Roccia Ruvida: i NOINDEX
Nessuno sventaglia arroganze di originalità, figuriamoci io con questo “format”. Certo è però che i NOINDEX – e nello specifico il Producer e sound enginerr Gianfranco Balzano che raggiungo per questa chiacchierata – sanno bene come “evitare” il focus delle domande. E come sempre si cade dentro i retaggi culturali del sistema che ci impone cose assurde e, in modi altrettanto assurdi che quasi diventano normali, li giustifichiamo. “3024” è un concept fatto di rock, di smagliature new wave, di space-pop, di quei modi alla Ottodix e poco alla Radiohead, forse pià alla Moderat mentre l’ultimo album dei Low Roar non smetto di ascoltarlo, lo confesso. Poi dai Kraftwerk riprendo il titolo per il mio viaggio in radio, direi che qui siamo proprio altrove… Ma torniamo ai contorni digitali e severi di questo suono che in realtà al suono non si ferma e dedica spazio a visioni, video come piccole pellicole, concetti distopici e mondi nuovi che saranno di la da venire. È un viaggio etereo e sospeso quello dei NOINDEX: mi sarei atteso più veleno e meno “sospensione” nelle loro risposte.
Beh come dire: avete mai sentito OTTODIX? No perché così… sapete quando si dice di ispirazioni forti? Oppure pensavate che era tutto originale?
Onestamente no, nessuno di noi conosceva OTTODIX, ma conosciamo Radiohead, Moderat, Low Roar, Kraftwerk e probabilmente li conosce anche OTTODIX. Le ispirazioni possono venire da qualsiasi cosa, per essere completamente originali non ci si dovrebbe esporre a nulla di creativo nella propria vita. Nulla è completamente originale, ne NOINDEX, ne OTTODIX e neanche il formato di questa intervista.
Parlate di “non espressione” o comunque di non averne modo. Oggi va così. Quindi la ricetta per voi è fare musica andando comunque a contribuire il già pieno e obeso sistema discografico e mediatico?
I testi di Francesco (Francesco Paolo Somma, ndr.) parlano di emozioni umane, l’impossibilità di esprimersi in “Invisibili” è solo una di queste, inoltre il concept di “3024” (di cui l’omonimo EP uscito lo scorso 21 febbraio è l’elemento centrale) si esprime anche al di fuori della musica con videoclip, opere d’arte visiva e storie editoriali. NOINDEX si propone di essere un rifugio artistico per tutti quelli che vogliono approfondire una visione, contribuire al sistema mediatico fa parte di uno strumento collaterale, non è la ricetta.
Che poi non era plausibile una ricerca decisamente più sfacciata del suono e della forma in genere? Il solito space-pop secondo voi bastava?
NOINDEX è attivo con la forma attuale da poco più di un anno, la maggior parte dei brani sono stati scritti da Francesco prima della fondazione del progetto e questo EP rappresenta il nostro primo lavoro insieme, nel frattempo abbiamo imparato a conoscerci artisticamente e siamo in continua evoluzione sonora, abbiamo nuovi brani in lavorazione che sicuramente evidenzieranno il cambiamento… e comunque lo space-pop non basta mai.
E la domanda sociale, quella su Spotify non manca: perché tanto parliamo di società sin da ora dilaniata dalla tecnologia, parliamo di come gli uomini debbano difendere la propria natura dalle macchine che coprono tutto… eppure poi anche i NOINDEX finiscono per regalare tutto il loro lavoro alle macchine. Un click e mi ascolto tutto e gratuitamente. Più che progresso umano penserei ad una schiavitù verso le macchine. E voi non siete da meno… solo che voi cantate il contrario. O sbaglio?
Il problema non è la tecnologia in se ma come viene sfruttata, non c’entra nulla Spotify infatti lo stesso discorso si può fare per qualsiasi periodo storico, anche i nostri genitori accendevano la radio e ascoltavano la musica gratis, all’epoca erano le radio a scegliere quali artisti far ascoltare basandosi sul riscontro del pubblico che rispondeva maggiormente a personaggi iconici del periodo con vite stravaganti, ora possiamo scegliere liberamente i nostri ascolti ma quelli che hanno più visibilità e pubblicità sono sempre quelli che mostrano uno stile di vita invidiabile o “figo”. Il focus degli interessi economici nella musica ha sempre usato la tecnologia per strumentalizzare le emozioni umane come l’invidia, il desiderio o l’euforia. Noi non cantiamo di questo ma delle emozioni “non indicizzate”, quelle un po’ più complesse, che ti devi andare a cercare e Spotify è solo un altro strumento per farlo.
Detto tutto questo abbassiamo l’ascia di guerra, torniamo seriosi e vi ringrazio per aver accettato queste domande spigolose. È un disco che al futuro chiede tanto. Ma secondo me chiede molto di più al presente e forse dentro il suono e la scrittura conserva tracce fondamentali di passato. Che rapporto avete con il tempo… con il futuro… ma soprattutto con il passato? E questo disco? Che rapporto ha con il tempo? Non penso proprio sia futuristico… che mi dite?
Siamo felicissimi di aver risposto alle vostre domande, mi sono divertito un sacco. Il rapporto con il tempo è complicato, è in movimento, a volte la storia si ripete e altre volte ci sorprende, questo disco per me rappresenta una nostra fotografia in un album, insieme a quelle di prima si capisce come si è evoluta la nostra storia ma fin quando non vengono aggiunte altre fotografie non si può sapere dove andrà