Intervista: Andrea Poggio

Essendo Il Futuro, pubblicato il 5 maggio scorso, uno dei candidati per essere uno dei migliori dischi italiani usciti in questo (ottimo) 2023, abbiamo intervistato l’autore: Andrea Poggio. Ci siamo fatti raccontare come è nato l’album e cosa c’è dietro ai brani che come sempre colpiscono per l’originalità e la freschezza.

IR: hai intitolato il tuo nuovo album Il futuro, ma tanto di quello che si sente è legato al passato, compresi molti riferimenti musicali.

AP: Stavo cercando un titolo enfatico e Il futuro mi sembrava appropriato. E’ anche il titolo del primo brano che ho composto e che in un certo senso che ha irraggiato e animato tutti gli altri.
Ho poi notato, a posteriori, come spesso nel disco l’io narrante parli sì di futuro, ma di un futuro che guarda al passato, anzi che trova nel passato un rifugio nei confronti di un presente terribile. 
In questo senso lo sguardo al passato è una sorta di luogo sicuro a cui ciclicamente torna l’io narrante. E, inevitabilmente, come il narratore, anche la parte musicale a volte torna al passato. 

La sfida, forse ambiziosa, di questo disco è il cercare di far convivere queste due anime, queste due forze contrastanti: quella che spinge verso il futuro, e qui penso a certe scelte certamente più contemporanee a livello di arrangiamento e produzione, con quella che guarda al passato.

IR: Nei diversi momenti della tua carriera hai coinvolto diversi produttori stranieri, Ali Chant l’ultimo. Hai bisogno di qualcuno che faccia ‘suonare’ parole che non capisce o che non comprende fino in fondo?

AP: Nel mio caso la scelta della produzione è sempre naturalmente orientata dai miei ascolti del momento. L’ultima volta con “Controluce” ero affascinato dalla produzione di Eli Crews di Nikki Nack dei Tune-yards e più recentemente mi aveva colpito quella dell’ultimo di Aldous Harding e così ho contattato Ali Chant, che tra l’altro ha prodotto PJ Harvey Parfume Genius e l’ho coinvolto nella parte iniziale delle registrazioni. In seguito ho coinvolto Federico Altamura, con il quale lavoro da anni,ed infine Ivan Antonio Rossi per il mix.

IR: Pur contenendo tanti elementi musicali legati alla tradizione italiana ti sei circondato da musicisti legati alle sperimentazioni: Enrico Gabrielli e i suoi Esecutori di Metallo su Carta o Adele Altro ti servono per uscire dagli schemi musicali in cui rischieresti di cadere?

AP: E’ una compresenza di fattori: musicalmente io riesco a suonare bene poche cose, allora preferisco coinvolgere nelle registrazioni chi lo sa fare veramente. Spesso succede che questi musicisti mi sorprendano e diventino molto più che semplici esecutori. Con Enrico, Sebastiano e Adele lavoro da anni quindi fanno parte della mia “comfort zone”(ridiamo ndi), ma questa volta ho coinvolto anche persone che prima non conoscevo, come Galea e Angelo Trabace, ad esempio, poi rivelatesi fondamentali.

IR: Come sono nati Autunni intermittenti e Chilometri d’asfalto?

AP: So che ormai, una volta che un disco è fuori,non si usa più parlare di singoli. Ma se così fosse ancora Autunni intermittenti sarebbe il singolo che accompagna l’uscita del disco. È un brano per me molto importante sia a livello testuale che a livello di produzione. È il brano che forse ha subito più interventi in fase di mix, dove si sente egualmente la mano di Ali, Federico ed Ivan, e dove importante è stato l’apporto di Angelo Trabace in fase di arrangiamento. A livello testuale è forse uno dei brani più “proustiani” del disco (ride ndr), con il suo “salotto color malva” e con questo costante riaffiorare del ricordo nel presente. È un brano anche un po’ coraggioso, che sarebbe stato comodo arrangiare come un pezzo di Lettere d’amore scritte a macchina di Paolo Conte, ma che è stato bello portare in altre direzioni.

Invece Chilometri d’asfalto gioca sull’antico contrasto tra una parte musicale più upbeat,in cui attingo da certi miei ascolti più latini, per così dire, con Harry Belafonte nel cuore, e un testo che guarda a quel futuro terribile di cui parlavamo poco fa.

Il futuro - cover


IR: Fuori città sembra un’outtake del primo Paolo Conte, anche musicalmente. Quanto è importante la sua influenza?

AP: Fuori città  al livello di struttura è certamente un omaggio a Paolo Conte. Paolo Conte è un mio costante punto di riferimento, anche il suo ultimo album in studio uscito per la Decca Amazing game, è ottimo.

IR: Sia tu che Colapesce siete riusciti a far cantare in italiano Adele: dici che alla fine lo farà un suo album in italiano? (l’ultima volta che ho provato a chiederglielo mi ha fulminato)

AP: (Ride ndr) Di certo non posso parlare per Adele ma so che prossimamente uscirà un nuovo album di Any Other e che sarà un disco bellissimo. 
È come se l’inglese fosse un piano elettrico suadente mentre l’italiano un ben più rigido clavicembalo. 
In italiano ad esempio abbiamo poche parole tronche e questo rende la lingua molto meno ritmabile e forse malleabile rispetto all’inglese. Comunque non è un discorso semplice. Io ho smesso di scrivere in inglese perchè sentivo di non riuscire più a tollerare quel piccolo o grande scarto di significato dovuto al fatto che l’inglese non è la mia lingua madre.
Parlando di Any Other, io penso che Adele riesca ad esprimere molto bene e con grande efficacia quello che vuole esprimere con i suoi testi.

IR: Una provocazione: 10 brani, 25 minuti. Premesso che non credo che la qualità non sia nella quantità ma mon è un po’ poco per definirlo album?

AP: questa è una discussione che è in atto da qualche tempo: alla fine cos’è un EP e cos’è un disco? Ha senso parlarne? I 10 brani di questo disco sono figli di momenti diversi e li ho amorevolmente covati per anni. Dal mio punto di vista la durata poco conta, perché ciascun brano racchiude un mondo a sé. Forse sono io che sono diventato conciso o che mi sto adattando alle logiche delle piattaforme di streaming e dello “skip rate”? (ridiamo ndi).

IR: Con che formazione andrai in tour?

AP: saremo, a parte me ovviamente, Adele Altro (voce, sax e tasteire) e Arianna Pasini(voce, chitarra e tastiere). Non avremo un batterista e la sezione ritmica sarà “sintetica” e in base. Questa però è una formula che potrebbe essere facilmente integrata con l’aggiunta di altri musicisti, come in passato è successo con il tour di “Controluce”, dove per le date finali abbiamo coinvolto Enrico Gabrielli e gli Esecutori di Metallo su Carta. Per fortuna l’aspetto modulare del disco permette una certa elasticità nelle esecuzioni.

IR: C’è qualche album italiano che ti è piaciuto/ascolti ultimamente?

AP: posso citarti A long vacation di Eiichi Ohtaki uno dei padri del city pop mente degli Happy end assieme a Haruomi Hosono. In questo disco ci sono canzoni perfette, è come dovrebbe essere il pop in un mondo ideale. Mi incuriosiscono molto le Chai e la loro abilità a mettere insieme cose che non c’entrano niente l’una con l’altra. Poi gli ultimi dischi di Tyler the creator, Weyes Blood e Baustelle, che ascolto molto in questi giorni.

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