Intervista: Francesca Bono
L’avevamo lasciata nel 2017 come voce degli Ofeliadorme, l’abbiamo rivista comparire di nuovo in coppia con Vittoria Burattini dei Massimo Volume e ora Francesca Bono pubblica il suo primo disco solista dal titolo Crumpled Canvas (WWNBB Collective).
Abbiamo sentito Francesca che ci ha raccontato come è arrivata a costruire questo album, la sua esperianza con Mick Harvey e gli altri musicisti che ha coinvolto in queste registrazioni.
IR: come sei arrivata all’idea di questo album solista?
FB: prima di tutto non c’è stato niente di premeditato. Con gli Ofeliadorme verso la fine del 2018 eravamo al termine del tour di Secret Fire e avevamo iniziato, su mia richiesta, a tornare in sala di registrazione per iniziare a mettere mano ad alcune idee che avevamo, in particolare delle idee che io avevo.
L’idea era mandare ad Howie B, produttore del nostro ultimo album e interessato a produrre anche il successivo, qualche traccia, ma che le cose non giravano. Siamo andati avanti per un po’, poi ho avuto il mio primo figlio e nel frattempo c’è stata la pandemia.
Insomma, a un certo punto tutto era congelato finché poi uno dei due ragazzi del gruppo ha detto che non voleva più fare musica e ha mollato tutto.
Ci siamo ritrovati in due e non aveva molto senso andare avanti così e ci siamo fermati.
Nel frattempo stavo comunque producendo molte cose a casa: in genere registro tutto quello che mi sembra interessante e avevo iniziato a scrivere delle canzoni che non mi sembravano adatte e non rientravano nella cornice di quello che secondo noi avrebbe dovuto essere l’evoluzione degli Ofeliadorme e sono rimate lì.
Mi è sempre interessata molto l’avanguardia della musica, quella più vicina ad una colonna sonora, quella parte più free, più libera, meno ancorata alla forma canzone.
Piano piano queste due cose hanno trovato magicamente la loro ragione di essere, perché da un lato nel 2021 mi è arrivata la proposta di Home movies, che è una realtà molto bella italiana, che ha sede a Bologna, di sonorizzare tre Corti di Maya Deren.
Mi è stata data la possibilità e il budget per coinvolgere un’altra musicista e ho scelto Vittoria(Burattini ndr) ed è nato il progetto Bono/Burattini. Negli stessi mesi avevo conosciuto Mick Harvey con cui avevo un rapporto epistolare via email.
Lui conosceva e apprezzava gli ultimi due dischi degli Ofeliadorme e ci siamo incontrati al Todays Festival a Torino, visto che lui all’epoca suonava con PJ Harvey. Lì ho conosciuto anche Alan Johannes che è il musicista che ha mixato il mio disco.
Dopo qualche tempo ho pensato di mandare a Mick queste canzoni, per avere un parere fuori dal ‘giro’ e senza quell’attaccamento emotivo che non mi faceva vedere le cose con la giusta prospettiva.
Da questo è partito tutto. Mick mi ha dato dei feedback interessanti e si è offerto di aiutarmi.
Vorrei precisare che questo non è un “disco da lockdown”, perché io durante il lockdown non sono riuscita a fare niente.
Avevo un bimbo di un anno e vedevo che tutti leggevano i libri, guardavano i film, suonavano, scrivevano il disco della vita, io niente(ridiamo ndr), il disco l’ho creato un po’ prima e un po’ dopo.
IR: le canzoni le avevi abbozzate a casa e avevi già un’idea precisa della direzione precisa che avrebbero preso? Te lo chiedo perché si nota tantissimo che musicalmente l’album è proprio diverso da tutto quello che hai fatto prima.
FB: la mia pre-produzione in solitaria non si discosta moltissimo da quello che senti sul disco.
Tendenzialmente mi affido molto all’istinto, quindi non mi piace rimaneggiare troppo le cose.
Rimaneggiare troppo non mi piace, ad un certo punto sento che si perde la spontaneità e a parte i casi eccezionali, quello su disco è molto vicino a quello che pre-produco.
Ad esempio il primo brano Velvet Flickering Hearth, è uno degli ultimi che ho scritto.
