Roccia Ruvida: Giulio Spagnolo

Certamente posso dirlo con sicurezza: un’intervista da inserire nel magro catalogo di quelle importanti. Risposte pesate, intelligenti, di chi sa stare al gioco e soprattutto ha qualcosa da dire anche e soprattutto quando viene pizzicato dalla superficialità di domande insidiose come queste. Però ecco: il punto chiave, oltre che denunciarlo, caro il mio Spagnolo, non lo hai affrontato. Tutti d’accordo sulla catastrofe di Spotify e che Spotify rappresenta. Ma tu perché alla fine ci sei? Dove finisce tanta denuncia all’atto pratico? Resterà qualcosa da chiederti ancora…

Giulio Spagnolo sforna un disco che vi consiglio in tutto il suo splendore: “Beato chi”, disco di società, di denuncia, non di resilienza e neanche di fede effimera. Disco di umana consapevolezza. Tutti sanno fare musica, ormai ci pensano i computer in tutto e per tutto. È dar senso umano, culturale e filosofico al disco che diventa il vero valore primigenio a cui pochi sanno rispondere. E lui, Giulio Spagnolo, è capace di questo…

Un esordio oggi che la musica perde di centralità. Tutti in cerca di centralità per riconoscersi? Non sappiamo stare senza metterci in mostra?

Esattamente, non riusciamo ad esistere senza puntarci il riflettore addosso.

Sostanzialmente spendiamo l’80% del nostro tempo cercando consenso negli altri, per sentirci “accettati” e di conseguenza “appagati” per ciò che facciamo, infatti questo forte senso di “ricerca della centralità” non è uno stimolo naturale della persona, ma semplicemente una propria dipendenza degenerativa. Il vero collante di tutto, che ha portato a questo pseudo egocentrismo individuale, è stato lo sviluppo tecnologico degli strumenti di distrazione di massa, come ad esempio i social network, che hanno principalmente favorito la costruzione di un’identità virtuale per ognuno di noi, lasciando spazio ad un auto regresso personale.

Secondo te si ha ancora bisogno di cantautori?

Partirei intanto dal significato: per cantautore intendiamo un soggetto che scrive ed interpreta i propri brani. Il cantautore ha sempre trovato il giusto modo di riuscire a fare una sana critica sociale trovando un compromesso tra l’opinione pubblica e il proprio punto di vista e in aggiunta, credo che ad oggi si abbia solo il bisogno di tutto ciò che non sia nocivo all’umanità,

Per rispondere in conclusione alla domanda, dico di si, servono i cantautori perché è giusto sapere che una penna può avere la stessa forza distruttiva di un’arma.

E questo gioco di maschere, antico anzi ormai dimenticato… la solita predica sulla verità della nostra identità. Non ci siamo stufati di denunciare chi fa “bla bla bla”?

Dovremmo stancarci di denunciare un processo che continua ad allontanare l’umano dai veri valori?

Sarebbe un po’ come scegliere l’argomento da spettegolare di fronte ad un caffè giusto per lamentarsi dell’ennesimo problema della società.

Ciò che risulta superficiale non va a braccetto con l’etica, proprio perché è lo stesso “bla bla bla” a deviare l’attenzione dalle questioni importanti del percorso di ognuno di noi.

E in fondo, l’ennesimo disco da cantautore non è un altro modo di fare “bla bla bla”?

Di ogni cosa è bella la molteplice scelta che si ha tra i vari punti vista, mi riferisco anche alla risposta precedente, chi vive nel bla bla bla effettivamente avrà la possibilità di risolvere molte situazioni con un tocco quasi magico di superficialità. Questo disco non può essere un ennesimo modo di fare “bla bla bla” proprio perché nasce per fare un rumore che punta a scuotere la coscienza dell’ascoltatore, richiamandolo ad una propria ricerca spirituale verso la riscoperta di valori che sta pian piano abbandonando.

E che bello regalare le proprie cose su spotify e sui canali digitali dopo tanto lavoro sudato… si fa canzone di “protesta” o quantomeno si denunciano cose restando ben attenti ad aderire a quelle cose. Non è un controsenso?

Più che un controsenso lo interpreto come uno sfruttamento del mercato musicale.

Facciamo un passo indietro, fino a prima della scoperta di spotify la popolazione musicale veniva da un periodo che affondava nella pirateria del download, quindi proviamo ad immaginare quanti diritti d’autore venivano persi strada facendo a furia di scaricare musica illegalmente.

Il primo vero intento di Spotify, è stato proprio quello di tutelare i diritti d’autore di alcuni produttori discografici, o musicisti e artisti del settore, aiutandoli anche nella distribuzione digitale del proprio lavoro, riconoscendogli la possibilità di percepire un piccolo rateo per ogni ascolto eseguito.

Tutto filava liscio fino a quando lo stesso Spotify ha realizzato che gli artisti diventavano sempre di più in piattaforma e che prima o poi avrebbe dovuto ridurre tantissimi vantaggi, diciamo un po’ come accade nelle grandi aziende, una volta che s’inizia a lavorare sulla quantità, involontariamente si da sempre meno spazio alla qualità del prodotto.

In conclusione, di Spotify è rimasto solo un algoritmo che ti tiene vivo circa un mese pagando la piattaforma, riconoscendo un rateo quasi invisibile per gli artisti che mettono a disposizione la propria musica, insomma, si finisce in un grande scatolone facendo un minestrone di musica e lasciando sempre più spiragli all’unica cosa che la stessa musica non accetta: la competizione.

E come sempre abbassiamo l’ascia di guerra e anzi grazie per esserti prestato. Che poi la dimensione spirituale viene un poco messa da parte… ma questo disco ha una forte dimensione spirituale o sbaglio?

Si, il disco l’ho sviluppato su due concetti: il viaggio e il confronto, ovvero un’opportunità perfetta per poter ricercare risposte in stessi e anche nella scoperta della bellezza del mondo. Ho voluto unire questi due azioni per cercare di fare un riassunto al viaggio che stavo affrontando davvero.

Detto questo, sono io a dovervi ringraziare per l’opportunità, è un impatto molto forte quello di sentirsi pizzicare il nervo con qualche domanda, soprattutto perché tocchiamo una tematica molto intima per gli artisti, ma posso confermare che stare sotto pressione aiuta molto ad allenare il controllo, quindi nuovamente grazie e soprattutto buon viaggio!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *