Mario Pigozzo Favero: un raro caso di onestà
Mario Pigozzo Favero è l’ultimo ad aggiungersi alla lista di musicisti che propongono un progetto solista dopo aver capitanato una band per diversi anni. Certo, rispetto ad altri casi come, ad esempio, Alessandro Fiori, Appino o Francesco Bianconi, la band in questione è andata un po’ più a rilento nella pubblicazione di dischi e non si è certo fatta notare per lunghi tour, quindi era certamente più facile immaginare che prima o poi questa uscita solista sarebbe arrivata. Però, per diversi appassionati, Mario Pigozzo Favero ha sempre significato Valentina Dorme, ed è quindi normale che ci sia una certa curiosità sul contenuto di questo Mi Commuovo, Se Vuoi.
Per i fan dei Valentina, lo diciamo subito, questo lavoro è il migliore possibile, ma anche per tutti gli altri questo disco merita non solo un ascolto, ma proprio un’immersione nello stesso. Questo perché, da un lato, le caratteristiche e, soprattutto, i pregi della band trevigiana sono ben presenti in queste nuove canzoni, e, dall’altro, ci sono anche elementi nuovi, come un lavoro più ampio sia sui suoni che sul modo di cantare, l’utilizzo del dialetto veneto, testi decisamente più diretti e senza compromessi, con i quali l’autore presenta se stesso senza che gliene importi nulla di dare una buona impressione di sé, ma semplicemente dicendo a chiare lettere chi è, senza temere alcun eventuale giudizio da parte dell’eventuale ascoltatore.
In diverse canzoni, le tematiche sono le stesse presenti nel repertorio dei Valentina Dorme: l’eterna lotta tra il voler rifuggire la nostalgia e il non resistere nell’abbandonarsi a essa, l’importanza di riconoscere senza scuse i propri fallimenti, la voglia di dare voce a chi, per svariati motivi, fa più fatica a farsi sentire, l’impossibilità di scappare da certi errori, che si sa benissimo che non vanno fatti, ma poi si finisce per cascarci in barba a tutte le evidenze. Come già accennato sopra, non si può parlare di immobilismo, perché c’è un’evoluzione nel modo in cui gli argomenti vengono trattati, grazie a più spontaneità e a meno fronzoli, meno sottintesi, meno situazioni lasciate all’immaginazione dell’ascoltatore.

Poi ci sono argomenti nuovi, certamente non facili da affrontare ma nei quali l’autore ha meno peli sulla lingua che mai: ad esempio, Mario ci dice che è normale che un uomo divorziato possa avere istinti suicidi, se, pur riconoscendo in pieno le proprie colpe, non sopporta l’odio reciproco e quello dei figli nei suoi confronti, qualora ci fosse. Poi ci dice che non intende condannare in alcun modo chi cede alle tentazioni, anche se moralmente riprovevoli, perché non sa cosa significhi, perché non ci si è mai trovato e non può sapere come reagirebbe. Ci dice anche che “amarsi è un atto ignobile di carità, l’incontro tra due idioti e la meschinità, un’invenzione per poeti e cagne tristi”. In un mondo nel quale chi mostra la propria persone e le proprie idee così, senza filtri, si ritrova comunque filtrato da troppe voci che devono dire la loro per forza, queste canzoni sono un raro esempio di onestà intellettuale e comunicativa.
Per comprendere appieno l’importanza di questo disco e la sua unicità nel panorama musicale italiano, non ci si può limitare, comunque, alla mera analisi dei testi. Essi sono sì il cuore pulsante dell’opera, ma senza le tante idee dal punto di vista melodico, musicale, vocale e sonoro, il battito di questo cuore sarebbe faticoso e arrancante, e invece questo cuore pompa perfettamente il sangue nelle vene perché ogni cosa che viene raccontata è resa più vera e realistica dal modo in cui Mario canta, dallo stile delle linee melodiche che la voce segue, da come la musica lo accompagna e dalla perfetta gestione dei diversi elementi nell’economia delle singole canzoni.

Il timbro vocale, quindi, può essere abrasivo, oppure morbido, o velato dalla tensione, o arrabbiato; le melodie hanno un ampio ventaglio di gradazioni di rotondità e sfuggevolezza; il suono può risultare secco e aspro, o pieno e avvolgente, o robusto; il set strumentale è nutritissimo, tra le consuete chitarre, l’elettronica, il sax, il pianoforte, con un uso della sezione ritmica che praticamente non si ripete mai tra una canzone e un’altra; la messa insieme di tutti questi elementi può avere un’impostazione lineare, oppure frastagliata e articolata, o distorta, o satura.
Tutte le scelte, nessuna esclusa, appaiono vincenti, e i messaggi che l’autore lancia non potrebbero essere veicolati meglio di così. Il punto, lo ribadiamo, non è ritenerli più o meno giusti, ma è il saper apprezzare e lasciarsi coinvolgere dalla loro purezza e dalla mancanza di qualunque sovrastruttura. Mi Commuovo, Se Vuoi è un lavoro estremamente comunicativo e intenso, come oggi non se ne fanno quasi più, e nessun appassionato dovrebbe farselo sfuggire. Magari è difficile volerlo ascoltare ogni giorno, ma può essere catartico lasciarsi colpire da esso con tutta la forza che ha.