Baustelle – L’amore e la violenza
GENERE: Cantautorato/Synth-Pop
PROTAGONISTI: Rachele Bastreghi (voce, synth, piano elettrico, clavinet, organo, percussioni), Francesco Bianconi (voce, chitarre, synth, organo), Claudio Brasini (chitarre).
SEGNI PARTICOLARI: Oramai capisaldi dell’indie italiano, i Baustelle non hanno bisogno di presentazioni, avendo segnato gli ultimi dieci anni con lavori come “Amen” (2008) o “I mistici dell’Occidente” (2010), che hanno avuto l’abilità di mettere d’accordo critica e pubblico. “L’amore e la violenza”, pubblicato per la Warner il 13 Gennaio 2017, viene ad essere il settimo album in studio per la band di Montepulciano, sfida ardua, se contiamo che il livello da eguagliare, negli album precedenti, era veramente alto.
INGREDIENTI: Cantautorato colto e complesso, ma “melodico”, che ha sempre saputo destreggiarsi tra pezzi più vicini al rock leggero e pezzi squisitamente pop, fondendo diverse tipologie di suono, da quelli più “orchestrali” a quelli più strettamente sintetici. Rimarcare i riferimenti ai Pulp e a Battiato sembra ormai superfluo. Se il precedente “Fantasma” si era mantenuto un po’ fuori da questi canoni, per la complessità e la ricchezza strumentale che conferivano all’album la portata di una colonna sonora, “L’amore e la violenza” vi ritorna e basa la sua forza sulla digeribilità del synth-pop, che non perde però la forse di un ottima produzione. I testi, da sempre uno dei punti di forza dei Baustelle, continuano ad utilizzare in maniera magistrale riferimenti alla realtà passata e contemporanea, anche laddove si trattano argomenti più introspettivi. Le citazioni letterarie, politiche, sociali, persino religiose, sono sempre dietro l’angolo, ed è un gioco divertente quello di indovinare i collegamenti, districarsi tra le metafore o solo lasciar scorrere le immagini.
DENSITA’ DI QUALITA’: A questo punto occorre riconoscere che, per chi fa musica di questi tempi, viene ad essere estremamente difficile mantenere uno standard elevato e contemporaneamente produrre lavori “di moda”. Da questo punto di vista, i Baustelle centrano perfettamente il colpo. Emblema il singolo Amanda Lear, che ha tutte le carte in regola per passare in radio per il resto della stagione senza far storcere il naso ai palati più fini: il suono che ammicca ai Pulp, un ritornello da cui non ci si libera e la classica tematica dell’amore finito narrata in modo sarcastico e per nulla scontato. Ebbene, di episodi simili ce ne sono per tutto il resto del lavoro: in Eurofestival la società ci scorre davanti ad immagini proprio come una competizione canora e Rachele Bastreghi, voce sensuale e delicata, canta del rapporto tra due persone tra atmosfere anni ’80; Il Vangelo di Giovanni è un colpo di classe con dentro un po’ meno amore e più disadattamento alla società, con gli echi di Battiato in primo piano e i riferimenti mistici che non si prendono mai troppo sul serio. Vi sono poi un paio di “pezzi-inno”, come Betty, dal piglio musicale più leggero, che potrebbe essere la nuova “La Guerra è finita” per la stessa potenza narrativa che prende i problemi interiori di una ragazza qualunque e li immerge nel resto del mondo; La vita, a sua volta, s’immerge nella profondità delle riflessioni di grande portata (“Pensare che la vita è una sciocchezza aiuta a vivere“) che alcuni troveranno pretenziose ed altri useranno come lezione di vita. Ma d’altronde, in Ragazzina, dedicato alla figlia, Bianconi parla di un ” padre che non riesce più a capire se il problema più importante del reame sia vivere o morire“, e forse ci fa credere nella veridicità delle sue domande esistenziali. L’intero lavoro parla di amore e violenza, per l’appunto, col focus sull’amore e la violenza sullo sfondo. E fin qui tutto è come dovrebbe essere. Tuttavia, ci sono due questioni da evidenziare: la prima, è che a questo punto potrebbe anche esaurirsi il discorso. Molti buoni riferimenti negli altri pezzi, qualche stacco strumentale, ma null’altro che riesca a lasciare il segno, e in alcuni casi, come in Basso e batteria, l’asticella del livello si abbassa. La seconda questione è che, globalmente, questo è un album che non aggiunge nulla di nuovo alla precedente produzione dei Baustelle, anche quando si parla degli episodi riusciti. Fatta eccezione, infatti, per “Fantasma”, che aveva ben lavorato sulla complessità strumentale, lavori come “La malavita” (2006) o “Amen” (2008), erano stati caratterizzati dagli stessi punti di forza.
Queste, tuttavia, possono essere considerazioni fini a se stesse, se si tiene conto che “L’amore e la violenza” resta comunque un bel lavoro di oggettiva qualità e superiore a quanto altri riuscirebbero anche solo a pensare di fare. Al singolo ascoltatore la responsabilità di scegliere la chiave di lettura.
In questa sede si va per un cauto, seppur dovuto, apprezzamento.
IL TESTO: “Io non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera/ meglio sparire nel mistero del colore delle cose quando il sole se ne va” da Il Vangelo di Giovanni
LA DICHIARAZIONE: “Questo è un tempo di guerra e la guerra è un fare violenza all’amore, a uno stato di pace e serenità. E poi questa è una forma di violenza sempre più capillare: la guerra non è più lontana. Ed è giusto anche che l’arte ne parli. I tempi sono peggiorati, ma io mi trovo più positivo, nel senso di combattere: in questo disco ci sono canzoni d’amore sotto i bombardamenti” da un’intervista ad elle.it