Interview: Dario Torre (Stella Diana)
永遠, eien è l’ep di Dario Torre – voce e chitarra degli Stella Diana – uscito lo scorso febbraio. Una uscita imprevista, di cui non si sapeva assolutamente nulla (se non contiamo il singolo – Nothing of what I see comes close to me – uscito pochi giorni prima). L’ep ci è piaciuto tanto e, incuriositi da questo nuovo progetto, abbiamo contattato Dario per saperne di più.
Parliamo del tuo ep, uscito lo scorso febbraio. Che sorpresa! Chi se lo aspettava? Tu te l’avresti mai detto? Stavi meditando da tempo “una pausa di riflessione” dagli Stella Diana?
Innanzitutto, prima di rispondere, ti ringrazio per il tempo e lo spazio concessomi e… Allora, si capisco la sorpesa perchè è una cosa che non ho mai annunciato né detto alle persone più vicine tranne Giacomo il bassista degli Stella Diana, ma l’idea di fare qualcosa di mio ce l’avevo da un po’. In realtà avevo già provato componendo la colonna sonora del mio romanzo tre anni fa, poi riascoltandola recentemente (perchè è raro che io mi riascolti) ho pensato che quel discorso avrebbe potuto essere migliorato e approfondito. In effetti non è propriamente una pausa di riflessione dalla band perchè la band è una mia proiezione, sebbene frantumata in tre parti. Giacomo e Giulio sono fondamentali per quello che faccio, ma di questo gruppo ne rivendico comunque la paternità “emotiva”. D’altronde sono consapevole di non essere granchè da solo e quindi abbisogno di persone per potermi nascondere ed essere aiutato. Con Eien mi sono lasciato un po’ andare.
Mi piace pensare che questo ep sia nato di notte, in un ambiente intimo e solitario. Raccontaci come sono nate queste cinque tracce.
Hai perfettamente centrato la questione. E’ nato al buio, di notte, nel silenzio, almeno dentro di me perchè non ho mai composto una singola nota in studio o da solo a casa. Dormo molto poco e la notte riesco a fare cose che di giorno non posso fare, ragion per cui leggo, ascolto musica, disegno ed elaboro cose. Di notte ho creato la copertina dell’ep e ho butatto su carta delle sensazioni che avevo. Ho accennato a Giacomo, che è anche il produttore e il fonico dehgli Stella Diana avendo registarto lui solo gli ultimi tre dischi del gruppo, da almeno un anno che avevo l’idea di un lavoro da solo e il 29 Dicembre ci siamo visti da me. Due microfoni, chitarra, basso, un mixer e il Mac. In quattro ore ho composto e registrato tutto. In post produzione Giacomo ha aggiunto synth e orpelli vari missando il tutto con la sua abilità e dando forma e spessore ai pezzi. Gliel’ho lasciato fare perchè quando si tratta di cose che faccio io mi fido solo di lui e di un’altra persona. Solo 1994, l’ultimo brano è stato suonato da Marco Morgione, un nostro amico (l’altra persona di cui sopra), anzi un fratello, che vive a Barcellona da anni col quale abbiamo iniziato a suonare da ragazzini (proprio nel 94) e che ha registrato anche Gemini. A Marco ho chiesto delle chitarre a suo gusto, totalmente improvvisate. Mi ha mandato due tracce bellissime che abbiamo fuso insieme alle quali ho aggiunto un paio di cose messe come tappeto.
永遠, eien significa eternità. Ti va di approfondire la scelta di questo titolo?
Io ho problemi col tempo che passa e ti confesso che, se potessi, diventerei immortale, ma non perchè abbia paura di morire; per nulla piuttosto ho fame di vedere l’evoluzione della razza umana e sono curioso. Il tempo non mi basta mai. L’eternità è qualcosa di affascinante ed anche vertiginoso, un concetto così astratto, così inafferrabile per noi esseri umani che tendiamo a misurare e limitare la realtà. Era il titolo di un romanzo che stavo scrivendo. Un racconto cyberpunk estremamente noir e violento, poi ho abbandonato l’idea perchè dopo aver pubblicato due libri ritengo la mia incursione nella letteratura assolutamente conclusa. Diciamo che alla protagonista del libro ho chiuso la bocca per sempre donandole però una colonna sonora.. Qualcosa che duri per sempre, per lei e per me.
