Interview: The Yellow Traffic Light
Abbiamo intervistato i The Yellow Traffic Light, a circa un anno da “Dreamless”, loro EP d’esordio, per parlare del loro percorso musicale e dei loro nuovi progetti in uscita.
– Arrivate, molto giovani, al secondo EP dopo un cambio di formazione, una nuova etichetta discografica e dopo aver calcato i palchi di numerosi festival. Cosa e quanto è cambiato in voi dall’esordio e in che termini vedete questo cambiamento?
Sicuramente siamo cresciuti e maturati sia a livello musicale, passando da ascolti più legati alla psichedelia e al progressive, sino ad approdare allo shoegaze e all’indie odierno (ultimamente siamo dediti all’ascolto del Kraut-rock e delle sue rivisitazioni moderne) che d’esperienze di vita: sono ormai più di tre anni da quando il progetto si è costituito.
L’intesa che dagli inizi fino ad ora ci ha progressivamente sostenuto nelle scelte, via via sempre più importanti, è ancora salda e coesa.
Ovviamente si litiga e si ride l’uno dell’altro ma qualcosa alla fin fine ci mantiene uniti. E’ un sostrato difficile da definire ma sicuramente c’è e per ora rimane ben saldo: siamo tutti grandi amici legati da molto tempo
– Nella vostra musica sono percepibili diverse influenze che vanno dalla psichedelia anni ’80 allo shoegaze passato e contemporaneo, passando abbondantemente per gli anni ’90. A voi piace definirvi vicini ad un panorama musicale in particolare o lasciate farlo a chi vi ascolta?
Le influenze della psichedelia targata anni 80 leggermente Wave e soprattutto le sue rivisitazioni odierne mixate al Dream-pop e allo Shoegaze sono indubbiamente ritrovabili nei nostri brani sin dalla loro genesi. Tuttavia i brani non sempre nascono con una precisa direzione stilistico sonora piuttosto si mostrano come l’espressione inconscia dei suoni che ascoltiamo che percepiamo. Sicuramente possiamo avvicinarci ad un panorama musicale più che a un altro ma quando poi subentra la critica dell’ascoltatore attento non può far a meno di farci riflettere e maturare. Per cui in definitiva lasciamo grande spazio ai i giudizi sonori esterni.
– “Dreamless” è sicuramente un titolo evocativo che può richiamare in chi viene a contatto con la vostra musica molti riferimenti sociali o personali. Ma cosa significa per voi questo lavoro e cosa avete voluto trasmettere con esso?
L’idea da cui è nato il nostro primo lavoro registrato con certi criteri e dinamiche è sicuramente la volontà comune di proporre un assaggio delle nostre sonorità, un modo con il quale potessimo per la prima volta esprimerci in studio e dare l’ opportunità a chi non potesse venirci a sentire dal vivo (qui rientrano anche le etichette discografiche, le agenzie di booking, uffici stampa e via discorrendo) di ascoltare la nostra proposta. Ha un grosso significato quel primo Ep. Sarà passato neanche un anno ma da quando lo abbiamo pubblicato in auto-produzione a Novembre 2014 di strada ne abbiamo fatta tantissima molto più che in precedenza. Per quanto concerne i riferimenti semantici, il taglio sia dei testi che dell’idea che li precede è sicuramente personale, intimista e autobiografico per certi versi. “Dreamless” è il nostro primo saluto, una sorta di piccolo testamento sull’importanza dei sogni: come potrebbe sussistere l’esistenza senza di essi?
– Siete dediti ad un genere che non trova massima diffusione in Italia, pur trovando solide basi e anche molti bei lavori in un panorama estero, per coraggio o leggi di mercato, non approfondiremo in questa sede. La scelta di cantare in inglese è più influenzata da questo fattore o dalle vostre preferenze musicali?
Qui penso sia unanime il fatto che la scelta di scrivere testi in lingua inglese venga dettata più che altro da un involontario riferimento agli ascolti e alle proposte musicali estere principalmente proveniente dal mondo inglese e ancor più americano.
– Vi ispirate a qualcuno anche in Italia? Quali sono i vostri riferimenti in generale?
In territorio italiano la scena Shoegaze di Pesaro che fa capo all’etichetta indipendente “We were never being boring” è sicuramente una delle proposte recenti più interessanti e influenti: gruppi quali “Brothers in Law” “Be Forest” e via discorrendo. Oltre a ciò sparse per lo stivale realtà minori molto interessanti sono sicuramente presenti come i Leave the Planet a Lucca o i nostri amici di Treviso dalla neo Psichedelia rumoreggiante New Candys.
Per quanto riguarda i riferimenti più grandi è inevitabile partire dai gruppi storici della scena Shoegaze dei primi anni: da My bloody valentine agli Adorable, come dagli Spaceman 3 ai Jesus and Mary Chain; proseguendo con band odierne che ne ripropongono, seppur ognuna alla sua maniera, le classiche tinte eteree e sognanti ( dai TOY ai DIIV sino all’indie pop dream degli Alvvays senza tralasciare la scena più psychedelica che ci lega ancora al passato con i Tame Impala e se vogliamo anche gli inglesi SPLASHH ).
– Cosa dobbiamo aspettarci da voi nel futuro imminente?
Dunque, in un futuro più che prossimo circa a metà Giugno 2015 abbiamo in programma di far uscire in collaborazione con Costello Music e l’etichetta We were never being boring un videoclip di un nuovo brano singolo dal titolo “Cole drives too fast”. In seguito il nostro progetto oltre a cercare continuamente date per questa stagione, che ormai volge quasi al termine, in Italia principalmente e perché no anche in Europa, è quello di tornare in sala di registrazione a Settembre per lavorare su un nuovo freschissimo ep che racchiuderà tre dei brani tra cui presumibilmente “Fall” che meglio rappresentino il nostro suono attuale. Perciò mantenetevi sintonizzati sulla nostra pagina facebook e su youtube perché presto ci saranno delle grosse grosse novità.
– Per concluderla “musicalmente”, un album che vi è piaciuto in questo 2015.
Domanda più difficile dell’intervista ! Scherzi a parte, dopo lunghe meditazioni pensiamo che “King Gizzard and the Lizard Wizard” con “I’m in your mind fuzz” dalle sonorità kraut-rock ossessive, lisergiche e psichedeliche sia uno degli album top di questo 2015.