Tommaso Talarico: guardare la vita per quello che davvero è
L’avevamo accolto nel singolo che tempo fa aveva scelto come degna anticipazione di tutto. Eccolo il nuovo disco di inediti di Tommaso Talarico, lavoro che sin dal titolo mette in chiaro una linea di pensiero decisamente “politica” in senso romantico del termine: “Canzoni d’amore per un paese in guerra” esce per la RadiciMusic ed è un manifesto romantico di chi guarda la vita per quello che davvero è e non per quello che serve mostrare. Ed è un suono che nonostante l’approccio in presa diretta e dai colori rock, sfida il perbenismo delle apparenze con testi e melodie pulite, per niente futuristiche, di un classicismo assai educato. Un disco da vero cantautore, senza fronzoli ed effetti speciali.
Siamo dentro un tempo senza “cervello”… ma con guerre “comode”. Cosa ne pensi?
Non è facile analizzare il tempo in cui viviamo. Quello che è certo è che siamo immersi dentro un flusso costante di informazioni e pseudo eventi che ci bombardano da mattina a sera.Questo rumore di fondo rende impercepibile la sofferenza degli altri, siamo sempre meno capaci di immedesimarci nel destino altrui.La memoria storica di cosa sia effettivamente un bombardamento, di cosa significhi perdere tutto, sta scomparendo con l’ultima generazione che conservava il ricordo del secondo conflitto mondiale.Ma dobbiamo stare molto attenti, il pericolo di nuovi totalitarismi, che possono assumere forme più subdole rispetto al passato, diventa più forte di fronte ad una coscienza civile debole, se non del tutto spenta.
E questo disco quanto fa critica, quanto fa denuncia e quanto invece fa pace con quello che c’è?
Non scrivo mai una canzone pensando di fare denuncia o critica sociale, ma credo che il ruolo del cantautore sia anche cantare il tempo che viviamo, svelare ciò che è nascosto o di cui si parla in termini superficiali. Sentivo la necessità di raccontare un’umanità in fuga,sofferente, priva di tutto, scoprire cosa ci lega a queste persone, indagare paure rispetto al futuro che sono certamente sepolte nel mio inconscio. Se indaghiamo a fondo scopriamo sempre di essere coinvolti molto più profondamente di quanto non si pensi. Il disco è un concept in cui emerge quanto il nostro presente sia inevitabilmente legato ad un passato percepito come lontano, e le piccole storie degli esseri umani il prodotto di eventi molto più grandi, fuori dal nostro controllo.
Parli di rock ma i toni sono sempre molto ballad. Il rock io lo vedo molto dentro le intenzioni di queste canzoni. Sono canzoni decisamente rock… sei d’accordo?
Sono d’accordo. Quando siamo entrati in studio avevo ben chiaro il tipo di suono che volevo, fatto di chitarre evocative e tappeti sonori.Tutto ciò non è frutto di una scelta di solo gusto personale, ma è il contesto delle canzoni ad avermi spinto, insieme a Gianfilippo Boni, in questa direzione. Questo proprio perché dentro ai brani si sente un’intenzione, un sentimento, dato da un certo tipo di concezione, a metà strada tra la canzone d’autore e un rock che contiene dei riferimenti a certe cose dei Radiohead e dei primi U2. Questo sentimento è connesso a quello che le canzoni raccontano. Tutto questo mi ha spinto verso un’atmosfera di quel tipo
Ovviamente l’immagine di copertina cita il romanzo di Cormac McCarthy. Ma in vero, sintetizza quel che pensi del futuro?
Cormac McCarthy è uno degli scrittori che amo di più in assoluto, lo considero un gigante del’900, e l’immagine di copertina è in parte una citazione de “La Strada”. L’ho realizzata io stesso con l’intelligenza artificiale, ma questo è un discorso a parte. In realtà io credo che quell’immagine non sia necessariamente una sintesi del futuro, anche se temo che per molte persone sarà così. Certamente racconta un pezzo del presente, del nostro tempo, così come del passato. Sarebbe più giusto dire, quindi, che è un’immagine che rappresenta uno dei fenomeni della condizione umana attraverso i millenni.
Come si inserisce dentro tutto questo quadro una canzone su Ettore Majorana? Qual è il seme che l’hai ispirata?
Fin da quando ero bambino la figura di Ettore Majorana mi ha sempre affascinato, e nei primi anni di università a Firenze ero iscritto alla facoltà di Fisica. L’ispirazione è partita dalla lettura del romanzo di Leonardo Sciascia, “La scomparsa di Majorana”, in cui lo scrittore siciliano tratteggia la complessità del carattere di Majorana, e ipotizza che in qualche modo potesse avere intuito i successivi e possibili sviluppi della fisica nucleare, con la costruzione di armi di annientamento globale. E’ improbabile che questo possa essere vero, ma a me in fondo piace crederlo, e “Majorana” è una canzone che riflette sulla responsabilità umana, sui limiti della scienza e sulla fede.
Perdona il rimando forse poco centrato ma è così che lo sento: esiste un parallelismo tra la chiusa affidata a “Tregua” e il romanzo “Viaggio al termine della notte”?
In realtà quando ho scritto la canzone non avevo in mente il romanzo di Céline, ma un incontro tra due amanti in un momento di pace, di sospensione dei bombardamenti, immaginando il loro librarsi in volo, come in sogno, su una terra devastata e irriconoscibile. Però “Viaggio al termine della notte” è una delle letture fondamentali della mia giovinezza, ed è possibile, tornando all’inconscio, che mi abbia influenzato a distanza di tempo
E se fosse tua figlia? Te lo chiedi parlandoci di come nasce “È mia figlia”. Che sia questa la vera ottica di tutto il disco?
È certamente una delle chiavi di lettura dell’album, anche se non l’unica. Ho scritto il pezzo dopo aver visto un’immagine che mi colpì molto, una figlia sulle spalle del padre, e sullo sfondo soldati armati a difesa di un confine. Pensai ” e se quella fosse mia figlia”?, “se fossero mia madre, mio padre, mia sorella, mio fratello” ? In tutto il disco, ho cercato di farmi guidare da questo tentativo di immedesimazione, sono andato alla ricerca dell’empatia perduta. A pensarci bene la nostra fortuna è solo una questione di spazio tempo, perché conosciamo bene cosa è accaduto nel nostro passato, ma non siamo autorizzati a pensare che non accadrà ancora in futuro. Ho una figlia piccola, a lei proverò a insegnare che la civiltà, la democrazia, i valori condivisi di umanità, non sono scontati e non sono acquisiti per sempre, ma vanno difesi ogni giorno.