Dots: Hangin On A Black Hole

Etichetta: Depression House Records

Genere: garage-rock, funk-punk, garage-punk.

Protagonisti: Alessandro, Andrea, Lorenzo, Marco e Paolo dal “North Of Fucking Italy”.

Segni particolari: dopo una cassetta di demo pubblicata dalla statunitense Bloodstain Records nel 2007, un EP omonimo l’anno successivo e uno split 7” con i Virus nel 2009, i Dots sono tornati sulla scena la scorsa primavera con il loro primo lavoro sulla lunga distanza (anche se dura poco più di quindici minuti), registrato e masterizzato al Fat Bit Studio di Bergantino (RO). Pubblicato in vinile dalla Depression House Records, l’album è disponibile anche in cassetta via Rude Soul Records.

Ingredienti: come dicevamo poco sopra, la durata del disco è sì molto breve, ma gli ingredienti genuini non mancano nella lista della spesa della band mantovana: sono certamente evidenti le loro origini più punk e rabbiose, così come non manca l’intensità, ma ciò che più colpisce è questa voglia di funk con la vibrante chitarra di Andrea che mette in ogni momento voglia di ballare e di muovere il piede. Inoltre c’è una certa attitudine che sembra quasi presa da un mondo comunque a loro piuttosto lontano, quello dell’hip-hop.

Densità di qualità: sarà il ritmo pazzesco, sarà che la band di Suzzara sa come farci saltare e come regalare la giusta dose di adrenalina nei suoi incontenibili live-show, ma Hanging On A Black Hole è un disco che ci piace e ci convince: non c’è nessuna paura di inserire elementi nuovi nelle canzoni e, con la massima libertà e spensieratezza, provare a fare qualcosa che possa divertire e, allo stesso tempo, tener vivo l’interesse sia per chi ascolta che per la band stessa. Immaginate i Beastie Boys degli anni ‘80, ma con una maggiore grinta e cattiveria punk, che s’incontrano con James Brown e i primi Red Hot Chilli Peppers e realizzano pezzi come la rumorosa True Entertainer, dove, grazie all’imprevedibile lavoro della chitarra di Andrea, accompagnato dal drumming intenso di Alessandro, si viene assaliti, ma allo stesso tempo si riesce a trovare proprio quell’energia che stavi cercando. Non manca l’amore per le belle melodie: ascoltatevi il ritornello di Brain Dance oppure l’inarrestabile singolo Hot Covered Shoulders, per capire cosa vogliamo dire. Gli spunti interessanti sono numerosi e l’unico peccato è la breve durata, perché alla fine del disco viene automatico schiacciare nuovamente il tasto play.

Velocità: piuttosto elevata.

Il testo: il cantante Marco Garavaldi introduce Brain Dance con uno spoken-word: “Everybody keep your feet good to the ground, flip your head, deny human race and let yourself go into an antisocial brain dance.”

La dichiarazione: “Sosteniamo la brutta musica e diamo due spiccioli a questi giovini drogati”, scrive la Depression House Records, la loro casa discografica, su Facebook, parlando del disco, a dimostrazione che l’ironia è un’ingrediente da non sottovalutare in questo progetto.

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