Interview: Sequoia

Domenica 2 marzo ho avuto l’onore di essere invitato dai Sequoia nella loro sala prove a Cusano Milanino per una bella chiacchierata. Marco Colombo, Mattia Frenna, Muddy Brambilla, Andrea “Gimbo” Giambelli e Matteo “Sere” hanno passato una mezz’ora abbondante a raccontarmi un sacco di cose interessanti sui molteplici aspetti legati alla genesi e allo sviluppo di questa band.

Visto che siamo qua, nella vostra saletta, e mi dicevate che è in condivisione con altre band, allora io volevo chiedervi inizialmente: per me è bellissimo che siano tornati un po’ i gruppi del vostro giro, ci siete voi, ci sono i greatwaterpressure, insomma, il fatto è che ad un certo punto non ho più sentito niente dei Dust, non ho più sentito niente dei Motel, dei Donnie Lybra, dei Red Roosters, e poi adesso state rifacendo nuove cose, rimescolandovi. Per me è una cosa molto bella, quindi se mi volete dire qualcosa, e se mi volete anche dire se siete a conoscenza di altri progetti sempre fatti da tutti voi del giro “Agorà” (il circolo a Cusano Milanino che, da sempre, funge da punto di riferimento per tutte le band di quella zona).

Marco: Attualmente penso che siano in essere questi progetti che coinvolgono le persone che un tempo facevano parte di Motel/Dust, che sono le due band da cui è nato tutto il giro.

Muddy: Dust che sono redivivi, abbiamo intenzione di registrare e pubblicare qualcosa nel 2025!

Marco: Poi, ovviamente, i Sequoia che sono una sorta di crasi tra i Dust e i Motel, in realtà detta così è un po’ semplicistica, ma va bene, e poi c’è il progetto, anch’esso una crasi totale tra i Dust e i Motel a livello di componenti, che è quello di Mattia e del Dadda (Andrea D’Addato, cantante dei Dust), che sono gli Admiral, non so se li hai sentiti.

Ho ascoltato solo un paio di canzoni. A che punto siete voi?

Mattia: Abbiamo otto pezzi registrati, dobbiamo solo decidere cosa farne, se pubblicarli o buttarli via

No dai, speriamo di no.

Marco: Poi ci sono appunto i greatwaterpressure di Gabra (Gabriele Prada, bassista dei Dust e voce dei Donnie Lybra).

Muddy: Un’altra fusione.

Di Gabra con Edo e Jaja dei Red Roosters.

Muddy: Quindi è stata una fusione, io ho tirato dentro Gabra, in quelli che poi erano ex Red Roosters che sono diventati i Devis, e poi sono uscito io come Devis e sono diventati i greatwaterpressure, che fanno quello che fanno molto bene.

Marco: E l’ultima, come si può dire, band nata da queste cose siamo appunto io e Matteo Cantaluppi con i Carver.

Muddy: In aggiunta, Matteo suona in altri due progetti.

Matteo: tutti esterni a questo gruppo di persone che si mischiano.

Muddy: E tra l’altro uno di questi due progetti, Prozio Crocifisso, aprirà il Banco Del Mutuo Soccorso.

Volete dirmi qualcosa dell’ambiente che comunque magari vi ha portato a riprovare a fare delle cose insieme? Oppure, semplicemente, siete sempre comunque stati amici, avete sempre avuto voglia di suonare e non ci sono tanti retropensieri dietro a questa cosa?

Muddy: Guarda, io sono proprio disilluso dalla scena musicale italiana degli ultimi anni. Anche un po’ deluso. Però il fatto è che l’amicizia che ci lega è sempre stata molto forte. Tra una cosa e l’altra nessuno si è mai perso di vista con nessuno, compatibilmente con le vite di persone adulte. E poi siamo sempre rimasti tutti affezionati al fatto di aver fatto parte, di un gruppo di persone che ha condiviso opinioni, palchi, dischi, eccetera. Quindi non è mai morto in realtà per noi. Adesso forse sta ritornando ed è bello.

E poi, al di là dei progetti musicali abbiamo comunque anche dei progetti letterari, perché Marco ha scritto due libri e adesso anche Federico ha pubblicato il suo, Federico de Il Rumore Della Tregua, che organizzava i concerti all’Agorà.

