Echoes: la distopia, il futuro, il suono non suono

Sono momenti strumentali quelli che ci arrivano da “Io”, il nuovo disco degli Echoes uscito per I Dischi del Minollo in cui l’ego personale non è più il centro. Il centro è fatto di quella consapevolezza che arriva raccontandoci del futuro che vediamo ogni giorno. E queste composizioni strumentali a dirla tutta lasciano liberi ognuno di noi di portare a casa sensazioni e visioni tutte personali. Droni, caverne, spazi sospesi. Buon viaggio, inevitabile, eterno…

⁠Ad ogni operazione strumentale mi viene sempre da chiedere: la dimensione della parola non manca? Secondo voi il messaggio ha comunque forza di veicolarsi?
Per noi la parola non manca semplicemente perché pensiamo che chi ascolta il nostro album, è libero di immaginare senza essere “inquinato” da un messaggio già scritto, e che condiziona l’ immaginario dell’ ascoltatore. Inserendo un testo, avremmo imposto un pensiero attraverso esso, e non era nostra intenzione.

Nel profondo di ognuno di noi il suono è scuro?
Ognuno di noi ha una parte oscura. È una parte di noi che va conosciuta, e con cui bisogna abituarsi a convivere, quindi si, nel profondo di ognuno di noi il suono è scuro, ma anche luminoso, non siamo composti di sola oscurità.

⁠Esiste la luce in questo disco? Per voi cosa significa?
In questo disco, in particolare, no, non esiste. Non esiste perché la direzione che ha preso l’ umanità ci porta verso un futuro pieno di ombre e povero di luce. È proprio questo il senso di questo disco dal nostro punto di vista.

La voce che ruolo ha se ne ha avuto? Ha disegnato melodie, è intervenuta in qualche modo…?
La voce ha avuto un ruolo, nel senso che molti riff e melodie sono partiti da note vocali registrate nel telefono per non dimenticare l’idea che c’era in quel preciso momento, e che, ovviamente, per motivi diversi (per esempio se un’ idea arriva durante l’orario di lavoro), non era possibile mettere in pratica subito. Ma questo è stato l’ unico ruolo che ha avuto

E l’elettronica? echi lontano dal passato o dal futuro?
L’elettronica in questo disco è una parte integrante delle sonorità, non è dominante in quanto è stata utilizzata più per dare una dinamica e per ricreare ambientazioni che per essere utilizzata come elemento portante dei brani. È più una eco dal passato o meglio di progetti precedenti in cui era l’elemento cardine. In ottica futura verrà impiegata in maniera più approfondita nell’integrazione con chitarra , basso e batteria.

⁠Se questo disco avesse un luogo dove manifestarsi… che luogo sarebbe? Desertico o ancestrale, di pietra?
Sicuramente ancestrale, che sia una foresta, o un luogo di fredda e dura pietra, inaccessibile. Comunque qualcosa che richiama la durezza dei suoni, che non sono sicuramente di facile ascolto.

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