Interview – We Are Not Pop Music

I We Are Not Pop Music esordiscono questo 2016 con l’EP Dark Age (la recensione dell’EP potete trovarla tra “Gli EP del mese di settembre”) . Il loro progetto ci è piaciuto e ci ha incuriosito, così abbiamo deciso di contattare via e – mail la band per conoscerla meglio e approfondire diversi aspetti della loro musica e non solo.

Il nome che avete scelto è quasi una ‘’dichiarazione di intenti’’, un avvertimento rivolto a chi ascolterà la vostra musica. La domanda potrà risultare scontata e banale, ma perché avete scelto proprio questo nome?

Ci interessano le correnti artistiche del ‘900 ed è per questo che in WANPM ritrovi il termine “pop” che richiama la “pop art” come anche il surrealismo con la scelta di chiamarsi con un “nome-non-nome”; il riferimento è a “Ceci n’est pas une pipe” di Magritte. Il font retrofuturista a 8bit che abbiamo scelto è anch’esso un omaggio al ‘900; nel nome come nella nostra musica, utilizziamo i sogni, le aspettative per il futuro, le meraviglie frutto della tecnologia attese nel secolo scorso come punto di partenza per descrivere il mondo che viviamo oggi. Quel che sarebbe potuto essere e in tanti casi non è stato.

Anche il titolo dell’Ep – Dark Age – risulta particolarmente suggestivo: è un’epoca oscura quella che stiamo vivendo attualmente? Lo è sempre stata? E come si evolverà?

No, non è sempre stato cosi ma oggi viviamo un medioevo culturale in continuo peggioramento. Ovviamente non ci riferiamo alle eccellenze, che esistono, ma che spesso sono nicchie se non singoli individui, quindi delle bellissime eccezioni. “Svuotate le piazze, riempite i centri commerciali” a qualcuno sembra solo uno slogan?

La musica pop evidentemente non rientra tra gli ascolti che hanno influenzato la vostra musica. Qual è il genere che sentite più vicino a voi e quali i gruppi che vi hanno ispirato?

Siamo onnivori, ascoltiamo di tutto ma siamo ascoltatori attenti, molto interessati alle soluzioni timbriche, al “come suona” un certo brano. Attualmente consumiamo classici come Bowie, Negativland, Suicide… o band da poco scoperte come Trouble Vs. Glue o OZMotic.

La vostra personale visione dei nostri tempi si riflette nella vostra musica: un pugno diretto allo stomaco che assume il suono di un post punk dove l’elettronica è dominante, si lascia contaminare da tinte a volte noise, a volte shoegaze. Come nascono i vostri pezzi?

Le influenze piú dirette che ci guidano alla scrittura di un brano, spesso ci arrivano al di fuori del campo musicale; è più una questione estetica perciò è indifferente che l’input arrivi da altri brani musicali piuttosto che da texture grafiche. Sicuramente il ‘900 con il suo immaginario e il concetto sintetizzabile in “Svuotate le piazze, riempite i centri commerciali” ci fanno da guida.

Quali sono le tematiche più ricorrenti dei vostri testi?

Ci interessano in generale i rapporti umani e sociali, tra cui certamente il rumore inteso nel senso più ampio possibile; in quanto variabile indipendente che stravolge gli equilibri ritmici e armonici generando soluzioni impreviste in una canzone o in quanto saturazione degli spazi, fisici e mentali. Pensa solo alla memoria digitale: costa poco, per cui finiamo per salvare tutto, indipendentemente dal suo valore, quindi diamo posto anche alla cosa più banale; negandone la fine impediamo al nuovo di nascere. Non c’è più una economia, è una stratificazione incessante.

Vi ho visti dal vivo in occasione dell’evento Birraggi al Dynamo di Bologna questo luglio, insieme ai Bestrass e ai Dade City Days. Ho avuto l’impressione che il lato più noise della vostra musica, dal vivo, sia quasi estremizzato, i vostri pezzi suonano più violenti rispetto all’ascolto su disco. E’ così?

Si, suonano più violenti perchè li suoniamo per quella che è loro natura, che è cruda. In un disco, anche per ragioni di bilanciamento del suono, quache compromesso devi farlo. Dal vivo il solo fatto di essere lì in quel momento stravolge quelle regole, quegli equilibri, ragione per la quale c’è chi sostiente che registrare un live ha poco senso. Anche se nel ‘900 hanno provato a conviverci che la musica dovesse essere tonda, di plastica e con un buco al centro, di fatto la musica resta una forma di espressione performativa.

State lavorando in vista del vostro disco di debutto? Quando uscirà?

Stiamo lavorando a un LP, i pezzi in gran parte li abbiamo. Dovrebbe essere pronto per marzo 2017.

Avete in programma date?

Suoneremo a Bologna al Mikasa l’8 ottobre e il 30 ottobre al Gender Bender per la Rebel Rebel Competition su Bowie. Altre date sono in attesa di conferma.

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