Dischi vari – febbraio/marzo 2020
Tra lo scorso 28 febbraio e oggi, 20 marzo, si sono moltiplicate le uscite di valore in ambito italiano, almeno secondo il nostro gusto. 13 titoli solo tra gli album, più gli EP di cui tratteremo nei prossimi giorni, sono davvero tanti, e ci rendiamo conto che in un mondo ideale avremmo dovuto preparare le recensioni estese per ognuno di essi e pubblicarle a ritmo serrato. La realtà, però, è ben diversa e di certo non avremmo avuto il tempo per fare tutto. così, ci è venuto in mente questo paginone di recensioni più brevi, ma che speriamo siano esaurienti, in modo da non far mancare la nostra lettura e la nostra opinione su dischi che meritano di essere ascoltati e goduti.
di Stefano Bartolotta, Raffaele Concollato, Smoking Area e Antonio Paolo Zucchelli
COLOMBRE – Corallo (2020, Bomba Dischi)
Blatte ha tracciato una via, e questo secondo disco di Giovanni Imparato a nome Colombre è decisamente più simile al singolo sopra citato che non al disco di debutto. Del resto, Imparato ci aveva già fatto vedere con i Chewingum quanto gli venisse spontaneo passare dall’indie-pop relativamente semplice a una proposta più complessa in termini di armonie e arrangiamenti, e il passaggio da Pulviscolo a Corallo ricorda molto quello da La Seconda Cosa Da Andare a Nilo. Il disco è composto da otto canzoni pulitissime e scorrevoli dal punto di vista melodico, ma dense e molto dinamiche per quanto riguarda il suono e la parte ritmica, e anche il timbro vocale si adatta a questo cambiamento sonoro. È un lavoro dal fascino suadente, capace di sedurre l’ascoltatore e solleticarne i sensi, con un’attitudine neo soul non visibilissima ma capace di pervadere le continue mutazioni del disco, e il cui charme è particolarmente irresistibile quando si mescola a un’impostazione da cantautorato classico, autentica novità per Imparato ma già in grado di fare la differenza in senso positivo (Stefano Bartolotta)
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MOVIE STAR JUNKIES – Shadow Of A Rose (2020, Teenage Menopause)
Un disco all’anno tra il 2009 e il 2014 e poi il lungo silenzio, prima di questo ritorno, per il quintetto torinese, alfiere di uno psych rock n roll incendiario e portatore di atmosfere dionisiache e orgiastiche, ma che qui, dopo quest’assenza così prolungata, ha deposto gli istinti più bellicosi e ci mostra una nuova personalità, più posata e meno aggressiva. La componente psych rimane sullo sfondo, l’abrasività è sparita e ciò che resta è una serie di canzoni tra il rock n roll e ambientazioni da tranquillo viaggio on the road, dove si tira giù il finestrino, si respira profondamente e ci si gode il senso di libertà. E proprio il concetto di libertà è importante per capire e apprezzare questo cambiamento, perché il fatto che la band si sia data una calmata non significa che abbia prodotto un risultato di ascolto più facile o che possa risultare più ammiccante verso anche solo una categoria specifica di appassionati. I Movie Star Junkies, al contrario, continuano a fare ciò che vogliono, e non perdono nulla, a livello qualitativo, rispetto all’ottimo repertorio precedente. È solo un cambiamento stilistico, ma, almeno a giudicare dall’ascolto, non sono mutate per niente le intenzioni che stanno dietro al lavoro del quintetto, che si mostra fieramente retrò come prima, che evita l’eccessiva immediatezza melodica come prima e che dice all’ascoltatore “prendere o lasciare”, come faceva prima. E se prima avete preso, sicuramente farete lo stesso stavolta (Stefano Bartolotta)
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PAOLO BENVEGNÙ – Dell’Odio E Dell’Innocenza (2020, Black Candy)
Al sesto album a proprio nome, Benvegnù non sembra più avere molta intenzione di lavorare sulla propria cifra stilistica, e ci propone una nuova raccolta di canzoni che si muovono nel solco della continuità con l’illustre passato, tra l’inconfondibile stile melodico, l’altrettanto riconoscibile timbro vocale, un linguaggio che non può che ricondurre a lui, quel modo tipicamente suo di aggredire l’oggetto delle invettive con strofe serrate che sfociano in ritornelli risolutivi, oppure di effettuare lunghe e approfondite introspezioni con strutture più ariose e lineari, il tutto accompagnato da un suono di alto profilo, spesso massimalista ma comunque ambizioso anche quando è più tra le righe. Quanto detto finora non vuol dire che Benvegnù abbia fatto copia incolla dal repertorio precedente, ma che chi può vantare una personalità forte come la sua, può permettersi di appoggiarvisi per esprimere idee che suonano fresche e intense come se si trattasse di un disco di debutto, ma filtrate attraverso la maturità che necessariamente deriva da un percorso artistico rilevante come quello dell’autore. Benvegnù ci regala altri 45 minuti di riflessioni stimolanti e di affreschi che rappresentano in modo particolarmente credibile i sentimenti più profondi di ogni essere umano, e noi, devoti al Maestro, prendiamo, mettiamo il suo lascito assieme ai precedenti e ringraziamo per l’ennesima lezione sul mondo e sulla vita, consapevoli che un’altra così bella l’avremo solo quando tornerà a farsi sentire lui (Stefano Bartolotta)
