Interview: Atlante

Reduci dalla pubblicazione di Venere, il nuovo singolo che vanta un feat. con Daniele Celona con il quale si confermano una delle giovani promesse dell’alt-rock italiano, gli Atlante scambiano quattro chiacchiere con noi riguardo Trenord, cosa c’è sotto il cappello di Daniele Celona e sulla scena torinese. Buona lettura!

Vi è mai capitato di vedere Daniele Celona senza cappello? Com’è?
Una bella domanda per cominciare eheh. Beh quello non è un semplice cappello, è parte integrante di Daniele!

Leggo che “Venere” nasce facendo i pendolari tra due città del nord d’Italia. Ce ne parlate?
Claudio: “Certo. Sono io il pendolare in questione, studiando al conservatorio di Cuneo. È sul treno che spesso scrivo i testi, in tutte quelle ore in cui sono obbligato a stare seduto e a passare il tempo in qualche modo. In particolare il testo di Venere è nato sui binari per i binari, mi è venuto spontaneo dedicare una canzone ad un elemento così presente nella mia vita.”

E se Trenord vi chiamasse per fare la colonna sonora di un loro spot?
Mmm sarebbe interessante, dovrebbero però ripagare almeno tutti soldi lasciati nei biglietti di questi anni, che fidatevi non sono pochi.

Cosa c’è nel background musicale degli Atlante? Qualcosa che non ci aspetteremmo?
Probabilmente tante cose, l’aspetto che ha di facciata un progetto musicale non comprende tutte le sue peculiarità. In qualche modo deve prendere una strada e tralasciare molti particolari, per esempio che Claudio (voce e chitarra) è in realta un batterista e studia percussioni al conservatorio, così come Andrea (basso) è un chitarrista, tecnicamente molto più bravo di Claudio. Il gruppo era nato per gioco da uno scambio di parti, poi ha preso piede intrappolandoci dietro strumenti non nostri. Figo però, questa cosa ci gasa!

In definitiva, di cosa parla “Venere“?
Venere è un viaggio onirico che ha origine appunto dal pendolarismo ferroviario. Quando il treno entra in galleria, osservando il vetro ci si può facilmente specchiare e guardare dritto negli occhi. Un secondo dopo invece, si riemerge da sotto terra, il paesaggio prende forma e si estende per chilometri e chilometri, talmente ampio da raggiungere anche altri pianeti. Quasi come accendere la luce in una camera buia. È quando questi scenari si alternano ripetutamente che capita di confrontarsi e saltellare da una dimensione umana ad un’altra infinitamente grande. Il testo lascia trasparire un’analisi personale molto intima, anche se a primo impatto ricorda l’astrattezza di un sogno che ruba dettagli di vita quotidiana e li combina con immagini surreali. Insomma, su un treno si ha molto tempo per pensare, fin tropo a volte.

Esiste una scena torinese? Chi ne fa parte?
Ogni città ha la sua scena musicale, il punto è: qual è la scena della mia? Nel caso di Torino ci troviamo in un ambiente molto vario, seppur piccolo e limitato. Sicuramente l’elettronica d’avanguardia è un cardine della scena musicale Torinese, basti guardare tutti i festival di musica elettronica che attirano gente da tutto il mondo. Come dicevamo però c’è modo di fare strada e gavetta in molti ambienti musicali differenti. Anche se le istituzioni comunali tendono a stringere la cintura sulla musica ci sono diverse realtà private che ci credono e investono a modo loro: locali, festival, etichette. E’ una città attiva per quanto possibile.

La domanda che non vi ho fatto ma che avrei assolutamente dovuto?
Il “Rock” è un genere musicale o una forma di approccio alla vita e quindi anche alla musica stessa? Può pertanto accomunare altri generi musicali non considerati tali? Ma soprattutto può una persona che suona lachitarra distorta non essere considerata in fondo “Rock”? La risposta la lasciamo all’etere.

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