Concepire la musica come un film. L’intervista ai CARVER

Il 15 dicembre 2023 è uscito “T.R.I.P.”, l’ultimo album dei Carver, un vero e proprio viaggio psichedelico e cinematografico che da queste parti abbiamo apprezzato parecchio. Siamo riusciti ad intercettare l’enigmatico duo per fargli qualche domanda scomoda.

Ciao Carver, il vostro ultimo disco è la perfetta soundtrack di un viaggione pazzesco. Avete mai pensato di lavorare alla colonna sonora di un film?

Tutti i lavori dei Carver sono concepiti come fossero dei veri e propri film. Ci confrontiamo rispetto le nostre suggestioni del momento e cerchiamo di costruire un concept attraverso un racconto narrativo e sonoro che funzioni anche in chiave visiva e cinematografica. Per questo album abbiamo anche collaborato con Federico Russo, un bravissimo artista visual che lavorando con l’intelligenza artificiale ha prodotto il video che si snoda per tutta la durata del disco e che è assolutamente parte integrante di tutto il progetto T.R.I.P. Tornando alla domanda iniziale, si, ci piacerebbe confrontarci con una vera e propria soundtrack cosa che Matteo, in solitaria, ha già fatto per diversi film, libri e documentari. Come Carver servirebbe un bel film controverso e disturbante, sarebbe molto bello.

Quali sono le vostre principali ispirazioni musicali? È vero che il progetto Carver è particolarmente multiforme – questo nuovo album ne è la prova – ma da queste parti ci sembra possiate apprezzare il mondo estetico di Angelo Badalamenti. Non per tornare ancora sul fatto che la vostra musica è molto cinematografica, però…

Sicuramente Angelo Badalamenti è uno dei punti fermi delle nostre ispirazioni musicali che sono tantissime e molto diverse fra loro. Per T.R.I.P. l’idea di base era trattare la psichedelia in diverse sfaccettature, dalle atmosfere pinkfloydiane alla techno passando per jungle, ambient ed acid house. Un punto di riferimento importante sia musicale che concettuale sono stati i KLF. La band inglese e il libro “Complotto!”  che tratta la loro epopea in senso filosofico ed esoterico sono stati determinanti nell’approccio e nella stesura dell’album.

Siete membri del Grande Oriente d’Italia?

Eh eh eh…ci piacerebbe mantenere il riservo. Scherzi a parte, l’idea della loggia massonica era un’idea che ci era venuta molti anni fa, quando i nostri primi singoli ed Ep, poi confluiti nella “Raccolta definitiva dei Carver”, trattavano tematiche inerenti alla prima repubblica e alle trame più oscure che riguardavamo il nostro paese. Diciamo che da qualche anno siamo entrati nella fase due dei Carver, dove quell’immaginario è stato un po’ accantonato. Ci piace però ancora ogni tanto presentarci come la Loggia Carver e vedere l’effetto che fa.

Ascoltando “T.R.I.P.” si nota come i riferimenti culturali siano così dettagliati e le immagini raccontate così vivide che non ci si può non domandare: c’è stato realmente un viaggio che vi ha portato da Berlino all’Asia Meridionale a cavallo tra i ’90 e i 2000?

I viaggi sono un’altra componente fondamentale sia del nostro immaginario che delle nostre vite. T.R.I.P. nasce appunto da un viaggio fatto in Nepal e Tibet dove avevo raccolto tantissime registrazioni ambientali e vocali, che poi abbiamo utilizzato nell’album. Berlino invece è la città dove Matteo ha abitato per diversi anni e la cui eco continua a suggestionarlo. Quindi si, c’è molto di noi e delle nostre esperienze, poi ovviamente filtrate da un’idea narrativa e sonora che rendesse organico il lavoro. La letteratura beat, William Burroughs, le droghe e i famosi hippy trail ci sembravano degli ottimi espedienti su cui costruire la trama del disco.

Col primo LP avete affrontato le nevrosi urbane e la crudezza della malavita milanese in salsa pulp, mentre in “T.R.I.P.” avete trattato tematiche care alla beat generation, passando per il Bardo Tödröl Chenmo e le visioni psichedeliche da “turn off your mind, relax and float downstream”. In quale universo letterario ci porterà il prossimo disco dei Carver? 

Bella domanda, stiamo riflettendo su un progetto molto ambizioso ma per ora assolutamente top secret.

Artwork: Federico Russo

BIO
Carver
 è l’occhio onniveggente su un mondo cinematico, in un rimpiattino di rimandi, campionamenti, strumenti, voce narrante e pesanti silenzi.
Dopo il sinistro e monolitico “L’altra faccia della luna” (Tataki Records) del 2021, acclamato unanimemente dalla critica, i Carver tornano nel dicembre 2023 con “T.R.I.P.” un nuovo lavoro altrettanto cinematografico ma dalle tinte cangianti e psichedeliche a rifuggire le terribili nevrosi urbane del disco precedente e a lasciarsi andare al flusso trasognante di un mantra eterno e circolare.

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Fonte: Costello’s Agency

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