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BIRTHH – Whoa (2020, Carosello)
Il progetto di Alice Bisi si accasa presso un’etichetta importante come la Carosello, e cambia pelle passando da una proposta caratterizzata dalle tonalità di grigio a un pop colorato e lucente. Ciò non significa, lo diciamo subito, che sia sceso il livello qualitativo della proposta, e la Bisi rimane una delle giovani songwriter più dotate in Italia, dimostrandosi in grado di muoversi con disinvoltura in territori nei quali il rischio di scivolare verso la piattezza e la banalità è sempre dietro l’angolo. A impressionare è, in primo luogo, un timbro vocale tanto pulito e di attitudine positiva quanto espressivo e portatore di sentimenti forti. Attorno al cantato, e alle melodie vocali di grande caratura, si sviluppa un suono caratterizzato, come detto, da un vortice di colori e dall’abilità nel mettere insieme una linea base con ricami e svolazzi che donano vivacità e, allo stesso tempo, rendono più concrete ed evocative le atmosfere. L’artista dice che il disco nasce dalla possibilità di sorprendersi per le cose belle che la fa alzare ogni mattina, e l’ascolto riflette perfettamente questa idea. In soli 28 minuti, abbiamo la sensazione di imparare a conoscere una persona, prima che una musicista, che non si vergogna a voler provare e far provare sensazioni positive e che è in grado di trovare sempre ottimi argomenti per soddisfare questo suo desiderio (Stefano Bartolotta)
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NON VOGLIO CHE CLARA – Superspleen vol 1 (2020, Dischi Sotteranei)
I NVCC hanno sempre centellinato le loro uscite ma mai c’erano stati sei anni di distacco che evidentemente sono serviti per cercare prospettive diverse per il loro percorso. Volume 1 è stato anticipato dai singoli La Croazia, che già tracciava un bel solco rispetto al passato e dalla più classica Superspleen. Il gruppo di Fabio de Min ha voluto andare oltre a quello che finora aveva proposto più sonoramente che nella scrittura. Quest’ultimo aspetto rimane sempre di livello alto e ispirato, tanto da poter fare tranquillamente accostamento ai grandi autori del passato quali Endrigo o Luigi Tenco. L’ingresso più prepotente di synth e chitarre elettriche è un po’ il nuovo marchio di fabbrica del gruppo bellunese, ottimi esempi sono Altrove/Peugeot e la già citata La Croazia o la maliziosa Il Miracolo. L’osservazione della cruda realtà è sviluppata da Ex-Factor, l’intimità da Liquirizia e l’accattivante Marginalia è il brano più pop dell’album con tanto di fiati e un ritornello da ricordare. In sintesi, questo lavoro vuole cercare di aprire nuove strade, cosa si spera faccia visto l’altissima proposta che riesce a mettere insieme pop e testi in modo sorprendentemente lucido (Raffaele Concollato)
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GUIGNOL – Luna Piena E Guardrail (2020, Atelier Sonique)
A due anni da Porteremo gli stessi panni che li portava su piani più personali e introversi i Guignol tornano con un lavoro pregno di post rock e blues senza tregua. Rinnovato ancora il gruppo Pier Adduce ha chiamato come ospiti Massimiliano Gallo ai violini e le voci di Max La Rocca e Susanna Buffa ad aiutarlo. L’iniziale Il vizio tirata e decisa e il blues della seguente Il pendolo sono molto in linea con le sonorità dei primi lavori del gruppo, la cruda Via crucis, attuale e maledetta, anche per quel che racconta, potrebbe trovare posto in un album di root-blues. Zio zio invece è un bellissimo blues corale che coinvolge per la pienezza dell’interpretazione e per la musica, mai così lucida. Un bel colpo al cuore avviene quando Pier Adduce decide di portarsi verso quel Tenco che nonostante le derive che anche nel passato hanno caratterizzato lo stile il gruppo riesce ad omaggiarlo con Se potessi nel modo migliore. I nove brani trasudano di esistenze cupe, vite straziate e incredibili rivalse che meriterebbero un cortometraggio ognuno e ognuno diverso, nove racconti che mettono a nudo l’anima dell’autore e delle sue creature (Raffaele Concollato)
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BASEBALL GREGG – Calendar (2020, Z Tapes / La Barberia Records)