È stato scritto forse tre mesi prima di entrare in studio ed è praticamente identico a com’era il demo, ovviamente tolta la batteria di Vittoria e i violini di Silvia Tarozzi. Lei ha avuto carta bianca, poi noi li abbiamo “trattati”, infatti inizialmente era un canone e invece abbiamo deciso di prenderne una sola linea e ripeterla.
A parte questo la struttura è rimasta com’era.
Altri brani invece, come For D, scritto molto prima intorno al 2018/2019, desideravo avesse questa “classicità”, che è stata raggiunta solamente mentre eravamo in studio a registrare.
IR: riguardo ai musicisti che hai coinvolto, alcuni li conoscevi e altri come li hai scelti?
FB: Egle (Sommacal ndr) lo conosco da tempo, con i Massimo Volume con gli Offeliadorme avevamo avuto diverse date insieme e siamo rimasti in contatto. Mi hanno anche chiamato a fare i cori nel loro disco del 2019, poi con Vittoria siamo amiche da una vita.
Egle aveva suonato con gli Ofeliadorme e per me è uno dei chitarristi migliori che ci sono in Italia.
Non volevo troppa gente nel disco ed ero legata al fatto che Mick Harvey aveva solo una settimana per venire a registrare a Bologna.
L’unica che non è stata in studio è stata la Silvia Tarozzi che ha dato il suo contributo da remoto.
Altre persone coinvolte sono state Bruno Germano che ha registrato il disco, Marcello Petruzzi e Alan Johannes ha fatto un piccolo cameo da Los Angeles.
IR: un brano che mi ha particolarmente colpito è Black Horse dove ho ritrovato una forte influenza di Pj Harvey di qualche anno fa.
FB: (sorride ndr) È curioso perché recentemente un altro giornalista, che mi aveva mandato le domande per Blow Up, mi aveva detto che “Black Horse mi fa pensare ai Blonde Redhead”!
Ed era l’ultima cosa a cui pensavo!
Apprezzo tantissimo sia Pj Harvey che i Blonde Redhead ma come ho detto a lui, dico anche a te: no, non ci avevo pensato però, evidentemente, le influenze che gli ascolti che si hanno a volte riemergono, in alcuni anche dettagli, che tu magari cogli quella differenza lì e lui coglie quell’altra.
A Black Horse sono particolarmente affezionata perché è il brano che mi ha fatto pensare che forse potevo pensare di fare un disco di canzoni mie. Il pezzo è nato in maniera estremamente veloce, la struttura che senti è anche quella del provino.
Semplicemente avevo inserito una batteria elettronica che aveva un andamento un po’ kraut e Vittoria l’ha riprodotta a suo modo.
Alle prime persone a cui l’avevo fatto sentire mi dicevano che era un po’ strano che abbia un inizio così e finisca in tutt’altro modo.
Ma era proprio quello che mi piaceva del brano.
E’ anche il primo che ho mandato a Nick e al feedback e poi mi scrisse: “Guarda, ci sono talmente tante informazioni musicali qui dentro che ci devo tornare su fra due giorni e ti darò un’altro feedback” infatti mi scrisse “E’ un pezzo ‘idiosincratico’, ma mi piace molto.Se ne hai altri, mandameli perché ti voglio dare una mano.”
Tornando alla similitudine che hai trovato cercherò di capire di quale periodo storico della discografia di PJ stai parlando, perché mi incuriosisce.
IR: ci ho visto qualcosa da Let England Shake
FB: addirittura la parte “pastorale”, interessante. Era per dirti che è curioso quello che ci sentono le persone. Insomma, fa piacere.
IR: più che altro trovavo similitudini nella parte vocale che in quella strumentale. Un altro brano interessante è Bologna’s bliss and conversation
FB: quel brano è nato dal fatto che io prenda spesso i mezzi pubblici e che alle volte prenda appunti delle conversazioni che sento. In quel periodo usavo spesso l’autobus qui a Bologna e devo dire che quando fai 20/25 minuti di viaggio ti capita di sentire delle cose interessanti.
Poi le ho filtrato attraverso alcuni miei pensieri più personali e ne ho fatto una sorta di colonna sonora di un cortometraggio che non c’è.
