Nancy Tungsten: la distopia e la dolcezza
Il debutto di Nancy Tungsten, almeno sotto questo moniker, si intitola “Tender” e suona in vinile 10 pollici. Germogli di elettronica intima, ossessiva, capace di scavare nei recessi della coscienza con una forza emotiva… o almeno questo mi arriva, quiete compromessa, sensazioni di affanno e di tentativi di fuga resi vani. La resa a seguire. Con quattro brani sedimentati a lungo, questo EP esprime un’energia tanto fragile quanto ansiogena, che si divincola tra il desiderio di protezione e il bisogno di esporre il proprio vissuto al mondo.
In apertura “Dear Freak” detta legge e un poco spiazza nel sapore agrodolce: subito il synth in apertura a disegnare ostinati sospesi e distopici, l’inquietudine si alterna a quella insensatezza emotiva dello shoegaze. Poi l’apertura in maggiore, quasi a richiamare un’eco distante di pop radiofonico, reinterpretato attraverso una lente indie elettronica. Gli ostinati dicevamo: come nella title track, sembrano la firma di questo lavoro che si dipana su 4 tracce soltanto, troppo poche per sentirci soddisfatti. Come dentro “Want you – To Leave”, come immersi quasi a soffocare dentro le tinte di distorsioni al tempo stesso mai invasive. E nella zona strumentale del suono queste chitarre che richiamano il grunge di Jeff Buckley mi fanno tornare adolescente, dentro macchine a girare la provincia con stereo a cassette. Dell’ultima “Reste ici”, cantata in francese, non mi aspettavo questo drumming così compatto e quasi plasticato, non mi attendevo questa impalcatura a guisa di hit radiofonica alla Stromae.
È un EP, è un viaggio breve ma infinitamente denso di punti di vista e spunti di riflessione. Il suono elettronico per lei che si presenta come impastatrice di suoni è il vero cuore pulsante, il DNA di un lavoro realizzato (pesco a piene mani dalla press kit) con un synth basilare (DIY) con cellula fotosensibile, dal timbro aggressivo ed insistente. Lo scenario industriale, apolide, senza governo. Lo shoegaze dalle sembianze industrial, pop a tratti, grunge in alcuni altri. Nancy Tungsten mi regala una totale evasione… mi resta solo da capire ancora se è un puro esercizio di stile o un’urgenza volutamente lasciata libera di uscire in questo modo.