Marco: per Federico è il secondo libro, mentre io ne ho pubblicati tre, oltre ai due romanzi c’è anche un libro di poesie. Poi mi ero dimenticato anche, ovviamente, il progetto solista di Tia, Morning Tea, anche se ora è in stand-by. Però secondo me, se posso integrare la risposta di Muddy, dal mio punto di vista è che noi identifichiamo Dust e Motel come seminali, magari perché a livello temporale arrivano prima e poi sembra che gli altri siano dei progetti che nascono da queste band. Io personalmente la vedo in maniera leggermente diversa, nel senso che a parte i Dust che chiaramente sono resistiti poi nel tempo, però poi tutte le altre deviazioni da questi progetti iniziali in realtà erano un qualcosa più che dei side project, delle cose che magari avevano i componenti delle varie band, avevano proprio dentro e non riuscivano a esprimere magari nella band madre, diciamola così, e poi nel tempo sono venute fuori tante cose, perché ad esempio, Tia che ha uno spiccato magari melodico, armonico, pop, aveva iniziato con Morning Tea, Muddy aveva questa propensione musicale power pop l’ha espressa con i Red Roosters, fino ad arrivare appunto ai Sequoia che era un’idea, non dico di fusione delle varie cose, perché è anche un po’ semplicistico dirla così magari, però quell’idea di fare un cantautorato italiano, che era nelle corde mie e di Tia principalmente, però poi dargli un sound con un respiro più internazionale, più americano, cose per le quali i Dust erano sempre maestri.

Tu che fai parte sia di progetti musicali che extramusicali, pensi che ci sia un’influenza tra tutte queste realtà?

Marco: Assolutamente sì, ma non a livello solo personale, io penso che noi tutti, come gruppo di persone allargato, quindi al di là proprio di Dust e Motel in quanto band appunto madre, cioè come dicevi tu includendo Federico Anelli del Rumore della Tregua o anche Gimbo con il suo stesso lavoro che fa da grafico, ognuno con le proprie caratteristiche, la propria sensibilità nel tempo, volendo o no, si è un pochino influenzato vicendevolmente nelle cose, ha preso qualcosa dagli altri, ha cercato di mettere poi quello che ha imparato anche nelle sue cose, nelle sue attitudini insomma.

Arrivando ai Sequoia, la prima curiosità che ho è proprio come nascono le canzoni, perché chiacchierando una volta, Mattia mi diceva che alla fine la base nasce da voi due in “formazione Motel” (Marco e Mattia erano voce, chitarra e autori delle canzoni dei Motel 20099).

Mattia: In realtà, questo disco è nato prima dei Sequoia, nel senso che tante canzoni, non tutte, ma tante, la maggior parte sono nate prima, quindi ovviamente quando la band si è formata, hanno preso altre vie, altri percorsi, rispetto a come erano state pensate. Aspetto Te, per esempio, non c’entra assolutamente niente rispetto a com’è nata. Infatti, la melodia del ritornello era un inciso di basso dei Motel 20099 che risale a prima che io entrassi nei Motel 20099, cioè vi sto parlando del 2008. E la melodia della voce fa ciò che faceva il basso in quell’inciso, magari non proprio uguale, però l’ispirazione è venuta da quella cosa là. In generale, erano nate delle canzoni, quindi da lì l’idea di dire possiamo poi coinvolgere gli altri per dare una forma diversa a queste canzoni, per sentire un pochino cosa potrebbe venirne fuori, questa per la maggior parte di questo disco. 

Muddy: Principalmente Tia ha la melodia, la mette giù, la passa a Marco, Marco mette su il testo, a volte la linea vocale, a volte la linea vocale lo studiano tra di loro, quando c’è l’embrione vero e proprio della canzone viene passata a noi, viene triturato nella macchina e poi esce quello che esce.

Marco: Poi in realtà lo scheletro, la scintilla iniziale viene magari da Tia perché è quello che ha più sensibilità compositiva, poi in realtà la canzone che senti fatta e finita, e non lo dico per una sorta di propensione alla democrazia, ma veramente è un qualcosa di fatto tutti assieme, quindi in realtà è veramente una cosa molto comune.

Mattia e Muddy: precisiamo che non lo dice per una sorta di propensione alla democrazia, visto che non ne ha!

L’altra cosa che poi mi interessava era il discorso del suono, perché io nella mia recensione ho scritto che oltre l’America ci sembra anche un bel po’ d’Inghilterra in alcune cose, per cui nella mia testa ho pensato, Inghilterra: Motel; America: Dust, ma è così?

Muddy: semplificando molto sì, ma in realtà è una cosa che viene un po’ naturale, nel senso che non è che io e Gimbo ascoltiamo solo roba americana, no? Certo l’impronta che abbiamo dalla nascita è quella, come loro hanno la loro impronta, però, ad esempio, l’impronta inglese dei Motel, nei Sequoia a mio parere viene meno, o meglio, è più un’impronta inglese alla Morning Tea, quella melodia, che a me perciò io sono un fan di quella roba lì, quelle melodie un po’ dimesse nel senso buono del termine, meno irruenti, meno punk e più drammatiche nel senso buono, ottimo del termine. Sì, c’è una componente così come dici tu, ma non così forte. Alla fine c’è una comunione di intenti, di ascolti.

