Interview: In.versione Clotinsky
Le In.versione Clotinsky sono un delizioso duo indie-pop / lo-fi tutto al femminile proveniente dalla Romagna: dopo essere nato come il progetto della cantante e chitarrista, si è trasformato in una band vera e propria con l’aggiunta della batterista Valeria Lazzarini. A marzo è arrivato il loro quarto album, Frisbee, completamente autoprodotto, e ora le ragazze sono in costante tour per l’Italia. Noi le abbiamo contattate via e-mail per parlare del nuovo disco, delle loro origini e delle loro influenze. Ecco cosa ci hanno raccontato:
Ciao, benvenute sulle pagine di indie-roccia.it e grazie per la vostra disponibilità. Per prima cosa ci potete raccontare come, quando e dove avete iniziato a suonare insieme? È vero che vi siete incontrate all’Hana-Bi di Marina Di Ravenna?
Valeria Lazzarini (batteria): Ciao! Beh, ma grazie a voi per l’attenzione. Sì, è esattamente cosi, vero, ci siamo incontrate all’Hana-Bi. Era l’estate del 2009, io come ogni week-end presenziavo ai concerti, la Vale invece lavorava lì. La prima volta che la vidi era su un monociclo con una tromba! Poi nelle successive occasioni vagava sempre a piedi nudi, con una fedelissima busta della spesa in mano…ammetto che il contenuto ancora oggi mi è oscuro! Ci siamo conosciute facendo la fila per il bagno. A fine stagione lavorativa, timidamente mi fece ascoltare alcune canzoni e io ricordo rimasi colpita dalla grazia e dal pudore con cui cantava. Decise quindi di raccogliere a nome In.versione Clotinsky quei brani, in un disco (Casualità, Causalità) di cui ho curato l’artwork; lei per riconoscenza mi regalò un violino (rimarrà da sempre e per sempre il mio sogno proibito poterlo suonare un giorno). Negli anni a seguire mi chiese poi di divertirci assieme con la musica e così, eccoci qua!
Posso chiedervi da dove deriva il vostro nome e se c’è un motivo che vi ha fatto decidere di chiamare così la vostra band?
Valeria Babini (voce, chitarra, synth): Clotinsky è nella mia testa. È un qualcosa che non conosco eppure mi è così familiare. È un percorso, un tendere verso, con tutti gli ostacoli e i cambi di rotta. Il puntino di In.versione ne diventa parte e senso. So di sicuro che Clotinsky vuole essere leggero nella pesantezza e Frisbee prova a tradurre questo stato.
Devo ammettere di aver scoperto solo recentemente che prima di Taxi (2016) avete pubblicato altri due album, Casualità Causalità (2011) e Il Capo Granchio (2013): ci potete raccontare qualcosa sui vostri primi due lavori?
V.B.: Sì, che ti racconto. In.versione Clotinsky nasce come mio progetto nel 2011. Tornando a casa dopo 3 anni vissuti in camper a Bologna, per studio e in totale libertà, ho avuto esigenza di dar sfogo e al contempo ordine a un periodo di cambiamenti. Ho sentito una naturale necessità di fissare, come si fa in un diario segreto, il mio caos interiore, e spontaneamente mi è venuto di farlo con la chitarra. Nasce cosi “Casualità, Causalità”, il mio primo disco, 11 tracce di cui alcune in italiano, dai contenuti intimi e cupi. È successo per caso, o a causa di (ci sto ancora ragionando).
In seguito, con l’arrivo della Valli alla tastiera e successivamente alla batteria, la scrittura si è trasformata da intimo triste sfogo a piacere, divertimento e condivisione attraverso la musica. È con “Il CapoGranchio”, infatti, che le tematiche grigie hanno assunto tinte più colorate e fresche.
Parliamo del nuovo album, “Frisbee”, uscito da poche settimane: intanto vogliamo sottolineare che è autoprodotto. Quanta è stata la fatica per registrare e preparare questo nuovo lavoro?
Sì, era il 6 marzo quando è uscito Frisbee, il nostro quarto disco autoprodotto. Ogni volta che andiamo in studio è un’esperienza totalizzante che ci riempie proprio; veniamo assorbite in un mondo parallelo che ci gratifica e ci arricchisce. Questo nuovo lavoro è uscito di getto, in totale sintonia e ci è venuto spontaneo cosi. Ci piace sempre che ci sia fedeltà rispetto a quello siamo e che presentiamo nei live. Diciamo che non è vera e propria fatica, ma dedizione, entusiasmo e perdizione.
Chi si è occupato dell’artwork? E’ sempre qualcosa fatto da voi o vi siete fatte aiutare da qualcuno di esterno?
V.B.: Ci occupiamo entrambe dell’artwork; la Valli è la mente ed io il braccio. La stessa cosa accade anche per i video musicali.
Mi permetto di farvi i complimenti per il disco. Già dal primo ascolto si sente un suono più minimale e pulito rispetto a Taxi, secondo la mia opinione. In particolare il drumming della Valli ha raggiunto una bellissima delicatezza diversa rispetto al passato. E’ qualcosa che avete deciso di fare intenzionalmente o è semplicemente successo in maniera naturale?
