Le scelte dello staff: Marianna Bottiglieri

Fine dell’anno. Si tirano le somme e subentra una gran fatica a restringere il campo e soprattutto a mettere dei numeri accanto a lavori che in alcuni casi per me sono del tutto sovrapponibili.
Ho preferito scrivere due righe per ognuno, come motivazione o semplice libera espressione:

10. Albedo – Metropolis
Perché nei testi e negli arrangiamenti ho vissuto il calore, la freddezza, le speranze, le disillusioni, i rancori, gli amori e gli affetti di una città come se ce li avessi davanti.

9. Cesare Basile – Tu prenditi l’amore che vuoi e non chiedermelo più
Perché amo i cantautori vecchia maniera che mantengono alta la bandiera del genere giocando sapientemente con la lingua, la società, le metafore e fanno casino con una chitarra in mano. Nessuna scorciatoia, ci si può solo alzare e applaudire il maestro.

8. Matilde Davoli – I’m calling you from my dreams
Perché tra elettronica e dream-pop mi ricorda i tramonti e l’area rarefatta dell’Estate ed è così avvolgente che se chiudo gli occhi me li sento attorno.

7. Dust – On the go
Perché quest’album me lo sono comprata dopo aver sentito il gruppo suonare la title-track “On the go” dal vivo. E quando l’ho sentito tutto ho mantenuto lo stesso stupore. Ne ho ancora.

6. Verdena – Endkadenz
Perché esce il vol. 1 e già penso che sarà uno dei primi dieci album dell’anno. Poi esce il vol. 2 e penso la stessa cosa. Si è trattato solo di sommarli idealmente e vedere in che posizione andavano. Pazzeschi.

5. Grimoon – Vers la lune
Perché questo lavoro ha una raffinatezza d’altri tempi e arrangiamenti che, come da copertina, mi hanno catapultata su un altro pianeta. Complessità e bellezza allo stato puro.

4. Any Other – Silently, Quietly Going Away
Perché mi ha prepotentemente ricordato gli anni ’90 quando gente come Alanis Morissette t’insegnava che si poteva essere straordinariamente bravi anche con melodie regolari e una voce pulita. E mi ha fatto venire di nuovo voglia di imbracciare una chitarra.

3. Iosonouncane – DIE
Perché non metterlo tra i primi tre album dell’anno, in qualsiasi posizione si voglia, non sarebbe stato un errore, ma un reato. Un lungo viaggio elettronico che quando finisce ci si trova dentro la vasca a piangere disperati come quella pubblicità delle crociere. La fortuna è che si possa ripercorrere.

2. Daniele Celona – Amantide Atlantide
Perché Daniele Celona è così crudo, diretto ed efficace che quando s’incazza fa incazzare anche me. E in questo album mi fa veramente incazzare.

1. Colapesce – Egomostro
Perché quando lo dovevo sentire la prima volta mi aspettavo una chitarra minimale e tanti bei testi. Poi lo sento, partono i synth e i suoni e le immagini mi avvolgono la mente come poche cose negli ultimi anni. Una droga. Devo ancora smettere. Per fortuna.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *