Marco Giudici – Stupide Cose Di Enorme Importanza
ANNO: 2020
ETICHETTA: 42 Records
GENERE: songwriter, psichedelia
PROTAGONISTI: the artist formerly known as halfalib e comunemente soprannominato Juju, decide per questa nuova identità musicale di metterci il proprio nome e cognome. Viene rinnovato il sodalizio artistico con Adele Nigro (che qui, come su twitter, si fa chiamare Adele Altro nei credits) e al disco hanno partecipato Jacopo Hachen: pianoforte, piano elettrico; Alessandro Cau: batteria acustica; Lucia Violetta Gasti: violino; Daniela Savoldi: violoncello, Lorenzo Urciullo: fischio, Andrea Poggio: voce.
INGREDIENTI: canzoni dalle melodie sfuggenti, dal suono gentile ma allo stesso tempo ricco di dettagli, grazie all’utilizzo di una strumentazione molto ampia che non vede la presenza delle chitarre, ma quella degli strumenti sopra menzionati e di basso, sax, sintetizzatori e programmazione. Una voce che interagisce con questi arrangiamenti così raffinati mettendo in campo il massimo possibile di naturalezza, sia per l’impostazione del cantato che per ciò che racconta nei testi. Il risultato è un viaggio di 35 minuti in cui gli intarsi e le cesellature musicali creano l’ambiente giusto per un’introspezione molto genuina e dal forte impatto emotivo. Titoli come Risate Amare, Nei Giorni Così, Forse È Un Grazie dicono già molto sul flusso di coscienza che l’autore mette a disposizione degli ascoltatori, e anche l’idea di un minuto e mezzo di soli rumori di frequenze a metà disco intitolati A Volte Io Mi Sento Solo è ben rappresentativa.
DENSITÀ DI QUALITÀ: le stratificazioni musicali presenti lungo il corso dell’opera creano un quieto vortice di armonie e ambientazioni che trascina delicatamente ma con mano ferma nel mondo di una persona, prima che di un musicista, nato nel 1991, quindi nella parte finale dei suoi twenties, e che si ritrova a riflettere su come abbia vissuto e stia vivendo la propria vita. Ne viene fuori un lavoro impeccabile nella forma e di grande sostanza, da un lato perché mai prevedibile e fortemente originale nelle sue dinamiche, nelle strutture delle canzoni e nel loro sviluppo, dall’altro perché porta con sé un impatto emotivo basato solo ed esclusivamente sulla forza intrinseca di quanto espresso. Inoltre, un disco come questo, insieme ai lavori usciti recentemente di autori come Colombre, Paolo Benvegnù, Fabio De Min e altri, è importante nel definire con forza i parametri all’interno dei quali ha ancora senso l’esistenza del concetto stesso di cantautorato: capacità di muoversi tra diversi generi e di contaminarli l’uno con gli altri, forza evocativa delle interazioni tra suono e voce, scarsa o nessuna prevedibilità durante l’ascolto. Del resto, la sbornia it-pop è ormai passata, chi ha avuto i mezzi per evolversi per sfondare nel mainstream lo ha fatto, ma ora, chi si affaccia nel panorama musicale italiano, non solo quello indipendente, deve confrontarsi con requisiti come questi. Per cui, la vita è ora difficile per chi esordisce, ma chi è esperto e ha ancora con sé il sacro fuoco della creatività, ha campo libero per esprimersi al meglio. Giudici ha sfruttato al meglio il momento favorevole e, assieme agli altri nome citati sopra, può davvero indicare la strada per una rinascita della vera canzone d’autore.
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8.4/10
Giudizio riassuntivo
Tra i dischi usciti recentemente davvero in grado di indicare la strada per una rinascita della vera canzone d’autore