Mattia: Non è che ci parliamo, diciamo facciamo una cosa così o più così, ma in realtà suoniamo, sentiamo, magari poi uno ha un’idea, lui può avere un’idea su una roba che magari tira più da una parte, io magari posso avere un’idea che tira più dall’altra parte, Gimbo anche, e poi dopo si trova un’altra strada, però nessuno dice no, facciamola più di qua o più di là.

Muddy: Personalmente, secondo me, e per me è sempre stato così, conta molto cosa ascolti in quel periodo. Se stai ascoltando una roba molto americana e ti arriva un pezzo nuovo da arrangiare hai nelle orecchie quello, hai in testa quello, quindi è chiaro che ti viene una roba più americana.

Mattia: Adesso, ad esempio, non vogliamo fare cose americane.

Marco: Senza dimenticare appunto c’è la forte radice italiana che ci contraddistingue.

Gimbo: Sì, secondo me la vera contrapposizione non è intestabile ai membri Motel e Dust ed è quella tra una forte componente legata alla tradizione italiana e un’altra, di cui io sono promotore, ma non sono l’unico, che cerca di essere meno italiana. Più che inglese contro americano, è italiano contro anglosassone. 

Poi però immagino che a un certo punto entra in gioco Matteo (Cantaluppi) come produttore. Una volta che voi giustamente vi siete sbattuti, avete triturato la canzone, gli avete dato una forma e poi…

Marco: Lui toglie tutto!

Muddy: Prende una scure e dice basta!

Ve lo dice ancora che non dovete far rotolare la batteria giù dalle scale (lo diceva a Muddy ai tempi dei Dust quando ha prodotto loro un EP)?

Muddy: No, quello sono anni che non me lo dice perché ho smesso di farla rotolare giù dalle scale da un bel po’. 

Marco: Lui ha una conoscenza musicale che è qualcosa di incredibile, ha una capacità di buttarsi nella canzone che è qualcosa di incredibile. Devi riuscire a fidarti di lui.Poi tu puoi avere la tua idea, ma quando ti guarda con il sorrisino un po’ malefico e ti dice, secondo me è meglio così, devi stare zitto e fare quello che dice, perché ha sempre ragione. Ha sempre ragione. C’è poco da fare.

Una domanda per Marco: è vero che tu hai sempre cantato in italiano, però questa per me è la prima volta che tu ti rifai alla canzone italiana. Senti di aver usato la lingua italiana in modo diverso? O alla fine anche quando cantavi con il Motel, o con i Carver, che sono comunque progetti di impronta molto diversa, l’uso della lingua italiana comunque nella tua testa è sempre quello?

Marco: Bella domanda nel senso che cambia magari poi un po’ il progetto. Dal mio punto di vista l’utilizzo della lingua italiana è più difficile in progetti come Motel e Carver rispetto a un progetto come Sequoia, perché in esso la natura stessa della band va a pescare in quel tipo di immaginario cantautorale. Quindi in realtà io mi sono trovato super a mio agio con i testi del Sequoia che poi tra l’altro sono in parte in condivisione con Mattia, anzi, alcuni li ha scritti tutti lui, quindi mi sono trovato anche nella nuova figura di interprete che non avevo mai fatto. E al di là della battuta ti dico che è la dimensione in realtà che ho sempre pensato potesse più essere nelle mie corde e non avevo mai trovato spazio per poterla esprimere e con il Sequoia ho avuto questa possibilità.

L’altra domanda che volevo fare sui testi che però coinvolge tutti è questa. Chi di voi non scrive i testi potrebbe dire “il testo l’ha scritto lui, quello che canta lo canta lui, l’opinione è la sua”. Ma io ho la sensazione, anche per come presentavate le canzoni a Radio Popolare che comunque in realtà siete tutti d’accordo, e i vostri testi non sono proprio “esco di casa e guardo le nuvole sopra il cielo” ma esprimono opinioni, prendono posizione e comunque raccontano cose che non sono proprio semplici o convenzionali e mi sembrava che chi canta questi testi sia l’interprete di quello che pensano tutti quindi ditemi se è così. Le posizioni che prendete in Vlora o anche le cose che raccontate in Codice, siete tutti favorevoli a raccontare quelle storie.

