Gaben – Vado

GENERE: indie-pop

PROTAGONISTI: Gaben (basso e molto altro), Piero Monterisi (Batteria), Andrea Moscianese (Chitarra e arrangiamenti)

SEGNI PARTICOLARI: polistrumentista e grafico Alessandro Gabini in arte Gaben è al suo secondo lavoro solista. Dopo aver collaborato con Cristina Donà, Violante Placido,Mauro Ermanno Giovanardi e ora con Francesca Lago (attualmente è il bassista nella tour band), Gaben propone un set di brani registrati tra Pescara, Roma, Milano e Dublino con due collaboratori con un solido background. L’uno, Piero Monterisi è il batterista di Daniele Silvestri e l’altro, Andrea Moscianese, autore di colonne sonore (l’ultima quella di Fiore, film presentato quest’anno a Cannes) e abile polistrumentista pescarese di stanza a Parigi, è quello che ha dato l’impronta più marcata al sound del lavoro.

INGREDIENTI: Disorientante, forse è la parola più adatta per definire l’inizio dell’album. Chitarre distorte, suoni secchi, i brani Niente Paura e Astensione sono fulminanti, liriche declamate tanto potrebbero uscire (come idea) dal carnet dei CCCP. Un primo cambio di rotta lo si ha con Tutto Gratis, molto più diretta ma sempre scritta con l’idea di punk e con una costruzione essenziale e diretta. Gaben non disdegna anche uno stile molto simile ad un certo cantautorato indie ritornato in superficie ultimamente (vedi Francesco Motta/Lucio Corsi) ne sono la prova: Tutto Strano ottimo (potenziale) singolo o con la più stralunata Slegati. Brani molto lineari musicalmente che con un sapiente gusto pop vengono resi molto accattivanti.  Una chitarra distortissima caratterizza Buongiorno e c’è l’ennesima sterzata stilistica con noise ed elettronica. Anche Programmazione è sulla stessa linea ma con l’aggiunta più massiccia di elettronica. Tra un mix di chitarre, riverberi e suoni artificiali si arriva alla conclusiva Tutto Liscio che riporta tutto a casa e i suoni ridiventano puliti e diretti. Un “punk dolce” come recita il sito della sua etichetta è la definizione che può riassumere tutto il mood del disco.

DENSITÀ DI QUALITÀ: Nel mondo reale di Alessandro Gabini è tra le altre cose un artista visuale. L’impressione è che questo modo di vedere il mondo lo abbia voluto portare in musica: frasi dirette, parole semplici, concetti accennati e suoni che puntano ad una certa fruibilità e il modo di comporre non uniforme e ondivago porta l’ascoltatore a passare di colpo davanti i CCCP e poi i Bachi da Pietra e di colpo ci si ritrova nell’elettropop anni novanta. Un mix di mondi che non permettono un ascolto uniforme, ma d’altronde lo stesso Gaben lo ha definito un disco “itinerante” e sicuramente frutto di idee raccolte nei sei anni che lo separano dal precedente Cani meno pop ma più uniforme musicalmente. Un’opera di un visual artist in musica: pieno di idee che brillano per la facilità con cui riescono ad essere espresse.

VELOCITÀ: variabile, ogni brano ha la sua direzione

IL TESTO: “Il peggio è passato / o no, o no? / qualcosa dà i suoi frutti /  o no, o no? / Mi sembra tutto strano / quello che ho cercato non è quello che ho trovato / l’amaro che ho in bocca mi lascia con un dubbio / un virus si è insinuato” (da Tutto strano)

LA DICHIARAZIONE:“«I tuoi testi sono leggeri e profondi nel contempo. Come lavori su di essi?»
«Appunto frasi qui e lì, piccoli frammenti, poi rimetto tutto insieme. Cerco di farlo in modo chirurgico usando meno parole possibili. Mi piacciono le poesie brevi, i giochi di parole, gli aforismi, lo haiku».”(intervista a Distopic)

IL SITO: Facebook

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