo marcio che farsi calare le braghe dalla verità”, da ‘Vana Gloria’.
LA DICHIARAZIONE: Appino a ‘Rockit’: “Abbiamo incontrato Brian Ritchie per la prima volta a Bologna quando aprimmo il concerto dei Violent Femmes. Invece di essere noi a salutare lui e a fargli i complimenti è arrivato lui e ci ha chiesto: voi siete gli Zen Circus? Ho il vostro disco, è bello. Fate un disco nuovo? io potrei essere il produttore!”
IL SITO: Myspace.com/thezencircus e Zencircustheband.com