Gimbo: sì, perché ad esempio siamo tutti appassionati di storie forti e le storie non forti non ha senso raccontarle. E in più stanno molto bene, lo dico io che non scrivo i testi hanno tutti una gran coerenza tra di loro secondo me quindi è facile anche per chi non scrive le storie.

Muddy: Per chi non scrive i testi spesso nel mio caso mi risulta anche brutto voler dire qualcosa o pensare a qualcosa riguardo al testo avendo io sempre fatto parte di band con testi in inglese: sì l’inglese l’ho studiato, lo conosco, però soprattutto la musicalità è diversa, non mi sarei mai permesso di dire “no prova a cambiare frase”. In italiano è un po’ più facile perché è la lingua madre, però quando il vestito perfetto per la canzone è il testo che io ho sentito, perché dover andare a dire qualcosa, soprattutto se poi come dici tu e come ha detto Gimbo, sono testi che senti anche tuoi.

Mattia: forse lui si riferisce più ai temi più che ai testi e, se andiamo a vedere, c’è molta introspezione anche nei testi dei Sequoia, nel senso che non è che ci sono soltanto storie, ma c’è anche molta introspezione nei testi, quindi si guarda verso fuori ma anche verso dentro. I testi che magari guardano più verso fuori, all’esterno come Vlora ad esempio raccontano anche lì una storia dal punto di vista di chi l’ha vissuta da spettatore, voglio dire non credo che in una canzone come Vlora in realtà si prenda una posizione, nel senso che è una posizione abbastanza scontata. Io, con tutto il rispetto, se c’è una persona che viene e mi dice no no io sono assolutamente contro, onestamente non abbiamo niente da dirci e non suoneremo neanche insieme.

Muddy: il “no all’immigrato” qui non funziona.

Mattia: La canzone racconta una storia che è qualcosa che abbiamo vissuto da spettatori e sentiamo che è un tema universale, che tra l’altro ricorre anche in altri brani, quello del viaggio, della ricerca di qualcosa di migliore, quindi è solo un’altra sfaccettatura di quello che già viene raccontato in altri modi e venga qualcuno a dirci che non è un tema universale la ricerca di qualcosa di migliore, l’ambizione verso un’America che forse non esiste ma che comunque è il motore delle vite delle persone. Se questo non è un tema trasversale e universale, io non so che cosa può esserlo.

Muddy: Posso aggiungere una piccolissima cosa: aiuta anche a lavorare meglio sul pezzo se il pezzo parla di un tema che tu condividi, sei più dentro anche nell’arrangiamento e anche nella costruzione.

Marco: Su questo argomento, io non sono un grandissimo fan delle spiegazioni delle canzoni, nel senso che poi, una volta che la canzone esce, ognuno ne dà una propria interpretazione, una propria visione, una chiave di lettura personale. Ci sono cose più scontate, altre magari meno, ma detto questo, penso che, se mai accadrà, può anche capitare, che ci saranno magari dei temi o anche, banalmente, delle parole che non incontrano il gusto magari degli altri come facciamo per un passaggio di chitarra o per un piatto messo ad un certo punto della canzone, non vedo perché non parlare e nel caso modificare anche questa cosa.

Io ammetto che in Codice non avevo capito cosa significasse il ritornello, poi a Radio Popolare l’hai spiegato e quindi adesso l’ho capito.

Marco: questo secondo me è un po’ la bellezza, il mistero della musica, il fatto che poi ognuno può interpretare come meglio crede una canzone sperando che gli piaccia.

Per quanto riguarda la collaborazione con Giovanardi, voi avevate subito deciso che la canzone giusta per lui fosse questa, oppure eravate incerti tra alcune canzoni, o magari gli avete fatto scegliere la canzone? 

Muddy: No, sapevamo che era quella, la canzone era proprio quella, gli abbiamo regalato il libro di Alda Merini con una lettera di Marco all’interno proprio per indirizzarlo su La Terra Santa, noi volevamo fosse quella; invece, con Marta Tenaglia per il live a Germi abbiamo detto “scegli tu la canzone” e lei ha scelto Bellamerica.

Mentre venivo qui ho riascoltato tutto il disco e mi ha colpito tantissimo Cattedrale, quindi vi chiedo di dirmi tutto quello che volete su questa canzone.

