Santi, navigatori e organizzatori di festival: la sparizione del ToDays

Era un periodo in cui ognuno faceva il proprio mestiere. Il partito faceva il partito, la federazione giovanile faceva la federazione giovanile, l’ARCI l’ARCI, i fonici i fonici”. La penna di Max Collini è ritenuta una delle più efficaci di questo secolo non certo a caso, ma perché, con passaggi come questo, è in grado di rappresentare con un perfetto equilibrio tra disincanto e lucidità le molte contraddizioni della società italiana, tra le quali spicca l’arroganza da parte di moltissime persone nel non distinguere ciò che sono in grado di fare da ciò che, invece, esula dalle loro competenze. Si sa, a turno siamo stati, oltre a poeti, santi e navigatori, tutti sismologi, virologi, magistrati, ovviamente politici, e naturalmente commissari tecnici della Nazionale di calcio, velisti, piloti di Formula Uno, cuochi, e chi più ne ha, più ne metta.

Anche tra noi appassionati di musica, siamo in tantissimi ad aver indossato un cappello fittizio non solo da direttori artistici di Sanremo, ma anche da organizzatori di festival, soprattutto quando uno dei concetti più diffusi era che “se in Italia non c’è un Primavera è colpa degli organizzatori che non hanno coraggio”, come se le competenze, nozioni e informazioni di chi fa di quest’attività la propria professione fossero in mano a chiunque. Per fortuna, in molti stanno capendo la situazione reale, ovvero che il parere e le azioni di chi è un professionista sono sempre da preferirsi a quelli di chi non lo è. Ma, purtroppo, ci sono ancora rigurgiti dell’atteggiamento opposto, che sfociano in conseguenze concrete, ovviamente negative, quando chi non sa fare una cosa ma pensa di saperlo fare occupa ruoli decisionali a livello politico.

L’ultimo caso è quello del ToDays, una rassegna che, per tanti anni, ha nobilitato l’estate musicale non solo torinese, ma italiana, con giornate all’insegna dell’alta qualità musicale, dell’ampia affluenza, della positività assoluta, quella che fa bene a tutti. Naturalmente, perché avvenisse tutto ciò, erano necessari i contributi pubblici, che si rivelavano efficaci perché la loro gestione era stata affidata a un autentico professionista come Gianluca Gozzi. Tutto quadrava, tutti erano contenti, il ToDays di Gozzi era realmente un modello virtuoso da prendere a esempio.

E invece no, invece Collini giustamente utilizza il verbo essere al passato, e non per caso. “Era un periodo in cui ognuno faceva il suo mestiere”, già, era, non è. Perché, purtroppo, l’unico modo corretto di utilizzare l’indicativo presente del verbo essere in relazione al ToDays è quello di farlo seguire da un semplice avverbio: più. Il Todays non c’è più.

Non c’è più perché chi erogava i contributi pubblici ha deciso che non voleva limitarsi a fare il proprio mestiere, ma voleva anche entrare nel campo lavorativo di un professionista esemplare. Del resto, anche la frase “il pallone è mio e decido io” se non l’abbiamo mai detta nella nostra vita, ce la siamo certamente sentiti rivolgere. Purtroppo, chi erogava i suddetti contributi, questa frase l’ha detta: i soldi provenivano da loro, e quindi era loro diritto decidere che tipo di festival fare. Ovviamente, più ambizioso, più grande, più tutto. Del resto, ci vuole coraggio, no? Perché limitarsi a soli tre giorni in una zona un po’ periferica della città? Le cose vanno fatte in grande, facciamone sette di giorni, scegliamo una venue più vicina alla stazione ferroviaria, portiamo più scelta gastronomica, facciamo, insomma, più di tutto, perché se tre giorni con nomi come Wilco, Primal Scream, Band Of Horses, Verdena e Jarvis Cocker in una zona meno raggiungibile dai mezzi pubblici portano 1.500/2.000 spettatori a sera, nel momento in cui di giorni ne faccio sette, coi miglioramenti di cui sopra e con nomi come LCD Soundsystem, Massive Attack, Mahmood, Arlo Parks, Overmono e Jesus & Mary Chain, di spettatori, e, soprattutto, di incassi, ne farò di più, no?

No.

E non intendo assolutamente entrare nelle motivazioni di questo no, proprio perché non sono un professionista del settore. Semplicemente, se un Gianluca Gozzi ritiene che la scelta migliore sia fare tre giorni in quel posto, con quei nomi e con quell’offerta gastronomica, tu che ne sai meno di lui devi semplicemente prendere atto della sua scelta, perché sicuramente sarà ponderata meglio rispetto alla tua, visto che lui ha più esperienza, più competenze, più capacità di analizzare tutti i fattori. Non è Gianluca Gozzi per caso, esattamente come tu non sei un politico per caso. Solo che sei un politico, non un organizzatore di festival, e il tuo dovere istituzionale sarebbe quello di affidare i contributi pubblici a chi li sa usare al meglio.

E invece, al secondo anno di questo nuovo corso voluto, appunto, da qualche politico, il bando ha ricevuto una sola offerta, che non era adeguata, ed ecco la sparizione del ToDays. Complimenti vivissimi a tutti.

Max Collini, del resto, diceva anche un’altra cosa vera in quella canzone, proprio sul finale. “Il partito risulta non pervenuto”.

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