Interview: Mashrooms
Attivi da più di quindici anni i siciliani Mashorooms, definiti(si) una rock orchestra, uniscono i suoni del legno (violino/violoncello) alle chitarre elettriche. Abbiamo parlato con Stefano (voce, chitarra e violoncello) di post-rock, attitudini, posti e ovviamente del nuovo album Balena che stanno portando in tour anche al di fuori del nostro Paese.
IR: Prima domanda d’obbligo: la vita del gruppo inizia nel 1999 come è cambiato lo scenario italiano musicale?
MR: È cambiato. Quando abbiamo iniziato noi, riuscivamo ad avere gruppi di riferimento che rientravano nella scena musicale italiana. Band che a loro volta erano influenzate dai movimenti musicali della scena indie internazionale e che a quella puntavano. Parlo di One Dimensional Man, Uzeda, ZU, Giardini di Miro, Three Second Kiss, Marlene Kuntz. A questo si aggiungeva la particolare e eccezionale condizione della scena musicale di Catania. C’era una voglia di far musica e una voglia di viaggiare per e grazie alla musica che portava le band locali ad una ricerca del suono più consapevole e che strizzava l’occhio alle grandi band underground internazionali del momento. Parlo di White Tornado, Uzeda, Plank, Twig Infection, 100% e molti altri.
Adesso non abbiamo punti di riferimento solidi che vengono dalla scena italiana, anche perchè le band di adesso si inspirano ad altre band nostrane e quindi non c’è una vera e propria evoluzione musicale. Si punta a fare successo all’interno dei confini nazionali e quando si arriva a quello, li ci si ferma. Sono rimaste in poche, le band che non restano a guardarsi tra di loro, C’mon Tigre e Suzanne Silver per esempio, sono tra le poche eccezioni.
IR: Nonostante siate molto eclettici (violino, violoncello) vi si pone spesso all’interno del post-rock, genere molto di nicchia ma che ha dato vita a ottime realtà: Staerica, i recenti Arirang, A Fuzz orchestra fino ai vostri conterranei Veivecura o a festival come il Burn The Witch. Vi sentite parte di un certo giro di gruppi italiani o ognuno segue la sua strada?
MR: Non proprio, non conosciamo nemmeno quei gruppi (a parte la fuzz orchestra). Post rock, per noi vuol dire tutto e niente (per me i Beatles sono il gruppo più post rock della storia). Non ci siamo mai sentiti inseriti all’interno di una scena, per lo piú di nicchia. C’è grande rispetto verso la musica fatta da altre band nostrane, ma penso che ognuno vada per se, Almeno per quanto ci riguarda.
IR: Ho appena intervistato i Sacri Cuori, gruppo strumentale(da poco con una cantante) romagnolo e tra l’altro mi hanno detto: “Scrivere un buon brano pop di tre minuti è una cosa enormemente più difficile che fare pezzi post rock dilatati di quindici minuti. Scrivere una melodia che dica quello che deve dire in due minuti e poco più è un grande esercizio di sintesi e di messa a fuoco.” Sei d’accordo?
MR: Conosco i Sacri Cuori, ottima band. Si e no, d’accordissimo sul fatto che scrivere un buon brano pop sia estremamente difficile, e infatti non ne sento uno ben fatto in Italia dai tempi di Battisti. Per quanto riguarda i pezzi dilatati di 15 min, non saprei come funziona a livello di composizione. Penso siano un po’ noiosi, forse gli unici che ci riescono sono i Godspeed You! Black Emperor, ma non sono sicuro.
IR: Balena lo avete registrato a Berlino, che rapporto avete con questa città? E’ così importante il luogo in cui si registra?
MR: Tre di noi vivono e lavorano a Berlino ormai da un po’. La capitale tedesca è il nostro quartier generale al momento. La registrazione è stata fatta a Berlino per questioni logistiche e di comodità, non per altro. Rimane il fatto che Berlino sia una delle città più attive in Europa per numero di concerti. L’importanza di andare a vedere una band live è sempre centrale ed è sempre una grandissima fonte d’ispirazione. Ogni performance è una lezione dove s’impara e da una città come Berlino si può imparare molto.
IR: I pezzi in quanto tempo li avete completati? Quale è stato il più difficoltoso?
MR: Il problema di fondo è che viviamo in città diverse e che non componiamo nulla fino a quando non siamo tutti insieme in sala prove. Da lì e dal quel momento nasce tutto. Non perdiamo tanto tempo nel comporre i brani. Perdiamo tempo a incontrarci per comporre . Non mi ricordo uno in particolare più difficoltoso, ma sicuramente i pezzi con violino e violoncello sono una bella sfida. Sono strumenti che devono in qualche modo andare d’accordo con la ‘ferocia’ della sezione ritmica a cui diamo comunque un valore centrale in ogni pezzo.
IR: Suonate, come le band sopracitate, molto all’estero. Lì trovate più attenzione che in Italia?
MR: No, non è una questione di attenzione. All’estero al contrario sono più abituati a trovarsi di fronte una band che abbia delle sonorità più personali e ricercate. Quindi magari l’attenzione scende perché l’offerta è tanta. La soddisfazione arriva quando riusciamo ad essere riconosciuti come band che fa musica propria a prescindere dalla provenienza geografica o dall’etichetta di genere. Per noi è più una sfida cercare di dirottare l’attenzione verso Mashrooms in un sistema, quello estero che offre agli appassionati di musica live molta più scelta.
Quando suoniamo in Italia, la risposta del pubblico è diversa, rientra più nello stupore e nella sorpresa, ancora ora dopo 16 anni….!
IR: Avete usato il crowdfunding per poter pubblicare l’album. Lo ritenete un mezzo valido per riuscire a rimanere completamente padroni della propria arte? Barbara Cavaleri, una delle prime in Italia ad usarlo, mi ha rivelato che la campagna di raccolta è come un lavoro ed è molto faticosa. Per voi è stato semplice?
MR: La questione non è relativa alla proprietà della musica. Il crowdfunding per noi è stato semplicemente un modo diverso per finanziare il disco e contemporaneamente fare promozione della band senza dover ricorrere a nessun ufficio stampa. Sicuramente è stato un lungo lavoro durato circa 6 mesi, abbiamo raggiunto un grande obiettivo e oggi che siamo in tour è un piacere incontrare le persone che ci hanno supportato comprando il nostro nuovo disco a scatola chiusa.
IR: Sul palco riuscite a portare i brani come li avete registrati o vi permettete delle divagazioni sul tema ?
MR: Dal vivo suoniamo i pezzi come li abbiamo composti e registrati. Soprattutto quelli nuovi. Le variazioni capitano più spesso sui pezzi più vecchi.
IR: La Sicilia è ricchissima di tradizioni musicali, quanto riuscite ad inserirne nei vostri brani?
MR: Probabilmente tanto, ma non è un percorso cosciente. È chiaro che siamo naturalmente influenzati dal luogo in cui siamo cresciuti, ma non sapremmo indicare nello specifico da cosa.
IR: Che gruppi avete come riferimento e ascoltate ultimamente?
MR: Attualmente Bill Callahan, Tortoise, Josh T Pearson, Jaga Jazzist, Calexico, Shellac, Antony and the Johnson’s, Rachel Grimes, Deerhoof, Dirty Three, Can, Nick Cave, Teho Teardo, Blixa Bargeld