Solo – The Importance Of Words (Songs Of Love, Anti-Capitalism And Mental Illness)
Negli anni passati abbiamo avuto modo di ascoltare SOLO grazie all’uscita di cinque singoli tratti da questo primo lavoro d’esordio. L’artista campano ci aveva colpiti per la creatività e la capacità di non ripetersi, al punto da chiedersi con curiosità quale stile avrebbe prevalso, che cosa sarebbe successo all’ascolto del singolo successivo. “The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)” non delude assolutamente in questo senso, e propone una straordinaria varietà di generi e sottogeneri, tra psichedelia, prog, rock sperimentale, punk, e allo stesso tempo inserti elettronici e orchestrali che vanno ad arricchire il repertorio.
Il citato eclettismo non risulta mai essere un difetto nel contesto del lavoro di SOLO e in qualche modo trova un equilibrio perfetto, basato innanzitutto su certa coerenza tematica e interpretativa: è un lavoro che guarda a (e demolisce) la contemporaneità, la struttura della società in cui viviamo, parte degli atteggiamenti che la mantengono e la alimentano. In questo senso, “Hypocrisy (it’s all I see)” potrebbe essere il manifesto dell’album, una critica all’incoerenza e alla banalità del dibattito sociale, tra la psichedelia e un intro che ricorda le rock ballads nell’heavy metal (come lo Zakk Wylde più “leggero”, ma i riferimenti potrebbero sprecarsi). “Look out (consumerism will consume you)” allude alla claustrofobia del consumismo sfrenato, alternando i Radiohead di “Jigsaw falling into place” ad un crescendo strumentale che potrebbe anche richiamare i System of a Down. Non mancano episodi meno spinti, dalla delicata “Summer fading (late love song)“, un dream-pop chitarristico arricchito da un’incalzante linea di basso, alla riuscita “Something (You don’t need)”, in collaborazione con Nobody.
E se il singolo “Don’t shoot the piano player (it’s all in your head)” si spinge su territori psichedelici regalando l’episodio più “Beatlesiano” del lavoro, è nella sperimentazione strumentale che diventa evidente la grande capacità compositiva dell’artista: prima con “What’s the topic of the day? (forget the rest)”, una sorta di jingle pubblicitario anni ’40 (magistralmente interpretato da Alidavid) sulla tendenza ad esprimere opinioni superficiali sulla questione del giorno; in seguito con “Emotional (e)states”, un intro che combina noise ed elettronica per confluire nel pezzo successivo.
Con questa combinazione di elementi, “The importance of words (songs of love, anti-capitalism and mental illness)”, potrebbe non incontrare i gusti di tutti, complici la varietà di influenze musicali proposte, ma anche un timbro vocale che esce dallo stereotipo dei sottogeneri del rock. Eppure, in un panorama musicale che tende a promuovere l’appiattimento delle differenze, questo è, nell’opinione di chi scrive, uno di quei lavori essenziali per aggrapparci alla speranza che esista ancora la creatività. Il consiglio spassionato quindi, è quello di regalare a SOLO un ascolto attento.