Interview: AIM

Sono tornati con il loro quinto album dal titolo Gravity, che è una sorta di riassunto di quanto accaduto finora, di vent’anni di carriera e la voglia di spaccare il mondo e macinarsi i chilometri, un live dopo l’altro. Loro sono gli AIM, fieramente dalla Brianza, e non sono nè punk, nè niente, e questo disco è il più denso di riferimenti e influenze che hanno mai fatto. Ne abbiamo parlato un po’ con Marco Fiorello, frontman e cantante.

Prima domanda diretta: nelle vostre canzoni, funziona meglio l’italiano o l’inglese? Che cosa successo e che cosa vi ha fatto cambiare da una lingua all’altra?

Secondo me funziona meglio l’inglese. In realtà avevamo già sperimentato l’italiano in qualche pezzo di We are sailing, come Il nemico in casa, con dei buoni risultati, o comunque abbiamo anche registrato un intero disco in italiano, Finalmente a casa. Ma devo ammettere che gli Aim quando registrano o cantano in inglese fanno scaturire una magia che con l’italiano ancora non abbiamo raggiunto. Questo il motivo principale per cui Gravity è stato totalmente concepito e registrato in inglese. E ancora una volta la magia è accaduta, cioè siamo riusciti a evocare sonorità e atmosfere che era da un po’ che mi mancavano, quasi dai tempi di Spirits of your tide o comunque dai pezzi più significativi per me di We are sailing, come Solaris o Holy Day.

Cosa ci dite di questo Gravity, in che modo il titolo rispecchia il disco?

Nel senso della traduzione letterale del termine Gravity. Gravity significa infatti gravità cioè quella forza invisibile che ci tiene con i piedi per terra, quella forza che possono essere i rapporti decisivi della nostra vita che ci danno l’energia e l’entusiasmo per affrontare il nostro quotidiano, giorno dopo giorno. A proposito di quotidiano, al tempo del coronavirus, la riflessione che faccio è che la routine, anche se a volte ci scassa il cazzo, è sacra. È qualcosa di sacro perchè in un modo o nell’altro mi da un obiettivo. Vabbè questo magari sarà materiale per un altro disco. eheheh
Tornando a noi, Gravity significa però anche gravità nel senso di serietà quindi che tutto ciò che ci ancora alla realtà è anche qualcosa di molto serio, cioè qualcosa da provare a amare a tutti i costi, anche se a volte lo vorremmo odiare e così via. Questo è un po’ il concept del disco e ogni canzone è un passo avanti o indietro nel senso di questa consapevolezza, cioè o un atto di amore che mi fa affermare di più ciò che è la mia gravità su questa terra o un atto di odio che apparentemente mi rende più libero ma che mi fa allontanare da ciò che alla fine mi definisce.

A descriverlo questo disco sembra un gran casino: psichedelia, distorsioni, pianoforte, dalla trap al rock… Ma, più sentimentalmente, che cos’è Gravity per voi? Che cosa avete ascoltato nel periodo in cui avete scritto i brani?

Mi sono sfondato di radio M20 (Grande Dino Brown!) e DiscoRadio, quindi, oltre ai miei soliti ascolti punk-rock, tanta techno, trance, trap, emo-trap e chi più ne ha più ne metta. Già nella progettazione mentale di Gravity avevo in mente di far collaborare altri musicisti per far coesistere nello stesso concept isole sonore diverse. Quindi con i twins ho sviluppato la parte più granitica e muscolosa tipicamente Aim basso, batteria e chitarra mentre con musicisti come Luca Vecchi (Nice), Giuseppe Magnelli (ex ioDrama) e Stefano Elli (Sabbionette studio) ho portato avanti il discorso dell’etereità e direi della easiness che ho assorbito in questi anni dagli ascolti più disco che ho fatto.

In un periodo in cui non si possono più fare concerti, qual la cosa più assurda che vi capitata in tour? E, quando lo permetteranno le ordinanze, quando potremmo sentirvi dal vivo?

Ahhh, dolci e amari ricordi. Abbiamo girato mezza Europa quindi di cose assurde ce ne sono capitate in quantità. Una da ridere è stato quando eravamo in Repubblica Ceca in un paese sperduto e stavamo per iniziare a suonare. Tutti pronti, Matteo il batterista non arriva. Non arriva, non arriva vai a vedere era rimasto chiuso al cesso in camerino e non riusciva più a aprire la porta. Fuori dal cesso c’erano 3 o 4 ragazzi cechi che non sapevano cosa fare. Allora, solidarietà gemellare, Marco prende in mano la situazione, dice ai ragazzi di spostarsi e come una furia spara un calcio devastante alla porta del cesso sbriciolandola e liberando il fratello intrappolato. Questa totale, ma anche quando a Praga una volta ho prestato il mio ampli a un gruppo inglese e il tipo mentre suonava me lo ha distrutto facendolo cadere da tre metri d’altezza. Rissa. Oppure la migliore quando mio fratello, venuto con noi in tour sempre in Repubblica ceca, in un locale si è spacciato per il manager degli Aim e ha offerto da bere a tutto il locale per tutta la serata. Alla fine dopo aver suonato abbiamo dovuto pagare perchè quell’idiota si era bevuto il cachet e non solo! In tutto ciò si era anche limonato al cesso la tipa di un metallaro cattivissimo che suonava prima di noi con la sua band. Pazzesco! E qui mi fermo.

Rispetto a un nostro live, avevamo pensato di presentare Gravity il 30 Aprile al Tambourine di Seregno ma vedendo come si stanno mettendo le cose posticiperemo sicuramente il concerto. Vi terremo comunque aggiornati, non preoccupatevi!

Un gioco. Vi costringiamo a stravolgere la tracklist del vostro disco, come la cambiate?

Sai che mentre Gravity prendeva forma avevo l’idea di fare un disco componibile? Cioè buttare tutti e 12 i pezzi su un sito e dire alla gente di costruirsi il proprio Gravity! E secondo me funzionerebbe lo stesso. Non è tanto un disco da scaletta, ma più un disco da trip mentale. Rimescolare il tutto infatti aprirebbe solamente nuove e molteplici strade a diverse interpretazioni dello stesso viaggio, tutte giuste e nessuna sbagliata.

Per concludere, la tracklist con cui vedete Gravity a me piace molto, ma è il mio trip. Consiglio. Mescolate e rimescolate e fatevi il vostro Gravity personale!

La domanda che non vi ho fatto ma che avrei dovuto?

AIM, perchè ci credete ancora?

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