Alcesti – Nell’esistente e nell’onirico

Genere: Alternative rock, post – rock.

Protagonisti: Stefano Cocco (chitarre e voci), Mattia Quaglia (basso e voci), Marco Ferrante (batteria e cori).

Segni particolari: Il trio di Treviso si forma nel 2013. Comincia a farsi notare da pubblico e critica grazie al singolo Navigherò il tuo ventre e un demo-ep intitolato Invertebrati. Nel 2016, esce il disco d’esordio Nell’esistente e nell’onirico per Dischi Soviet Studio. Tommaso Mantelli (Il Teatro degli Orrori, Bologna Violenta, Captain Mantelli), lo ha registrato, mixato, masterizzato presso il Groovestudio di Casale sul Sile (Tv), e ne è altresì produttore.

Ingredienti: Il sound di Alcesti ricorda a tratti i Verdena di Solo un grande sasso, e in alcuni passaggi i Giardini di Mirò. Le atmosfere sono quelle tipiche del genere post – rock: ritmi lenti e dilatati che improvvisamente esplodono. Quiete e tempesta, e poi di nuovo quiete. Musica e liriche creano paesaggi sonori suggestivi, in ogni traccia che compone il disco. L’opener Il dogma del sonno eterno è un viaggio nel proprio inconscio; tra nubi, fumi grigi, e una fitta foschia, si intravede uno spiraglio di luce “Qui non puoi cadere…”. Intima e confortante. Uno dei pezzi migliori del disco insieme a Che tu sia per me il niente, con i suoi meravigliosi accordi di chitarra sinuosi ed il testo che è una triste poesia. Intensa e profonda è Foglie nere, in cui sembra di passeggiare lungo un sentiero oscuro, tra arbusti magri e spogli, avvolti da una fredda nebbia. Ascoltando questo disco si ha la sensazione di rimanere sospesi tra coscienza ed incoscienza, sogno e realtà, illusione e fantasia. Da ascoltare in compagnia di sé stessi, lasciandosi trasportare in un luogo parallelo e surreale grazie alle sue melodie fluttuanti e voluttuose.

Densità di qualità: Ci sono dischi narrativi, che raccontano di storie, di persone, di incontri, di amori; e poi ci sono dischi che semplicemente “non dicono, ma esprimono”, non descrivono, ma evocano. Nell’esistente e nell’onirico è uno di questi. Un lavoro ambizioso che riesce nel suo intento: essere in grado di creare immagini e visioni; quelle di un mare agitato, di un cielo in tempesta, di una spiaggia deserta, e tanto altro. Un grande esordio quello di Alcesti. Sicuramente un gruppo da tener d’occhio.

Velocità: E’ proprio il caso di dirlo, l’ascolto di questo disco è un lento e magico viaggio nell’esistente e nell’onirico della durata di circa 40 minuti.

Il testo: “Che tu sia per me il niente, come non sei stata mai, che tu sia nella mia mente assente, come sisma dei miei guai, con nome di donna chiamerò, i miei pianti come uragani dentro me. E li userò per generar la marea che il tempo ci strappò, per generare le onde che il mare ci ingoiò…” (Che tu sia per me il niente).

La dichiarazione: “Viviamo in una società individualista che crede di conoscere qualsiasi cosa. Noi ne prendiamo atto e nel nostro piccolo ci arrendiamo. In fondo chi lo sa? Smettiamola di credere di sapere, non sappiamo niente, sappiamo solo quello che la nostra gabbia carnale crede di sapere, quello che il nostro corpo vive e vede con certezza. Ma esistono dei misteri a cui nessuno può rispondere, perché ancora non siamo in grado di comprenderli. Cosa c’è dopo la morte? Niente? Il paradiso? Nulla di tutto ciò! Non lo sappiamo, e per fortuna che è cosi! L’essere umano deve arrendersi all’immensità, obliata e sconosciuta”(da paperstreet.it, 2016).

 

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