Animaux Formidables: la distorsione di chi prende coscienza
Con la produzione di Marco Fasolo si rinnova un suono che ha consolidato un progetto che ci ha interessato sin dal suo esordio. Nuovo disco, anzi EP, per il duo in lattice degli Animaux Formidables. Si intitola “Call me Tony” sempre per la Go Down Records, brani che sfoggiano un fuzzy e una sapore sfacciatamente live nelle intenzioni e nella potenza… e questa volta anche un poco diretti alla soluzione melodica di facile consumo. Un’operazione ostinata e contraria alle leggi del mercato, ma decisamente attenta a restare sul pezzo.
Con il disco d’esordio avete dato voce alle alterata dell’uomo e di come emanciparle. Oggi di cosa parliamo? Chi è Tony?
In questo EP si parla di amore. Inteso come sentimento trasversale e universale, come presa di coscienza e accettazione, come unica voce alla quale dare davvero ascolto. Tony è il miglior amico del protagonista narrante nel testo del brano, che condivide con esso un’amicizia molto canonica e prettamente circoscritta in dinamiche macho-stereotipate. Ma inaspettatamente si rende conto che le sensazioni provate verso Tony acquistano una natura differente. E la cosa pare essere reciproca. Dopo un primo momento di sconcerto e negazione, i due si rendono conto che non possono fare altro che accettare ciò che sta accadendo, realizzando presto che non c’è nulla di sbagliato, anzi, che forse la loro relazione è diventata meglio di prima. E la narrazione ironica nel testo del brano è poi appunto la chiave di lettura di tutto l’ep che, come detto, altro non fa che parlare di amore, di accettazione, di liberazione.
E le maschere come sfida e come depersonalizzazione dell’identità che non ha bisogno di etichette… se non erro… oggi le vostre maschere parlano di altro o restano ancora a questo concetto?
Le nostre maschere sono più che mai legate a questo concetto, anzi, più di prima le stiamo indossando abbattendo ulteriormente altre maschere, mettendoci ancora più a nudo ed esprimendo ciò che siamo, ciò che ci piace fare e comunicare, senza cercare di compiacere o trovare il consenso di chiunque. Con maggiore libertà e respiro.
Le leverete mai queste maschere? Si sa chi c’è dietro o resterà sempre un segreto?
Le abbiamo definitivamente tolte quando abbiamo deciso di fare quello che facciamo, di vivere spesso “on the road”, di non pensare a un domani, di ascoltarsi realmente, di dare spazio ad ogni necessità espressiva e vitale.
I colori accesi? Non mancano mai… di quelli cosa possiamo dire?
Al momento non riusciamo ancora ad identificarsi con la rassicuratezza dei colori tenui. Per ora quindi colori molto accesi, come il nostro suono.
E la rabbia di “Make sense of any mess” piano piano sta lasciando spazio ad altro? O resta necessaria per il vostro suono?
Non c’è rabbia in “make sense of any mess” ma solo sfogo e catarsi liberatoria, che, certamente, è uno dei cardini chiave e costante nel nostro processo compositivo e nel suono che ne viene restituito.
– Con Marco Fasolo ancora: in questo nuovo lavoro cosa avete ricercato di nuovo?
Si, con Marco ancora e ancora più:) Abbiamo provato ad approcciare, in una fase di pre produzione nei mesi passati, altre soluzioni produttive. Il risultato è stato interessante ma ci ha confermato che, almeno per ora, ciò che riesce a catturare a pieno la nostra essenza sonora è il sodalizio con Marco e con le sue tecniche di registrazione totalmente in analogico e in presa diretta. Rispetto al lavoro precedente con lui, in questa occasione abbiamo estremizzato ancora di più il concetto di presa diretta “live”, suonando entrambi nella stessa stanza, vicinissimi, e cercando di sfruttare i rientri non voluti sui microfoni come coadiuvante del suono complessivo.