Un progetto davvero interessante, che abbiamo seguito più volte anche sulle pagine del nostro sito, quello dei Baseball Gregg che, nel corso del 2019, hanno realizzato una canzone al mese e il risultato è finito su quello che è diventato ufficialmente il loro terzo album, Calendar. Il duo emiliano-californiano, che nella sua versione live ha due formazioni diverse divise tra Bologna e Stockton, ha recuperato brani vecchi e ne ha scritto altri di nuovi, facendosi spesso aiutare anche da collaboratori esterni che hanno offerto il loro apporto in più brani. A noi non resta che sederci, mettere le cuffie e godere di questi trentasei minuti: dal leggero ciondolare pop dal sapore estivo e marittimo di Toursong alla spensieratezza gentile ed elegante (con tanto di raffinati suoni del sax a ornare questa bellezza) di Never Bored il percorso è lungo e interessante. Potremmo citare Young, melodicamente ottima e dalle influenze new-wave che ci ricorda le ultime belle cose prodotte dai Drums, o Hong Kong Hike, che senza perdere la sua delizia pop, sperimenta con piano e synth e sembra volerci portare dritta verso l’oriente. Molto bella anche The Breeze, a cui presta la voce Zelma Stone: nella sua soffice tranquillità, composta da chitarra e piano, troviamo, però, ottimi beat che sembrano più cari al mondo hip-hop che a quello indie-pop a cui la canzone vuole giustamente appartenere. La nostra preferita del disco è invece Powder Sugar (con la partecipazione di Boy Romeo), incredibilmente toccante e sognante con quei synth così morbidi e melodici, che riescono a sportarci in un mondo lontano e delicato. Calendar è un mix che ci piace continuare a studiare anche dopo aver finito di scrivere questa breve recensione e dimostra sia le buone doti di songwriting dei Baseball Gregg che la loro ottime capacità di trasformarsi ed evolversi. Ancora una volta promozione piena per Sam Regan e Luca Lovisetto e il loro indie-pop dai toni gentili e dreamy (Antonio Paolo Zucchelli
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JESSE THE FACCIO – Verde (Dischi Sotterranei, 2020)
La particolarità di Jesse The Faccio è quella di far sembrare originale qualcosa che non è originale, perchè le influenze lo-fi e il garage rock in italiano non saranno certo una novità di questi tempi, Lo è però l’estrema genuinità con cui Jesse i suoi fanno musica, come se fosse un gioco, come se non esistessero scene, mode, e come se le cordine per non perdere gli occhiali siano effettivamente cool. Verde è un buonissimo seguito del primo disco I soldi per New York dove continua il connubio vincente tra indie nordamericano e cantautorato italiano, e una speranza e positività di fondo, che potrebbe davvero servirci in questi tempi bui. Consigliato! (Smoking Area)
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AIM – Gravity (Via Audio, 2020)
Quinto album per gli AIM, la band cult della Brianza che offre un sunto di quanto successo finora, in questi vent’anni di carriera, un disco in cui ci sono i concerti in giro per l’Italia e in Europa, qui dentro c’è il punk ma anche la psichedelia, ed è quasi un piacere avere nelle orecchie un disco del genere, che porta con sè non solo dell’ottima musica (che per gli AIM è ormai scontato) ma anche la personalità di un gruppo che è cresciuto con live, gavetta e sudore. Gravity è un gran bel disco che, proprio per il suo potere riassuntivo, può essere il disco iconico a cui ci si può avvicinare se non si sono mai ascoltati gli AIM. Intenso, rumoroso, bellissimo (Smoking Area)
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GURUBANANA/NANA BANG! – Ear Refill/Life Of An Ant (2020, autoprodotto)
Gli ultimi anni del decennio Zero a Brescia e dintorni sono stati qualcosa di speciale e irripetibile, e tra i diversi progetti che hanno permesso un simile fermento c’erano senza dubbio i GuruBanana di Giovanni Ferrario e Andrea Fusari e il side project Nana Bang! Ora, dopo tanti anni di assenza, entrambe le band tornano con un doppio album pubblicato insieme, ma in realtà queste 18 canzoni totali non rimandano ai contenuti incendiari dei dischi passati, perché l’abbassamento di intensità e il rallentamento del ritmo sono subito evidenti e, per tutta la durata dei due dischi, i musicisti lavorano di cesello e non di sciabola. Le 10 canzoni dei GuruBanana sono basate sul triangolo chitarra-basso-batteria, mentre le 8 dei Nana Bang! hanno un suono più elaborato nel quale la componente elettronica si fa sentire, pur non snaturando l’anima rock del progetto. In entrambi i casi, c’è un rock n roll velato di psichedelia molto intrigante e che trasuda vitalità da tutti i pori, che è sempre stato un pregio di entrambi questi progetti e che si mantiene tale anche con gli anni che passano e coi musicisti che vogliono fare cose più tranquille. La classe non è acqua, e questo doppio ritorno ce lo dimostra più che mai (Stefano Bartolotta)
Ascoltalo su Spotify GuruBanana / Nana Bang!
