Interview: Maria Antonietta

Incontro Letizia (aka Maria Antonietta) nel camerino dietro al palco del Magnolia. La stanza è affollata dagli strumenti della band arrivata in fretta e furia da Pesaro senza aver tempo di provare. Ci accomodiamo tra amplificatori e chitarre in una situazione ‘scomoda’ che porterà ad una delle interviste più piacevoli e sorprendenti che mi è capitato di fare finora.

Indie-Roccia.it: ti ho vista al ‘MiAmi Ancora’ in una situazione che non avevi previsto.

Maria Antonietta: sì, la band, causa la neve, non era potuta arrivare a Milano, così ho dovuto improvvisare un set acustico. Sembra sia piaciuto lo stesso ed è stato divertente, certo in un contesto così avrei preferito suonare con la band.

Leggi molto? Hai dei riferimenti precisi?

Sono sempre stata una grande lettrice, la letteratura russa è la mia favorita: Dostoyevsky, il mio preferito, poi Puškin, Checov, Bulgakov, se devo citare un riferimento letterario è quello.

Gli Young Wrists, Marie Antoinette e Maria Antonietta, a parte te cosa hanno in comune?

Il gruppo degli Young Wristssi è definitivamente sciolto (dal Novembre 2011, ndi) , qualche mese fa. Presi la decisione io. Mi piaceva far parte di quel gruppo ma c’era sempre un margine di compromesso da affrontare artisticamente. I pezzi li scrivevamo in due, i testi e le linee vocali erano le mie mentre la musica e gli arrangiamenti erano decisi in collaborazione. Da un lato è bello perché c’è uno scambio e si imparano molte cose che non fai di solito, ma non hai il controllo su quello che è il risultato finale, non al 100%. Dopo un po’ mi ha snervato, nel senso che mi sentivo di scendere a troppi compromessi anche su cose che potevano essere trascurabili che però, causa anche dei nostri caratteri molto forti, alla fine sono diventati troppo pesanti da superare. Il mio desiderio di avere il controllo completo su quello che facevo mi ha fatto prendere quella la decisione. Maria Antonietta è il proseguimento naturale di quello che era Marie Antoinette. E’ stato diverso perché facevo cose diverse, ero giovanissima, quelle canzoni in inglese le ho scritte a 17/18 anni solo chitarra e voce in camera mia. E’ venuto spontaneo cercare di produrre quella cosa in quel modo. Poi, grazie anche all’esperienza con gli Young Wrists, in cui si suonava in elettrico e soprattutto con un gruppo, con Maria Antonietta mi è venuta voglia di continuare proponendo in maniera autonoma le cose che avevo imparato con gli Young Wrists. La scelta poi di scrivere in italiano è stato lo step decisivo per distaccarmi da quello che facevo prima.

Non hai mai pensato di riproporre i pezzi in inglese, in italiano, in una nuova veste?

No, andare a riadattare un pezzo che nasce in inglese è una cosa che non sento di voler fare.

Scrivere in inglese ha richiesto più sforzi che in italiano?

Mi è venuto naturale farlo sia in inglese che in italiano. Nel primo caso era un momento in cui ascoltavo quasi totalmente musica in inglese, quindi non è stato difficile, ti lasci trascinare e in quel momento ‘suonava’ bene così. Alla fine se ascolti quello dalla mattina alla sera è quello che ti viene naturale proporre. Adesso mi viene naturale scrivere in italiano e sono molto contenta di aver fatto questa scelta.

Tra i tuoi brani che hai scritto in inglese mi aveva colpito ‘SylviaPlath’, io conoscevo una canzone dallo stesso titolo di Ryan Adams (da ‘Gold’ del 2001) anche lui affascinato dalla tragica poetessa.

La canzone di Ryan Adams non la conoscevo(ride perché le avevo segnalato il brano qualche giono prima, ndi). ‘SylviaPlath’ ha scritto delle poesie che non possono lasciare indifferenti già la biografia è un’opera l’arte (ride, ndi)

Hai delle cantanti italiane a cui fai riferimento?

Sicuramente Nada, lei è una eroina, ha classe. Poi Carmen Consoli l’ho ascoltata parecchio, soprattutto negli anni del liceo. Ma un’eroina o cantante a cui penso come modello italiana non ce l’ho. Amo molte le cantautrici americane, della nostra canzone non ne so molto e questa forse è una mia carenza, da adolescente ascoltavo solo cantanti stranieri. Rimedierò! (ride, ndi)

Suonare da sola o con la band: dove sei più a tuo agio?

Ho suonato molto da sola portando in giro il CD come Marie Antoinette , ero io e la mia chitarra, forse è per quello che mi sono saturata e ho voluto una band (ride, ndi). Certo mi piace molto, hai ovviamente il pieno controllo della situazione, ma anche psicologicamente è un po’ pesante, se una sera non sei al massimo o non hai voglia non hai niente che ti ripari. Con la band sei più leggera. Conta molto anche la mia radice più profonda che è nel punk, certo lo si può essere anche chitarra e voce, però con la band anche dal punto di vista dello spettacolo e di come ti senti tu lì sopra, aiuta. Girare con altre persone è anche più divertente e dai: non ho mai avuto una mia band e ora me ne vanto molto (ride, ndi).