Marco: Mi ricordo, a grandi linee, che Cattedrale è stato uno dei primissimi pezzi che abbiamo scritto io e Mattia quando ancora non esistevano i Sequoia, aveva un’altra veste se non vado errato, ma poi in realtà è interessante fino a un certo punto. Il testo è quasi totalmente di Mattia, tranne per un paio di strofe, forse, che ho aggiunto io, ho cambiato qualcosa io. Sono d’accordo con te, è uno dei miei preferiti, forse il mio brano preferito della raccolta, anche se è un po’ difficile scegliere, ha un ritornello, secondo me, molto potente, molto efficace, sia a livello di sound musicale sia a livello testuale, mi piace molto, e poi è la canzone, forse, anche dove, vado a memoria, abbiamo cambiato anche più l’arrangiamento in fase di registrazione o pre-produzione con Matteo.

Mattia: sicuramente c’è stato un grosso aggiustamento dalla parte ritmica. Di base quello è anche un pezzo che in realtà nasce da nessuna volontà di essere parte di alcun progetto, nasce prima che ci fosse Morning Tea, quindi prima del 2013, del 2012 insomma di quegli anni là, era una roba che avevo buttato giù così ma non avevo una finalità, poi è rimasta là per un sacco di tempo perché non si trovava la sua veste o anche proprio la collocazione, nel senso del progetto, poi iniziando a provarla al piano ho detto OK. Poi, ricordo che stavamo lavorando su una cover dei Black Heart Procession che volevamo fare, una traduzione in italiano di un loro pezzo che si chiama Drugs e io ho detto, a un certo punto “carino, però è un po’ forzato. A questo punto, ma perché non proviamo a fare quell’altro pezzo al piano che invece è più sensato?” e, ispirandoci a quel pezzo dei Black Heart Procession, abbiamo rivestito nuovamente da zero Cattedrale, che poi sostanzialmente era suonarla al piano, poi dopo insieme a loro invece, nuovamente è stata un po’ ripresa in mano e la ritmica, le parti di chitarra, insomma, anche forse, verso la fine, abbiamo cambiato qualcosa nella struttura, quindi questa cosa qua poi è stata rimaneggiata più e più volte con vestiti diversi, è rimasta là 15 anni come spesso succede finché non trovano la loro via e poi dopo quando trovano la loro via vanno da sole.

Gimbo: È un pezzo lento di fortissima intensità che forse, banalmente, stavamo finendo con bassa intensità e il finale a cannone è un merito di Matteo Cantaluppi. 

Stavo proprio per chiedervelo, a me fa impazzire il fatto che salga così di tono proprio negli ultimi due versi.

Marco: Teo ha cambiato perché finiva dimessa.

Invece il finale così a tutta per me è incredibile. Cambiando argomento, a Radio Popolare vi ho visti in 6, ma quindi adesso comunque siete in 6 o in 5?

Marco: L’idea di base di quando abbiamo portato a bordo Matteo era che noi volevamo una persona che stesse con noi in pianta stabile perché Gabra aveva delle problematiche dal punto di vista lavorativo e quindi poi, al di là della stima o dell’amicizia che ci lega al Gabra, gli abbiamo detto “Matteo è parte assolutamente della band e non si muove, poi qualora tu volessi suonare con noi e registrare, saremmo in 6 anziché in 5” quindi ora siamo in 5 sicuri e per quanto riguarda il sesto componente, dipende.

Muddy: Poi Gabra è molto versatile musicalmente, suona un po’ tutto, quindi può avere diversi modi di inserirsi se riesce. Noi avevamo bisogno di avere un bassista fisso in pianta stabile.

In realtà io vi ho visti anche in 4 senza bassista a Mosso, alla fine era andata bene anche lì mi sembra.

Muddy: però era molto scarico, poi soprattutto per me senza bassista a volte manca proprio una spalla e se trovi una spalla come lui, basta, sei a posto, lui è il link tra me, che non faccio note ovviamente, e loro, lui prende la ritmica, mette le note nella ritmica e collega tutta l’armonia davanti e se c’è feeling, se c’è coesione tra basso e batteria, a mio parere funziona tutto.

Visto che avete detto che le canzoni sono nate prima che esistessero i Sequoia…

Tutti in coro: non tutte! 

Va bene, non tutte. Comunque, adesso ci sono delle canzoni nuove, nate da quando esistete, alle quali state lavorando?

Marco: Sì assolutamente, ce ne sono tante, non ancora prese in mano tutte per poter dire di affrontare un nuovo capitolo di registrazione. Su alcune abbiamo comunque iniziato a lavorare e da Germi ne abbiamo suonata una in anteprima.

Muddy: sono due quelle su cui stiamo già lavorando intensamente, poi ce ne sono altre sei o sette e nei prossimi mesi capiremo che futuro hanno queste canzoni. Poi ci sono altre idee che, per il momento, preferiamo non rendere pubbliche.

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