Brothers in Law – Raise

GENERE: Dream pop/ Shoegaze

PROTAGONISTI: Giacomo Stolzini (voce e chitarra), Nicola Lampredi (chitarre), Andrea Guagneli (batteria), Lorenzo Musto (basso).

SEGNI PARTICOLARI: Giovane band, i Brothers in Law hanno alle spalle due EP e un “pesante” album di debutto , Hard times for dreamers, che nel 2013 ci aveva molto colpiti, tanto da averlo scelto come album dell’anno. Nel frattempo la band marchigiana ha fatto strada dividendo il palco con artisti come Neon Indian, Wild Nothing, Hozier e calcando palchi italiani e non, con una rilevante partecipazione al SXSW ad Austin. La band, rispetto al primo lavoro ha aggiunto alla formazione basso e batteria intera, fatto che, come vedremo in seguito, ha influito sul sound in maniera percepibile.

INGREDIENTI: Atmosfere oniriche ed echi primaverili per i ragazzi che, rispetto all’LP di debutto, rinunciano a qualche spunto post punk per far posto ad una maggiore fluidità nel tessuto sonoro. E così questa volta, pur non andando su territori troppo lontani dal primo lavoro, i Brothers in Law si avvicinano maggiormente al confine tra shoegaze e dream pop, regalando un sound più “morbido”, sempre vicino agli Slowdive, più vicino ai Toy di quanto non fosse all’esordio. Quanto detto si ripercuote su un altro fattore rilevante, che è la minore immediatezza. Un suono più scorrevole, infatti, non corrisponde ad una maggiore facilità di elaborazione, dando invece l’impressione che la costruzione delle trame sia stata meno intuitiva e molto più razionale di quanto possa apparire, fatto che rende musicalmente più apprezzabile l’intero lavoro, una volta “masticato” meglio.

DENSITA’ DI QUALITA’: Rispetto all’album d’esordio ci muoviamo su territori più ariosi, meno martellanti e molto più speranzosi. Parlavamo prima della maggior morbidezza del suono, che si afferma già prepotente in fase di apertura, con Oh sweet song, di nome e di fatto. Gli strumenti s’intrecciano, le sensazioni scorrono. Si ha subito l’idea che se il precedente Hard times for dreamers era orientato in un certo senso all’incertezza dei tempi, questo lavoro è mirato alla ricostruzione di una speranza e alla focalizzazione sul presente. Inoltre ogni brano riesce ad avere una propria particolarità grazie ad elementi diversi, quasi in maniera ordinata: l’intreccio delle chitarre in pezzi come All the weight; i cori alla Beach House in Middle of nowhere; i cambi di ritmo in Life Burns e Through the mirror; la scurezza della voce in No more tears, che quasi si trascina dietro acuti di chitarre distorte. La morbidezza sonora già citata va un po’ a perdersi in chiusura, fase del lavoro in cui sono stati inseriti i due pezzi molto interessanti, la delicata Compose: Leaves pt. I, un intermezzo strumentale di notevole raffinatezza richiamante i Durutti Columns, e Tear Apart: Leaves pt.II, un inno a distruggere e ricostruire, una sorta di richiamo alle origini che risuona di archi e ritmo scandito, quasi a non far dissolvere definitivamente l’influenza post-punk. Stupisce ancora una volta la padronanza quasi “internazionale” di tutti i riferimenti e la personalità dei ragazzi, che non si limita mai ad uno scarno citazionismo. Un lavoro che aggiunge qualcosa di nuovo ad ogni passaggio e trasporta l’ascoltatore esattamente dove vuole. Date le premesse, è consigliato lasciarlo fare.

VELOCITA’: 8 brani, circa 30 minuti e una velocità media con qualche accelerazione non troppo brusca.

IL TESTO: “I don’t follow any lead/ between spirit and science/I can’t choose, I don’t want to choose/I just know that we’re all passengers” da Middle of nowhere.

LA DICHIARAZIONE: “Se prima, con Hard Times For Dreamers, ci sentivamo molto schiacciati dalla realtà e avevamo quindi assunto un atteggiamento da rassegnati e ci sentivamo molto giù di morale e ci sembrava che non ci potesse essere una speranza in nulla, invece adesso, con il nuovo disco, parliamo di una presa di coscienza di quello che succede intorno a noi nel mondo, dove però coesistono delle cose negative insieme ad altre positive. Sta soltanto a noi ricercare quelle che più ci interessano e ci fanno vivere al meglio l’esistenza.” da un’ intervista a questa webzine.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *