Gli EP del mese – gennaio 2017
L’EP è ormai un formato sempre più diffuso per la pubblicazione di nuove canzoni da parte delle band, italiane e non. Spesso, purtroppo, chi scrive di musica tende a privilegiare la trattazione degli album, e questo crea il rischio che lavori assolutamente validi non abbiano lo spazio che si meriterebbero. Da questa considerazione è nata la nostra scelta di raggruppare mensilmente una serie di recensioni brevi sugli EP ascoltati nel periodo di riferimento, così che i nostri lettori possano avere uno sguardo d’insieme anche su questo tipo di pubblicazioni.

Spartiti – Servizio D’Ordine (2017, Woodworm)
Nessuna di queste cinque canzoni è completamente sconosciuta (Borghesia era nel primo EP, Qualcosa Sulla Vita è una cover dei Massimo Volume, di Elena E I Nirvana era già noto da tempo il testo, le altre due sono abitualmente suonate live), ma si può parlare tranquillamente di un lavoro che porta il progetto di Max Collini e Jukka Reverberi su nuove strade. Il suono, infatti, è molto vario e mostra alcune novità, sotto forma di un accresciuto ruolo dell’elettronica in alcune canzoni, mentre altre riprendono la prevalenza chitarristica dell’album. Il bello è che, anche nelle canzoni più electro, si percepisce chiaramente il tocco stilistico ormai peculiare del progetto, segno inequivocabile di personalità. La scelta dei testi è sempre molto centrata e lo stesso vale per l’accostamento tra parole e musica. Purtroppo, leggendo l’intervista linkata sotto, sembra di capire che questo sia il capolinea per Spartiti: speriamo di aver sbagliato noi a capire (Stefano Bartolotta).
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Rupert – Wandering (2016, Santeria)
Rupert è il progetto di Massimo Ruberti, che si avvale della sapiente produzione di Daniele Catalucci dei Virginiana Miller. Proposta emozionale e suggestiva quella che scaturisce dai 6 brani di questo EP, che si muovono su trame notturne e ricche di fascino, in cui il piano disegna melodie che vengono arricchite dalla voce incantevole di Ada Doria e da arrangiamenti molto curati, che conducono il suono quasi a un livello cinematografico, come se le canzoni fossero colonne sonore immaginarie di nostri frammenti visivi, creati in realtà dalla musica stessa. Lievi carezze dai toni volutamente bassi ma che sanno incantare. (Riccardo Cavrioli)
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Berg – Solastalgia (2016, Sangue Disken)
Il milanese Luca Nistler è già piuttosto presente nelle serate live della propria città e il suo progetto sta godendo di un passaparola sempre più fitto. Un riscontro decisamente meritato, per la qualità sia delle performance dal vivo che di questo primo EP. Intanto, c’è la particolarità che è completamente realizzato con la voce e con il solo ausilio di loop station e pedale delay. Poi c’è l’abilità nel creare atmosfere conturbanti tra soul e trip hop, con una morbidezza calda, vellutata e consistente che ammalia. Inoltre, anche la qualità melodica in sé è alta, e l’aspetto compositivo non è un mero mezzo per far risaltare quello atmosferico, come troppo spesso accade in progetti di questo tipo. La parola “talento”, spesso abusata, qui calza a pennello (Stefano Bartolotta)
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Fujima – Fujima (2016, Hopetone Records)
Che Dio benedica dischi come questo, perché alla freschezza e all’immediatezza indie-pop di simili prodotti non si può e non si deve resistere: sullo scaffale dei vostri cd, tra Clap Your Hands And Say Yeah, Shins e Pavement, non potete non trovare posto anche a questi ragazzi di Oristano che piazzano melodie micidiali, scanzonate e appiccicose, scazzate quanto basta, adatte a una gionata in cui le nuvole sembrano prendere il sopravvento ma il sole ci arriva dritto dallo stereo. Ottimo lavoro chitarristico, con i ritmi che sanno cambiarci tra le mani e coinvolgerci sempre di più. Se qualcuno riesce a non muovere il piedino durante Fiction Is In You si merita una medaglia, ma non ce la farà! Ve lo garantisco! (Riccardo Cavrioli)
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Vanarin – Vanarin (2016, autoprodotto)
Quintetto bergamasco che annovera tra le proprie fila anche un inglese, i Vanarin escono con questo primo EP autoprodotto che esplora diversi lati della psichedelia più melodica e strutturata, dai Beatles alla West Coast. La varietà è molto alta sotto tutti i punti di vista e l’utilizzo di armonie vocali e strumentali è sempre in primo piano, con la struttura dei brani sempre ben definita e compiuta, nonostante il songwriting non aderisca certo alla forma canzone tradizionale. Anche gli arrangiamenti evitano destrutturazioni, e l’ascolto è piuttosto facile fin dalla prima volta. Un lavoro impeccabile, a suo modo catchy e che ha anche il pregio di svelare a ogni ascolto sempre qualcosa di nuovo e che non si era notato prima. Le date in programma sono ancora poche e le recensioni in Rete scarseggiano, sarà il caso di invertire entrambe le tendenze al più presto, perché questi ragazzi meritano tanta attenzione (Stefano Bartolotta)
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Azzurra: Where Are We Going (2016, autoproduzione)
Usa l’arma delle carezze elettroniche Azzurra Traficante, cantautrice italiana di base a Berlino. Carezze che scivolano intriganti e suggestive sulla nostra pelle, insinuandosi in territori in bilico tra luci ed ombre. Non si cerca l’impatto immediato o il colpo ad effetto, molto meglio muoversi tra i particolari di una base ritmica sempre in evidenza ma mai fracassona, tra suggestioni trip hop e minimalismi ambient. Piace la cura delicata di Ride, così come il finale più movimentato di Another Day, mentre risulta ipnotico e notturno il mood di Before Your Lies. Ottimo biglietto da visita. (Riccardo Cavrioli)
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La Sorte – Cassandra (2016, autoprodotto)
Primo vagito di questo trio veronese, che con queste tre canzoni prova a mostrare il proprio biglietto da visita. La proposta è quella di un alternative rock in equilibrio tra scorrevolezza e rumorosità, con una struttura compositiva che cerca di allontanarsi dal classico schema strofa-ritornello senza però rinunciare a realizzare canzoni compiute. Tra chitarre che richiamano gli anni Novanta americani, intermezzi dalla ritmica pulsante con interventi melodici che invece portano alla mente l’ondata brit del 2004-2005 e testi in italiano, il risultato finora è credibile e godibile, niente di più e niente di meno. Vale la pena seguirli nei prossimi passi. (Stefano Bartolotta)
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Red Lines – Colder (2016, autoproduzione)
Marianna Pluda e Simone Apostoli ritornano con un nuovo EP sempre più stilosi che mai. Ci fanno balenare davanti agli occhi specchietti new wave e ci catturano con il dannato gioco basso batteria che entra in contatto immediato con il battito del nostro cuore, mentre il ritornello non ci lascia scampo (Colder) e poi subito dopo, quando ti aspetti il colpo di grazia ecco che i nostri ci sorprendono con le trame più oniriche e dalla battuta bassa di Give You Up, ballata accattivante, che l’avessero fatta i Garbage se ne parlava per sette generazioni. Control è ballabile e rock, con i synth che segnano la via maestra. Primal Scream in estasi. La chiusura con Drowning – Mulai Remix è da decompressione post sala da ballo. Insomma 4 pezzi che sempre di più confermano il valore assoluto di questa band bresciana. (Riccardo Cavrioli)
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