PoST: vecchie forme di vita pop
Mi sono avvicinato piano a questo disco lungo le tre anticipazioni che fino ad oggi hanno pubblicato in rete: “January”, “All My Faults” e poi l’ultima “Non dirmi che”, unica scrittura in italiano di un disco che vede la luce proprio oggi per la Reverse Rivers Music e che qui su Indie Roccia vi abbiamo presentato in anteprima. Sapevo di dovermi attendere un pop rock scorrevole ma mai arrogante degnamente tinto di colori inglesi.
Sono i PoST abbreviazione di Proud of Serving Tuna, quartetto torinese che oggi approda a questo terzo lavoro di inediti in studio dal titolo “Ten Little Indies”, come fossero dieci piccole isole lontane dal mondo quotidiano… che personalmente leggo anche come dieci momenti attivi di riflessione a dispetto di un vivere continuamente fatto di corse e affanni dentro cui tutto risulta ormai drammaticamente normale. La rete ci restituisce i tre video ufficiali che da subito mi lasciano pensare ad un montaggio di contributi open-source o a pagamento (e scopro in seconda battuta che è accaduto proprio questo, ma solo nel caso del singolo “All my Faluts”), approdando così ad una resa finale forse un poco troppo distaccata o addirittura impersonale. Ma ecco, questa è la mia pura e istintiva impressione che mi arriva a prima vista. Ci devo tornare su con maggiore attenzione…
Gli arpeggi di chitarra (qui l’Inghilterra impera) mi riportano alle belle distese in maggiore di Duncan Sheik, anche se qui sforiamo in America… ma l’atteggiamento spesso sembra quello. Il tutto non cerca mai l’arroganza di distorsioni o un rock irrequieto: tutto resta dentro delicatissime volute riflessive con la voce che trova disegni che tanto mi richiamano i colori dei The Ark (anche se qui sforiamo in territorio svedese).
E si pensi a bandiera di tutto il secondo estratto “All My Faults” che penso sia la fotografia perfetta. Non c’è molto da dire sulla resa del tutto che sembra restare ancorata in una terra di nessuno, carne o pesce che sia, sospeso come dentro “Love at First Glance” o la seduzione in chiusa con “Shine”. Istintivamente ricerco “Come è profondo il mare” nella cellula portante di “More” (una citazione troppo calzante, forse voluta per quanto la scrittura sia diversa… ma ecco, troppo aderente a quel brano). Non capisco perché il brano in italiano “Non dirmi che” dentro un disco tutto in inglese, ma certo viene fuori tutt’altro equilibrio ed espressività e mi chiedo perché non un disco tutto italiano invece…
Manca forse la vera soluzione melodica vincente visto che non è un disco di ricerca e di nuove forma ma di mere strutture pop dal piglio internazionale. E forse, visto che il periodo natalizio sta arrivando, è il romanticismo orchestrale di “My City” che eleggo a momento alto di questo disco, brano che incanta di visioni fanciullesche ma ha quel rimando in minore proprio degli adulti più concreti. Semplice, acqua e sapone, trasparente per certi versi questo “Ten Little Indies”… un ascolto che probabilmente avrebbe meritato un coraggio più impegnato verso la ricerca di nuove forme di vita in questo pianeta pop.