Hai detto più volte che i testi di ‘Maria Antonietta’ parlano tutti di te, mettere tutte le sere tutta te stessa davanti a tutti è un aiuto a superare certe situazioni?

All’inizio non è stato molto facile, soprattutto non avendo le barriere linguistiche di Marie Antoinette, ma l’aver scritto questo disco è stato importante, a parte l’aver registrato delle canzoni, mi ha aiutato a svoltare. Comunque cantarle tutte le sere, anche se ormai parlano di cose superate e relativamente lontane, mi fa sentire comunque bene. Riesco a vedere tutto con più distacco e mi rafforzo un po’ di più. Alla fine è positivo, anche se alle volte ti trovi un pubblico non molto ben disposto, fai più fatica, ti rendi conto di mettere in gioco una cosa importante per te. Molte volte viene mistificato il significato e non è facile ma alla fine è stata una mia scelta e tra le due sensazioni vince quella positiva.

Il modo di porti sul palco e di cantare l’hai studiato o è naturale?

Mi è venuto quello. Nessuno mi ha indirizzato e non ho mai studiato né canto né musica, sono completamente autodidatta, anche con la chitarra e penso si veda (ride, ndi). Anche nelle dinamiche che uso, tutto mi è venuto naturale e spontaneo.

L’incontro con Dario (Brunori,ndi) ti ha aiutato in qualche scelta?

Sicuramente mentre registravamo il disco mi ha dato molti suggerimenti a livello di strutture, delle limature da fare. Lui appartiene ad un mondo diverso dal mio, della tradizione della canzone cantautoriale che io ho frequentato poco. Ho imparato molto, soprattutto la disciplina (ride, ndi), per quanto Dario sia molto ironico e sdrammatizzi sempre è una persona estremamente seria e mi ha messo molta disciplina (ride, ndi) che mi serviva!

Sai che scrive musiche per i cartoni animati?

Sì sì (ride, ndi), me le faceva sentire, sono bellissime .

Il tatuaggio sulla spalla chi rappresenta?

È Giovanna d’Arco. La mia eroina, la mia protettrice, è un riferimento importante. Ogni volta che ho un problema nella vita e succede spesso anche quando sei felice e sereno, mi avvilisco o tendo a diventare un po’ debole, la guardo, lei è lì, e penso a quello che ha fatto nella sua vita, e mi dico: se le è riuscita a vincere la guerra dei cent’anni contro tutto e tutti, senza sapere niente di specifico, in un contesto folle, posso io non riuscire a fare questa stupidata? (ride, ndi) e quindi mi faccio forza con il suo aiuto.

Invece la scelta del nome Maria Antonietta? Anche lei una figura particolare, molto mistificata vero?

Sì è uno dei più grandi esempi di mistificazione. Sul personaggio sono state scritte pagine e pagine di infamie e il personaggio storico è stato molto mistificato. Era una regina straniera in Francia, era austriaca ed era considerata una nemica, pur essendo la regina. Era una sfida stare su quel trono.

Che gruppi italiani ascolti?

Adesso sto ascoltando dei gruppi delle mie parti: i Dadomatto, bravissimi, è uscito il loro disco l’anno scorso, i Chewingum, anche loro di Senigallia, usciranno a Febbraio e poi i Versailles, un duo ‘storico’, tutti e tre da ascoltare con attenzione (ride, ndi).

Di gruppi stranieri?

Al momento non sto ascoltando molto. Difficilmente mi appassiono a qualcosa ma quando mi appassiono ad un gruppo divento fuori controllo. Ad esempio l’ultima mia passione enorme sono stati i Parenthetical Girls. Ne ho seguito tutto il tour italiano, ero impazzita, non ne potevano più, mi vedevano a tutti i concerti. Mi ero proprio appassionata ed è distantissimo da quello che faccio io o dai miei ascolti passati. Quello che amo di loro è la scrittura, i testi sono eccezionali. Quando mi imbatto in quei modi di scrivere non resisto. Io guardo sempre il testo, è un mio pallino. Lui ha un approccio sulla scrittura che mi ha fatto impazzire per Zac Pennington (ride, ndi) .

Cosa consiglieresti a chi vuole diventare cantante?

E’ una lotta dura, l’essenziale sta nella volontà. Volontà è un termine impegnativo, significa dedicarsi solo a quello che vuoi fare, nella mente e in ogni cosa, deve essere la tua vocazione. Se veramente la volontà c’è in qualche modo il percorso lo fai, poi non è detto che si riesca ugualmente. Una volta che hai la volontà hai tutto quello che ti serve.

So che sei laureata.

Sì, in beni culturali. Ho fatto una tesi sulla storia delle copertine dei dischi. Veramente divertente (ride, ndi).

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