Interview: My gravity Girls
Un lavoro a puntate o meglio, forse 4 capitoli di un unico, avvincente romanzo. I My Gravity Girls hanno pubblicato due volumi del loro Irrelevant Pieces Tetralogy e, a metà dell’opera, si fermano un attimo a chiacchierare con noi, voltandosi indietro a guardare il lavoro fatto ma con lo sguardo in avanti, sui due volumi mancanti….
Ciao ragazzi, come state? Da dove ci scrivete?
Ciao tutto bene. Sono Mattia, il cantante, e precisamente vi sto scrivendo dal divano di casa mia a Parma.
Siete a metà del cammino, 2 EP su 4. Come ci si sente ad aver percorso metà strada? E’ stata fatta la metà più difficile o quella che più “vi spaventa” è quella che deve ancora arrivare?
Ci si sente agitati, felici, pensierosi ma sicuri del lavoro che abbiamo fatto e di quello che dobbiamo fare. La vostra domanda comunque ha colpito nel segno.
Sicuramente con il primo e il secondo volume abbiamo fatto il passo più difficile per noi come band perchè dopo tutto l’impegno, la passione, i pensieri, le notti insonni e il lavoro, arriva il momento in cui presenti al pubblico per la prima volta la tua musica e li lasci entrare in qualche intima parte di te stesso che pensavi di voler custodire, senza aver la minima idea di quali potrebbero essere le reazioni di chi ascolta una nostra canzone.
Credo che sia un po’ come quando si va via da casa per la prima volta.
Ora, dopo aver fatto il primo passo fuori dalla porta, arrivano i pensieri e le paure legate alla parte conclusiva del viaggio perché dentro di te sai bene che l’arrivo dev’essere bello se non addirittura migliore della partenza.
Quindi come potete vedere siamo abbastanza spaventati dalla parte che deve ancora arrivare e in generale siamo abbastanza turbati e ci facciamo parecchie seghe mentali!
Un disco a puntate, un progetto in 4 parti, gli angoli di un quadrato in cui racchiudere il senso di noi stessi: come potremmo definire questo vostro progetto?
Io lo definirei come una storia d’amore, di perdita, di silenzio e di speranza.
Sarebbe bellissimo poter racchiudere il senso di noi stessi in quattro angoli di un quadrato o in quattro volumi di un disco ma credo sia una cosa quasi impossibile, perché penso che ognuno di noi, nel profondo, abbia innumerevoli sfaccettature che perfino noi stessi non riusciamo a comprendere.
Mi piace però pensare che nella nostra musica ci siano racchiuse alcune di queste parti nascoste, a volte quelle più buie che vorremmo dimenticare perché ci fanno del male e altre volte quelle più chiare e semplici che ci rendono felici e ci aiutano ad andare avanti.
Nelle nostre canzoni puoi sentire il rincorrersi ossessivo di due note incessanti che non ti abbandonano mai, spezzate ed accompagnate da qualche suono lontano e non definito che ti porta immediatamente l’animo in altri luoghi.
Questi, secondo me, sono i momenti in cui di più si notano le molteplici ed incomprensibili sfaccettature.
Per tutti noi la creazione di questo album é stata un po’ come una lotta contro i nostri fantasmi, un percorso per cercare di comprendere le nostre emozioni e superare alcune nostre paure.
Per me é stato anche un percorso di disintossicazione dalle mie emozioni e da me stesso.
Il primo volume è caratterizzato da passaggi in punta di piedi, piccole orme sulla neve che non affondano però. Mentre nel secondo volume vi sono molti più frangenti in cui entra la ritmica in modo più importante e i toni si alzano (penso a ‘Jeremiah‘ ad esempio o a ‘Odd Dream‘, solo per fare due nomi). Com’è cambiato lo stato d’animo? Pare esserci più voglia di cambiare le cose, più che osservarle…
In realtà non c’è stato un vero cambiamento di stato d’animo perché tutte le canzoni hanno un filo conduttore emotivo comune.
Se si ascolta il primo volume e poi subito dopo il secondo ci si accorge di questa continuità.
Il primo sicuramente è più intimo, desolato e ci piaceva l’idea di iniziare questo album in maniera quasi silenziosa e soprattutto volevamo che ogni capitolo di Irrelevant Pieces avesse un tono ben preciso e che fosse anche una strada immaginaria per far comprendere a chi ci ascolta tutti i risvolti della nostra musica.
Nel secondo ci siamo concentrati di più sugli arrangiamenti e sulla coralità del nostro suono ma se lo ascolti bene le canzoni mantengono sempre quella connotazione intima che, penso, ci contraddistingua.
Alcuni frangenti dilatati e più eterei mi riportano alla mente alcune delizie di casa Morr Music. Pensate che, al di là del mio spunto, ci siano delle vere e proprie influenze musicali importanti nel vostro sound?
Sicuramente ci sono tanti musicisti che ci hanno influenzato e alcuni di quelli sono proprio di casa Morr Music ad esempio The Notwist, Electric President per citarne solo un paio.
Prima di ogni cosa noi siamo grandi appassionati e ascoltatori di musica di vario genere e considera che nel gruppo siamo in sei e tutti ascoltiamo e amiamo musica diversa per questo ci piace sempre sperimentare e anche mischiare vari generi senza porci nessun limite.
Nel secondo volume ad esempio convivono canzoni che hanno una spiccata vena folk, altre che hanno dei beat più continui che strizzano l’occhio ad un certo tipo di dance e altre che passano dal l’elettronica per arrivare a parti strumentali più dilatate che possono ricordare alcune sonorità post rock.
Nei quattro anni di lavoro che ci hanno portato alla creazione del disco ci siamo proprio concentrati sul cercare di creare un’identità sonora nostra che ci contraddistinguesse per poter essere liberi di sperimentare, mischiare e amare quello che facciamo.
Adoro l’iconografia scelta per gli EP, questo bianco un po’ sporcato con l’immagine sfuocata e in acquerello al centro: penso sia proprio perfetta per il vostro sound. Com’è nato questo spunto visivo?
Volevamo rappresentare il senso di vuoto che ti lasciano alcune cose o momenti della vita che però rimango incise come un graffio o una macchia proprio come quegli acquerelli quasi indefiniti che compongono le due copertine.
Credo che anche le canzoni che compongono i due volumi esprimano questa sensazione in alcuni punti e mi fa piacere che si colga anche dalla copertina, anche perchè io sono uno che ancora compra alcuni dischi dalla copertina senza ascoltarli.
Certo che a Parma ci dev’essere qualcosa nell’acqua che forma “menti musicali” mica da scherzo, tra voi e i favolosi Winter Dies In June io penso che siamo su livelli davvero alti.
Più che altro forse c’è qualcosa in quello che mangiamo visto che qui si mangia decisamente bene, poi in generale noi di acqua né beviamo poca preferiamo il vino e la birra da queste parti e sappiamo bene che anche gli Winter sono fatti della nostra stessa pasta.
A parte gli scherzi, gli Winter li conosciamo bene e li stimiamo come musicisti e sicuramente per alcune cose siamo abbastanza affini come tipologia di gruppo e a livello musicale.
Grazie ancora ragazzi per la gentilezza. Prossime tappe del viaggio?
Grazie a voi!
Prossime tappe saranno un tour che inizierà l’anno prossimo e la conclusione della tetralogia con gli ultimi due volumi, il terzo dovrebbe uscire fra aprile e maggio dell’anno prossimo.
Grazie ancora di tutto. Un saluto dai My Gravity Girls.