In quel periodo poi parlavamo con un po’ di amiche e amici musicisti riguardo a Bologna: “com’è, com’era, era meglio prima, era meglio dopo” discorsi che mi portavano a pensare che Bologna sia una città incredibilmente fortunata, c’è tantissimo fermento e vitalità.
Il brano è nato dall’arpeggio di chitarra, un arpeggio che come senti circola per tutto il tempo.
Ho lavorato un po’ di più sul finale e poi ci hanno messo del loro gli altri. Dalle chitarre di Egle che ha rifatto delle mie parti alla batteria di Vittoria e a Mick che è arrivato e ha messo le sue tastiere e tutto quanto “on the spot”: è arrivato e ha suonato il piano, la farfisa, qualunque cosa , anche il basso.
Forse ce l’aveva già in testa e l’ha fatto scoprire sul momento e ci stava sempre tutto alla perfezione.
Qui la grandezza e la bravura di un musicista, è un’esperienza incredibile.
IR: quale brano ti ha richiesto più lavoro di altri o più fatica a definirlo?
FB: sicuramente l’ultimo brano, Fracture.
Volevo che avesse un certo tipo di andamento. E in più del finale non ero sicura ma ad un certo punto abbiamo deciso che lo lasciavamo così com’era.
Per questo dico sempre che questo per me è un disco “imperfetto”, nel senso che non è pensato al 100% dei minimi dettagli.
Ma volevo che fosse così, volevo l’immediatezza dei musicisti e non pensarci troppo sopra, per non perdere in naturalezza.
IR: per quanto riguarda i testi, quanto ha influito avere avuto dei figli?
FB: non so se mi è cambiato il modo di scrivere “testuale”, non credo. Faccio fatica a fare delle autoanalisi, però ti posso assicurare che dal 2019, quindi da quando è nato Dante, il mio primo figlio ho come ho avuto la sensazione che si sia sbloccato qualcosa, forse è anche una questione anagrafica visto che ho partorito oltre i trent’anni e se penso che a 25 anni mi sembrava di essere già in ritardo con tutto, e questa zavorra è venuta a mancare mi ha riposizionato nel modo di fare le cose.
Non me ne importa più molto di quello che di come vengo percepita all’esterno. Non sento più la necessità di dimostrare qualcosa a qualcuno là fuori, adesso le uniche persone a cui forse voglio dimostrare qualcosa sono i miei figli.
Se qualcosa è cambiato è il modo di approcciare la creatività più che il modo di scrivere, lo vivo meglio, ho proprio lasciato andare le redini completamente e forse nel tempo, diventerà ancora più “wild
IR: come organizzerai i live?
FB: l’intenzione di fare di partire i live con calma e fare le cose per bene e in contesti dove abbia senso farlo.
Anche in questo sono cambiata, con gli Ofeliadorme volevo solo suonare il più possibile, ma alcune volte ci trovavamo in situazioni dove avremmo anche potuto non farli.
Ora ho cambiato approccio.
Al momento sto preparando un set insieme a una musicista che è anche un’amica che si chiama Francesca Baccolini.
Recentemente ha lavorato con Enrico Gabrielli in un ensemble di liscio “L’orchestrina di Molto Agevole”.
È una musicista sperimentale, suona molti strumenti oltre “l’elettronica”.
Per ora l’idea di fare le prime due date e porvare a vedere come va.
Pensavo anche di fare qualcosa in trio ma valuterò, comunque tutto sarà da gennaio in poi.
IR: che cosa stai ascoltando ultimamente parte delle canzoni per i bimbi? (ridiamo ndr)
FB: ultimamente Laurie Anderson, l’ultimo album mi piace molto, ho riascoltato i Black Sabbath(!) e molto Sara Davachi una musicista sperimentale come anche Nala Sinephro, molto interessante, mi piace veramente tanto.
Ho riascoltato i Broadcast, che mi piacciono un casino, oltre a Peppa Pig in inglese (ridiamo ndr)
Ho ascoltato con molto interesse l intervista a Francesca Bono, ragazza molto carina, ma soprattutto intelligente, preparata. Bellissimo video,molto curato. Francesca ha una naturalezza ed una voce sorprendente. Complimenti. My best wishes ❤️ ❤️ Annamaria Patti ❤️