FLAMINGO – Komorebi (2020, WWNBB)
Lavinia Siardi porta avanti da diversi anni il progetto Flamingo, con un EP uscito già nel 2016, altre pubblicazioni estemporanee e un’attività live abbastanza intensa. La Siardi arriva solo ora alla prova sulla lunga distanza, e anche chi non dovesse conoscere i pregressi può accorgersi facilmente che dentro queste 10 canzoni c’è un percorso più lungo rispetto a chi si butta subito a fare un album di debutto. Nel disco, infatti, convivono diverse anime: quella più ariosa e melodica, quella più introspettiva e sognante e quella più soggetta alla tensione e alle sofferenze. Il bello di questo lavoro è proprio il fatto che questi diversi aspetti stanno insieme in modo spontaneo e armonioso, e si capisce benissimo che vengono dalla stessa persona; probabilmente, l’autrice non ha nemmeno dovuto sforzarsi per un risultato del genere, perché quando le cose escono così direttamente dal cuore, sei sempre tu e le differenze stanno insieme da sole. Quando poi a questa genuinità emotiva si accompagnano l’ispirazione compositiva e la perizia in fase produttiva, ecco che esce un disco che magari non sarà un ascolto per tutte le occasioni, ma che sicuramente non è il caso di lasciarsi sfuggire, perché in grado davvero di lasciare il segno (Stefano Bartolotta)
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TESTAINTASCA – Fantasia (2020, 42Records)
Dagli inizi in cui ricordavano un po’ troppo i primi Thegiornalisti, con tanto di polemichetta social, a un ritorno dopo sei anni di assenza con la produzione di Niccolò Contessa e la lineup ridotta ai due soli fratelli Conte. I Testaintasca non si slegano completamente dal periodo in cui avevano iniziato, e anche dal punto di vista strettamente musicale, la loro nuova veste fatta di pop scanzonato potrebbe essere benissimo associata a quegli anni. Il tutto è fatto così alla luce del sole che c’è persino una citazione esplicita di una vecchia canzone in una di queste nuove, però, sarà che si sente un po’ la mancanza di quello stile pop che senz’altro aveva i propri limiti, ma era fatto con sincerità e non con l’intenzione spudorata di attirare l’attenzione delle masse, sarà che in questo periodo c’è molto bisogno di cose un po’ leggere e allo stesso tempo capaci di coinvolgere, e sarà perché l’invocazione posta all’inizio del disco “fantasia fammi volare via, dammi la volontà di star seduto comodo a casa mia” suona così attuale, che il disco lo si ascolta, riascolta e riascolta ancora, e alla fine è un bel disco e non servono molte altre spiegazioni, è un disco bello che fa venir voglia di essere ascoltato, punto e basta, e non è poco (Stefano Bartolotta)
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FRANCO E LA REPUBBLICA DEI MOSTRI – Sciarra Chitarra Musica Battaglia (2020, autoprodotto)
Tornano i Franco e La Repubblica dei Mostri con questo nuovo disco il cui titolo omaggia una filastrocca palermitana, come per tornare a casa. Definitivamente tra cantautorato e post-rock, un new acoustic con testi in italiano, un impianto anni Novanta ma con la presenza fissa e straniante di un violoncello. Quello di “Franco” è un rock sincero, di quelli che se li ascolti ti sembra già che ti sia familiare, di conoscer bene un brano che in realtà non hai mai ascoltato prima, e allo stesso tempo, quella di Franco è una ventata d’aria fresca. Eletti a colonna sonora per la quarantena, un disco che sa di casa, una casa diversa (Smoking Area)
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