We, The Modern Age!-Mirrors

GENERE: indie-rock

PROTAGONISTI: Davide Leto Barone (voce e chitarra), Matthew( lead guitar), Luca (basso) e Andrea (batteria).

SEGNI PARTICOLARI: passione e talento si intrecciano con i suoni epici che escono dalle corde del quartetto varesino. Registrato al Sauna Recording Studio di Varano Borghi (Varese) sotto l’ala della conterranea Ghost Records.

INGREDIENTI: Noel Gallagher, Julian Casablancas, Ian Brown non dicono niente? Le fonti di ispirazione sono quelle giuste. Si trovano anche degli elementi rock alternativo qua e là giusto per dare un sapore diverso, anche spiazzante, al sound.

DENSITA’ DI QUALITA’: i WTMA sono all’album d’esordio, alle spalle un interessante EP e un pugno di partecipazioni ad alcune compilation. Una cosa è certa: non hanno paura di mostrare da dove arriva il loro suono. La scelta di cantare in inglese è quasi un obbligo e si rivela vincente. Con Julian Casablancas nelle corde vocali e tutto ciò che di buono si è sentito negli ultimi vent’anni (Oasis, Blur, Libertines!) nelle sonorità , i WTMA snocciolano una serie di brani senza freni e senza sbavature. La passione e il piacere di suonarli esce ad ogni nota. Si parte dalla singolare ‘Intro‘ per proseguire con la trascinante ‘Golden Years’ (decisamente la hit dell’intero lavoro) e passando per la travolgente ‘PLS‘, alla più immediata ‘Standing On The Shore Of Nowhere“ (“pronto Noel?”) fino alla spensierata ‘Eighteen‘, filtrata da una bella distorsione sonora che ne sporca efficacemente l’esecuzione. Altro spessore si trova in ‘Door Selection, irrefrenabile nell’andare leggero e deciso, con la parte vocale evocativa che fa il resto.

I continui rimandi al brit-pop (perduto?) o ancora prima agli Stone Roses sono rielaborati in un ben riuscito tentativo di riattualizzare le sonorità che ormai sono entrate nell’immaginario comune. I suoni ruvidi, le melodie accattivanti e gli effetti sono tutti figli di un istinto incanalato verso un suono che viene dal recente passato, ma pronto per un salto ben più ambizioso. Basti considerare l’accuratezza degli arrangiamenti, cosa rarissima per un album d’esordio , il che denota un talento e un’attenzione non comuni. Difetti? Avessero osato ancora di più questo pugno di brani sarebbe rimasto un cima al mio ‘personalissimo taccuino’ (cit.) fino al prossimo Natale. In ogni caso, ad oggi e per chi vi scrive, questo è il miglior album 2013 “italiano”(non si era capito?).

VELOCITA’: alta, altissima a tratti

IL TESTO: “And every moment I wait for, every second I spent with all my bags of hopes / I try to make her notice the future is a drama, but the season is not over yet/ Just sing me something from that awful record, we used to love“ da ‘Golden Years

LA DICHIARAZIONE: sull’origine del nome ““¦il nostro sound non è di certo nulla di ultra-moderno. Ci piaceva creare questo, chiamiamolo ossimoro. Ovviamente, c’è un chiaro rimando a una canzone di una band che, diciamo, ci ha un po’ cresciuti [N.d.R. The Strokes].“ da un’intervista a melodicamente.com

UN ASSAGGIO Standing On The Shore Of Nowhere

IL SITO: facebook.com/wethemodernage

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