Interview: Daniele Celona
Dopo l’ottimo Fiori e demoni di tre anni fa che ci aveva fatto scoprire un autore quanto un interessante interlocutore, in occasione dell’uscita di “Amantide Atlantide”abbiamo posto qualche domanda a Daniele Celona curiosi di saperne di più di uno dei lavori tra i più interessanti degli ultimi tempi.
1. In quanto tempo hai composto i brani di Amantide Atlantide?
Normalmente si finisce per collettare in un disco il materiale nell’ultimo anno e mezzo circa. In questo caso però alcuni brani sono più datati. Precarion la facciamo dal vivo da molto tempo, l’ ho scritta praticamente subito dopo l’uscita di Fiori e Demoni. Sotto la collina è invece il classico brano nel cassetto che ho tirato fuori perché mi serviva un momento acustico, di “decompressione”, da inserire a metà playlist.
2. Le collaborazioni con Levante e Capovilla quanto sono servite per farti crescere?
Perdonami, ma mi sembra davvero retorico parlare di crescita. Si tratta semplicemente di affetto e stima, di uno scambio che metti in atto con altri perché ti viene naturale, ti da piacere farlo. Anagraficamente sto nel mezzo. Levante è come una sorella minore per me, se mi chiedesse di buttarmi nel fuoco, probabilmente lo farei. Ho molta fiducia in lei come autrice, ha un utilizzo dell’italiano non banale e scriverà sempre meglio. Il secondo disco, lo vedrete, ne è una prova.
Con Pierpaolo conto di andar oltre le collaborazioni per il reading su Pasolini e per Obtorto Collo. C’è un nuovo brano che sto mettendo a punto in questi giorni in cui mi servirà il suo recitato. Che dire, abbiamo imparato a apprezzarci a dispetto dei nostri caratteri forti, ci siamo trovati. Quando non lo sento per un po’ mi mancano i suoi infiniti aneddoti e tutti i riferimenti culturali che sa portarti in palmo di mano. Sono molto affezionato anche a lui, tutto qui.
3. In Atlantide la tua voce e quella di Claudia(Levante) sono perfettamente in sintonia, ci avete dovuto lavorare molto?
Ah, direi proprio di no. Un’ oretta di un pomeriggio a casa, per girare la sua linea di cantato più in alto. Mi rendo conto che spesso dall’esterno si abbia una percezione sbagliata sui tempi. Si sovrastima il momento della scrittura e si sottostima tutto quel che segue per portare poi una canzone a orecchie terze. Posso fare anche l’esempio del brano Corri Corri di Bianco: avevo Levante davanti, quando in un quarto d’ora netto si è seduta a un tavolo e ha scritto la seconda strofa. Tornando ad Atlantide, abbiamo fatto un primo provino nel project studio che avevo all’epoca con i Nadàr e la volta successiva eravamo già al MAM per la versione definitiva.
4. In Fiori E Demoni le canzoni erano scritte in modo abbastanza classico nel senso che c’erano una strofa e un ritornello riconoscibili, invece in molte canzoni di questo disco lo sviluppo è più ampio e meno legato a questo schema. Se sei d’accordo, spiegaci come è nata la voglia di ampliare gli orizzonti in sede compositiva?
Nulla di cosciente a dirla tutta e a guardar bene considero articolate o fuori schema anche alcune strutture di Fiori e Demoni. Prendi Mille Colori: due accordi dall’inizio alla fine, senza un ritornello. E’ innegabile comunque che in questo nuovo lavoro abbia privilegiato l’aspetto del divertimento in sala e di quello potenziale dal vivo. Forse pensando meno al “bene” del pezzo, ammesso che di bene si tratti quando si da a una canzone una forma più canonica o più riconoscibile.
5. Legandomi alla domanda di prima: i Nadàr Solo questa volta danno un’impronta musicale chiara e precisa al disco, molto diversa rispetto a “Fiori e Demoni”. Era una scelta necessaria o è venuta naturalmente visti i rapporti di fratellanza tra di voi?
Non vedo tutta questa differenza onestamente. L’attitudine è la medesima e il fine anche. Riuscire a innescare distorsioni e fuzz, a mo’ di ragazzini in sala, senza rinunciare a dei testi che abbiano dei contenuti degni, immersi nell’oggi. Dove ho chiesto di più, i ragazzi non si sono certo tirati indietro. Alessio in particolare mi ha seguito nei sentieri delle strutture folli e piene di rullate. E’ chiaro poi che in quest’opera di monta e smonta, l’avere un linguaggio comune ormai assodato, un feeling dato da una condizione praticamente familiare aiuta a mettere a fuoco prima una soluzione di arrangiamento o di suono.
6. Parlami del brano Johannes, forse il brano più complesso dell’album che a parte il testo abbastanza complesso è anche musicalmente “tormentato”.
Sì, è stata una montagna da scalare. L’andamento anche solo delle strofe è sempre diverso, la metrica cambia e si attorciglia, quindi la parte strumentale deve seguire il testo passo passo senza schemi fissi se non per la pulsazione di cassa. Idem dicasi per le dinamiche. La sceneggiatura del testo è complessa, ci sono 3, 4 voci narranti se si considera anche il cielo stesso che ci sovrasta e ride del nostro affannarci. Ci sono poi i due seduttori rivali e c’è la donna circuita. Chiaro, non è un brano per tutti i palati, ma resta forse l’episodio di questo lavoro di cui vado più fiero.
7. Sud Ovest invece è dedicato ad una terra che ami, la Sardegna, ci torni spesso? L’hai trovata cambiata negli anni?
Manco da un po’ ormai, da quando gli impegni musicali sono diventati più stretti e vincolanti. Mi manca molto e dovrò ritagliarmi il tempo per scendere e andare a salutare degnamente mia nonna. Suo è lo sguardo presente nel video, quello che segna il passaggio dal futuro al presente, nostalgico passato negli occhi degli anziani filmati nel finale.
8. La città dove vivi,Torino, è in pieno tormento esistenziale frutto delle disillusioni della politica(tra le altre cose le Olimpiadi invernali) e degli industriali (marchionnismi): come stai vivendo questo periodo? Cosa deve succedere ancora?
Torino si è svincolata da tempo dall’idea di dormitorio legato all’industria. E’ una città piena di fermento, artistico e non, di energie e innovazione. Se tormento c’è è quello derivato dal frangente storico che stiamo vivendo e in questo non è dissimile da altre metropoli. Le nuove generazioni della mia città crescono con la consapevolezza di poter sbagliare di meno, di dover vivere in bilico, e sono fiero di come vedo reagire alcuni di loro. Per chi opera in campo artistico l’unica scelta è quella di dimostrare giorno per giorno che anche in un periodo duro come questo non può essere annichilita la voglia di provare a fare arte, di provare a creare davvero e comunque qualcosa di personale.
9. Cosa stai ascoltando ultimamente? C’e’ qualcuno che ti senti di consigliarci?
Sono ad ascolti vicini allo zero in questo periodo. Sono in decompressione, per usare il termine di prima. Mi rifugio in Thelonious Monk e grandi opere classiche in questi casi, soprattutto mentre viaggio in macchina.
Dovrò lavorare nuovamente, e molto, al computer per il terzo disco e ho bisogno di fare una sorta di pulizia degli hard disk, veri e mentali. Mi sento comunque di consigliarvi gli amici Albedo, Di Martino e Umberto Maria Giardini e chiaramente tutta la mia famiglia torinese Bianco, Levante, Nadàr e gli Anthony Laszlo.