Roccia Ruvida: Tiberio Ferracane
Lo diciamo ogni volta. Questa rubrica, prima ancora che suscitare curiosità e magari rubare una polemica o un sorriso acido, è un veicolo importante per mettere a nudo una grande verità: chi l’artista lo fa per esistere e chi lo fa per aderire alle maschere. Dai secondi c’è poco da attendersi davanti domande acide (e per molti aspetti anche banali) che rivolgo alle “vittime”. C’è poco da attendersi e puntualmente la conferma di questo arriva. Dai primi però, c’è da carpire sottilmente una morale che a tenerla stretta nelle tasche non fa che bene. E lo sapevo che Tiberio Ferracane ha così tanta arte nelle sue pieghe che poteva restituirmi risposte utili a rintracciare la ragione di tutto questo pazzo mondo che mi scivola attorno. “Magaria” è un disco speciale, “antico”, “vintage”, di una canzone d’autore elegante, raffinata, dai sapori artigiani. E le liriche lo sanno quanto è speciale il dono di chi sa usare la parola. E da un cantautore di lungo corso sapevo di afferrare risposte semplici, dirette, senza fronzoli e senza filosofia ma ricche di ragione e di arte. E come dice lui: siete artisti, non filosofi. Sono le interviste che mi piacciono queste…
Tutti nereggiano al futuro… ma addirittura non solo nella forma ma anche nella scelta degli omaggi hai pescato proprio nel paleolitico della canzone. Insomma, come a dire che non sapendo come parlare alle nuove generazioni ti aggrappi al passato delle soluzioni ampiamente testate?
Mi verrebbe da dire, grazie per questa domanda…ma con voi mi sa che non funziona. Quindi, no, non ci ho pensato, in effetti non ho pensato che potesse essere roba antica!
Volevo inserire dei brani come fossero colonna sonora del racconto che c’è dentro al disco. Ma d’altronde io parlo ancora di Disco non di EP. Io non voglio apparire più giovane, ho la faccia che coincide con quello che scrivo! Ed è tanta roba!
E alle nuove generazioni un cantautore come te non rischia di sembrare “antico”?
Io sono antico, e vi dirò di più, mi piace! C’è stato un momento in cui portavo i capelli con la cresta e tutto il resto … ora quel momento è passato! Ma c’è da dire una cosa, ho capito ben presto che anche quelle erano “Divise”, quelle a cui ci opponevamo con tanta rabbia, e invece, anche noi indossavamo divise. Eravamo già vecchi e non lo sapevamo!
E restando sul tema: come pensi che venga accolto un disco come “Magaria” oggi che abbiamo nell’etere artisti come Ghali?
Sai, siamo sempre un po’ figli dell’epoca in cui viviamo, ognuno di noi deve usare il linguaggio che conosce, da tempo non ho più la presunzione di pensare di arrivare a tutti! Tuttavia, ho storie da raccontare e canzoni da cantare, ancora ci credo. È un disco vero. Se arriva questo concetto, avrò vinto.
E se tutti siamo spinti dalla smania di apparire, dico io, un cantautore come te che chance si gioca per la causa? Oppure sa di non avere strumenti e quindi si butta sulla filosofia?
Dalla mia so di avere il mestiere, dalla mia so di saper cantare, presuntuoso eh? Eheheh lo so! Ma vedete, rimango convinto che per fare questo mestiere non basta essere a la page e in linea con il pensiero dominante.
C’è da lavorare, e molto, il vero talento per fare il musicista e riuscire a mantenersi facendolo questo mestiere. Sono troppo pochi quelli che riescono a diventare famosi e ricchi, dai, roba da 13 al totocalcio! La filosofia lasciamola a chi la sa fare, io scrivo canzoni.

Come sempre chiudiamo abbassando le armi… di certo è vero però che un disco che mi piace definire alto come “Magaria” ha davvero pochi punti di contatto con una società che ormai non è più capace di avere attenzione per le cose. È assai difficile e anche frustrante per gli artisti che misurano il mestiere con un atteggiamento quasi da artigiano. Davvero Tiberio: come ti rapporti all’indifferenze che ormai ricopre ogni cosa? Non trovi che il ruolo del cantautore oggi sia completamente fuori contesto? Ha ancora senso scrivere dischi come questo? Per fortuna che ci sono dischi come questo… ma siamo in pochi a saperlo… questa è la verità… cosa ne pensi?
Il problema vero è se hai da dire qualcosa, se hai da raccontare. La domanda che dovremmo farci è: “Ho ancora qualcosa da raccontare? Vale la pena raccontarla…mi emoziona ancora raccontarla?”
Si, la mia risposta è si!
Frustrante? Frustrante è fare un lavoro che non ti piace, io questo mestiere l’ho scelto, l’ho voluto. Ho mollato sicurezza economica ed altro per questo mestiere. Io la mattina mi guardo allo specchio e anche se a volte arranco, e molto, posso dire che faccio una cosa che mi piace. Anche stare qua a rispondere alle tue domande mi piace!
È possibile che non ci sia più bisogno dei “racconta storie”? Magari cambieranno le formule, i modi, ma ci sarà sempre bisogno di un occhio diverso dal nostro che ci racconta una sua visione di quello che vede. Quindi si e ancora si, ha ancora senso sbattersi per mesi, per anni in verità, nella realizzazione di un disco come questo. Oggi almeno è quello che mi viene da dirti.
Grazie è stato un vero piacere rispondere alle tue domande.