Inquietudine in veste alt-rock: il catartico sfogo dei Before Bacon Burns

Quando ho iniziato ad appassionarmi di musica e a ascoltare proposte che provenivano da altri circuiti rispetto a quello mainstream, capitava spesso di trovarmi di fronte a progetti musicali che basavano ogni loro singolo aspetto, dal suono, alla parte ritmica, al timbro vocale, ai testi, su nervosismo, tensione, inquietudine, necessità di sfogarsi e di liberarsi. Avanti veloce all’autunno del 2024 e, ascoltando il terzo disco dei monzesi Before Bacon Burns, sono qui a chiedermi quando, esattamente, è iniziata la graduale sparizione di questo modo di fare musica. E, anche pensandoci bene, non riesco a darmi una risposta, ma siamo tutti d’accordo che prima era una modalità abbastanza comune e ora è rarissima, vero?

Per fortuna, possiamo anche lasciare da parte i discorsi da reduci e evitare di sforzarci in ricostruzioni storiche del fenomeno, e goderci semplicemente questi 20 minuti in cui Eleonora, Andrea, Davide e Stefano mettono in scena, secondo le loro stesse parole, “la “condensazione perfetta del nostro vivere negli ultimi anni”. Visto quanto detto fin qui, si potrebbe pensare che “godersi” non sia esattamente il verbo più adatto, e invece lo è, perché è vero che le sette canzoni in scaletta non sono certo spensierate e votate alla positività, ma abbiamo bisogno pure noi di trovare uno sfogo a questi stati d’animo che spesso ci hanno accompagnato, e se non siamo artisti noi stessi, dobbiamo per forza affidarci a chi lo è e farci trascinare dalla loro capacità di dare forma e concretezza alle difficoltà. Solo così potremo sfuggire alla scomodissima sensazione data dai periodi in cui questi stati d’animo ci attanagliano e ci tengono in qualche modo ostaggi, e raggiungere una catarsi di cui abbiamo tanto bisogno.

Non sto dicendo, ovviamente, che questo disco sia la panacea contro il logorio dei tempi moderni, però è un ottimo modo di identificare e guardare in faccia quell’asprezza più o meno latente che sentiamo sul nostro palato e alla quale non sappiamo dare un nome e dei connotati precisi. Anche perché, nelle sette canzoni in scaletta, i Before Bacon Burns mettono in scena molti modi diversi per rendere al meglio le sensazioni di cui sopra, e grazie a ciò l’attenzione dell’ascoltatore è sempre alta, perché le corde toccate sono sempre differenti, anche se attigue. Ci sono i chitarroni, ovviamente, ma accanto a essi hanno la stesa importanza anche i momenti in cui, invece, le sei corde si fanno quasi da parte per dare maggior forza al cantato, quelli in cui si producono in arpeggi puliti e incisivi, per dare spinta alle linee melodiche vocali, quelli, infine, nei quali prevalgono ruvidezza e distorsioni. Anche la sezione ritmica è versatile, con episodi dalle alte frequenze, altri di mero accompagnamento, altri ancora capaci di bloccarsi e ripartire nei momenti giusti.

Parliamo poi dell’interazione tra la parte vocale e quella strumentale, sempre ben studiata e attenta alle suggestioni date dalla dinamica che si crea tra le cadenze sonore, quelle ritmiche e quelle del cantato. E in tutto questo, i testi concorrono alla varietà di sensazioni di cui si parlava sopra, perché una cosa è dire “non chiedo altro che un po’ di silenzio per coltivare questo mio tormento”, un’altra dire “ci sottrarremo al tempo per affamarlo lento”, un’altra ancora dire “divamperò dentro la mia catarsi”. È chiaro che sono stati d’animo afferenti al medesimo spettro, ma è uno spettro piuttosto ampio, e i Before Bacon Burns sono bravissimi a esplorarlo per tutta la sua estensione, o almeno per buona parte di essa.

L’unica cosa che non cambia praticamente mai è il timbro vocale di Eleonora, ma, in realtà, se non ci fosse quest’uniformità vocale, mancherebbe un po’ di quella coesione tra i brani che rende coinvolgente l’ascolto per tutta la sua durata, anche perché, come appena detto, lo spettro emotivo è lo stesso ed è giusto che venga cantato nello stesso modo.

Ah, e se doveste pensare che 20 minuti e sette canzoni sono pochi per un disco, beh, in questo caso vi sbagliate, perché quando si è capaci di arrivare così dritti al punto, di mettere a fuoco e dare contorni netti a quanto descritto finora, vi garantisco che una simile durata è più che sufficiente, ché siamo comunque esseri umani e insistere oltre avrebbe solo l’effetto di portarci troppo giù. E invece, l’ascolto dura il tempo giusto per far sì che il percorso termini esattamente al punto più alto di catarsi, e l’ascoltatore si senta davvero liberato. In altre parole, il bacon viene tolto dalla padella nel momento perfetto, prima che rischi di bruciarsi.

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