Cosa c’è del tuo passato in questo ep? E cosa di nuovo rispetto agli Stella Diana?
Il mio passato per me è tutto, almeno un certo periodo. Quello che ho vissuto è presente in toto nel primo brano e nell’ultimo. 1994 è la gioia e l’incoscienza dell’adolescenza quando ho iniziato a suonare e, pur non capendo nulla di musica, ero convinto che tutto quello che usciva dalla mia chitarra fosse bellissimo. Per recuperare quelle sensazioni, anche solo per un minuto, sarei disposto a smettere di suonare. Nothing of what I see comes close to me è la parte meno allegra, la malinconia schiacciante per quello che non è più e per quello che ora è. Non credo che Eien sia così tanto diverso rispetto agli Stella Diana. Sopratutto l’ultimo album è molto scuro, muovendosi in un connubio bislacco tra shoegaze e dark wave credo. Eien anche è molto scuro, onirico, certo si manca di un drumming, ma credo che riprenda cose come Der Sandmann per esempio. L’unica differenza è la totale assenza di voce perchè non volevo cantare facendolo già nella band ma concentrami solo sulla musica. Mi ritengo un musicista e non un cantante. Io con la voce non c’entro nulla, odio la mia voce, ma non potrei far cantare a nessuno i miei testi. Mai, assolutamente. Di nuovo c’è la totale libertà che mi son preso componendo e registrando. Con i ragazzi devo, dobbiamo, essere più professionali e rigorosi. Non che qui non lo sia stato, ma mi sono concesso indulgenze estetiche e musicali più di quante me ne conceda di solito.
C’è stato qualche ascolto particolare che ti ha influenzato nella realizzazione di queste tracce? Un artista o un gruppo in particolare?
In Eien c’è tantissimo di Mahler e Satie che sono tra i miei ascolti quotidiani, ma anche Vangelis o cose tipo God Speed You! Black Emperor o Mazzy Star. Ultimamente ho virato molto sulla trilogia berlinese di Bowie e Nico. Nico per me è tutto. E’ la voce, la donna per antonomasia, l’artista, il carisma sul palco, l’arte vissuta come esperienza totalizzante ma anche come qualcosa di cui liberarsi quando non ti dà più nessuna vibrazione e Nico ha avuto molti momenti di buio artistico nella sua vita. Ti confesso che io e Giacomo avremmo voluto includere anche un harmonium, ma non ci siamo riusciti. Ma le radici non sono solo musicali. Eien vive di sensazioni generate dalla lettura di Pavese, Akutagawa o Mann e Mishima che per me sono due vertici assoluti. Mentre leggevo Neve di Primavera, mi figuravo che musica potesse esserci come sottofondo e almeno emotivamente Eien ha preso forma anche così.
Pensi di suonarlo dal vivo?
Per nulla. Dovrei avere otto braccia per le chitarre che ho messo e poi comunque da solo non potrei mai esibirmi, ne avrei terrore. In realtà avendo composto tutto al momento non ricordo nemmeno cosa ho fatto quindi dovrei imparare tutto come fosse la prima volta. Non lo escludo, ma dovrebbe essere un posto piccolissimo con me e la mia chitarra e un pubblico paziente e promettente.
Questo progetto avrà un seguito o rimarrà un episodio isolato?
Non ripeto mai quello che faccio da solo. Come con la scrittura potrei fermarmi qui. Non so. Bado al presente per comprendere l’eternità e non al futuro.
Grazie e in bocca al lupo!
Grazie a te e a Indie Roccia piuttosto