V.B.: intanto grazie…sai non saprei se parlare di suono più minimale, sicuramente viene tutto in maniera naturale. Quello che ti posso dire è che la Valli ha da sempre un modo di suonare suo, unico, libero, non usa un fraseggio canonico e non tiene diciamo un ritmo fine a sé stesso; è un po’ come se “mi desse la voce”, se enfatizzasse le mie parole, o dall’altra parte ne aggiungesse significato; è coinvolta col corpo intero, è un po’ come se danzasse suonando; è un processo spontaneo il suo approccio alle canzoni e non saprei se definirlo più minimale o pulito adesso rispetto al passato.
Uno dei vostri singoli che hanno anticipato l’uscita, Realità, è cantato in italiano: è la prima volta che scrivete qualcosa nella nostra lingua madre? Ci potete dire di chi è la voce dello spoken-word in italiano e francese, che si sente alla fine del brano?
No, non è l’unico brano, anche nei primi due dischi c’è qualche canzone in italiano. Con Realità volevamo omaggiare l’aspetto romantico della pronuncia imperfetta di Olivia, la nostra amica francese, della parola realtà. Quanto è più poetico dire realità invece che realtà!…beh noi ci siamo rimaste talmente sotto che è diventato assolutamente normale aggiungere quella “i” di troppo. La voce a fine brano appunto è la sua.
Come funziona il processo creativo all’interno della vostra band? E’ qualcosa di collaborativo oppure c’è una persona in particolare che scrive testi e musica? Che cosa arriva prima di solito, musica o testi?
V.B.: spesso mentre guido mi capita di canticchiare mentalmente melodie che registro con un vocale. Poi arrivata a casa prendo la chitarra e le sviluppo; quindi le propongo alla Valli e lei spontaneamente suona quello ci sente. Le parole arrivano nella maggior parte dei casi in seguito. È un processo molto naturale e ognuna delle due ha la propria direzione, un po’ come le onde, che si inseguono, si rincorrono.
Parlando dei testi di Frisbee, quali sono gli argomenti di cui trattate nelle vostre canzoni? Da cosa vi siete fatte ispirare, mentre le scrivevate?
Sono fotogrammi di momenti di vita e sicuramente vanno di pari passo con quello che sentiamo, che vediamo, che viviamo. Seppur negli anni sia cambiato il nostro modo di essere e interpretare, le canzoni rimangono comunque un nostro diario sonoro, in continua evoluzione. Sono un po’ come appunti, riflessioni, sull’amore, sugli incontri, sulla vita eterna, sulle cose piccole piccole, ma piene piene, sugli extra terrestri, sulle spezie, sulla vita in mare, sul mare come confine, la pancia del mare che tutto insonorizza…
Riguardo alle vostre influenze musicali, sia per il nuovo album che, più in generale, nella vostra carriera, quali sono state le più importanti, secondo voi?
Seppur veniamo associate ad alcune band influenti del passato, questo è totalmente inconsapevole dalla nostra volontà, non c’è infatti alcuna ricerca in questo. Il nostro background musicale ha un epicentro che non è in comune, e non è univoco. Per la creazione a volte mi perdo sulla musicalità, per esempio, di un singolo accordo; ci sono accordi che mi fanno stare semplicemente bene e da lì partiamo.
Ho visto che, quantomeno da quando vi seguo (circa due anni), siete spessissimo in giro a suonare. Possiamo quasi dire che non siete mai ferme. Quanto siete state ispirate dal continuo movimento per suonare e comunque dall’incontrare persone e luoghi nuovi quasi tutti i giorni?
Sì, in effetti dal 2016 abbiamo iniziato a girare parecchio su questo Taxi, e anche ora che abbiamo lanciato il Frisbee ci sentiamo in continuo moto rotatorio nell’aria. Sicuramente le persone che incontriamo durante il tour sono uno degli aspetti più stimolanti, il feedback che riceviamo durante il live è un qualcosa che ti rigenera e ti permette di creare quel circolo vizioso che ti carica di energia. Siamo affascinate da quello che ci circonda e la curiosità ne è un cardine.
Qui da noi in Emilia-Romagna ci sono ancora (per fortuna!) tantissimi locali medio-piccoli dove poter suonare e gustare ottima musica e, in un certo senso, ciò puo’ essere uno stimolo a formare una band. Siete state ispirate in qualche modo dalla scena musicale emiliano-romagnola e dalle sue venue?
Sì, nonostante nelle nostre zone fortunatamente esistano tanti locali che propongono musica, In.versione Clotinsky non è nato come progetto finalizzato alla divulgazione della musica, ma come urgenza per ovviare all’implosione dei pensieri; per questo motivo infatti i primi dischi non sono in rete e sono di difficile reperibilità…
Avete qualche nuova band o musicista interessante da suggerire ai nostri lettori?
Le Yo Sunglasses! Band emergente di cui si vocifera già parecchio…ma è ancora un segreto!
Un’ultima domanda: per favore potete scegliere una vostra canzone, vecchia o nuova, da utilizzare come colonna sonora per questa nostra intervista?
V.B.: My Summer Of Dishes, è la prima del disco!
V.L.: io direi Okinawa, è l’ultima del disco!
Insieme: passando per tutte le altre ehhhh 🙂