Scusate il ritardo – giugno 2016
Portare avanti una webzine amatoriale di musica indipendente non è assolutamente facile. Lo si deve fare nel tempo libero, nei ritagli di tempo dopo il lavoro o lo studio, e lo si fa unicamente per passione. È capitato dunque – e continuerà a capitare specie in realtà come le nostre – che durante il corso dell’anno si siano trascurati dischi particolarmente ben riusciti per pura mancanza di tempo. Con questo articolo cerchiamo dunque di rimediare ad alcune nostre mancanze, consapevoli del fatto che molto è ancora da fare.

Giorgio Canali – Perle Per Porci (Woodworm)
Come fare il punto di una carriera poliedrica come quella di Giorgio Canali alla ‘Giorgio Canali’? Semplice: riprendere un pugno di brani prodotti dal musicista di Predappio nel corso degli anni. I brani spaziano tra quelli di band ormai scomparse, ad esempio l’ottima A.F.C. (Angelo Fausto Coppi) dei L’UPO o Gambe di Abebe dei Luc Orient, a episodi più noti come il brano di Francesco de Gregori Storie di Ieri o F-104 di Eugenio Finardi. Ovviamente non c’e’ nessun filo conduttore se non l’interesse a far riemergere alcuno perle e rarità ormai dimenticate. Una prova comunque musicalmente valida che però non aggiunge molto al carnet di Canali che si è limitato a reinterpretare come se le canzoni le avesse scritte lui e niente di più, risultando alla fine una interessante antologia di quello che è girato intorno al suo mondo (Raffaele Concollato)
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Kingfisher – The Greyout (Bello Records)
Dopo aver fatto il botto con gli Any Other, la Bello Records si sposta in territori completamente diversi con i lombardi Kingfisher, al loro debutto sulla lunga distanza dopo l’EP del 2014. Il quartetto è caratterizzato dalla presenza di tre bassi e nessuna chitarra e il loro stile può essere definito come un incontro tra il metal e lo stoner. È facile, quindi, immaginarsi un disco molto diretto e tirato per quasi tutti i 41 minuti di durata, però è il caso anche di aspettarsi una buona varietà, sotto diversi punti di vista: gli arrangiamenti, il drumming e la tipologia di brani, dei quali alcuni vanno via a tutta potenza, come i tre iniziali, altri sono più melodici come la title track, altri ancora sono un po’ più d’atmosfera, come Eleven e la conclusiva Mandala. Il disco, quindi, ha la potenzialità di risultare interessante anche per chi non è avvezzo a queste sonorità dure, pur se un minimo di predisposizione renderà l’ascolto più facile. In definitiva, questo è un bel lavoro, buono sia per l’headbanging ignorante che per l’ascolto critico (Stefano Bartolotta)
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Ex Novo – Segnala Come Spam (Deepout Records)
La base è quella di un pop carico, che si aggancia a ritmiche elettroniche, di quelle che incalzano e in cui i synth riempiono l’aria. Certo non mancano le chitarre ma scordatevi un tiro rock classico, tutto è funzionale a mantenere quell’aria di pop moderno ma che guarda anche al passato ottantiano con buon gusto, cosa che non infastidisce affatto. Tra melodie facili, approccio punk e arie funky, ad emergere, più che il sound che magari a volte ci ricorda il buon Camerini, sono i testi di Gian Luca Biasini, che vanno a lavorare sul nostro dannato senso di apparire, piuttosto che essere e mettere in luce le “nostre” pecche si dimostra davvero facile, ahimè. Sorprende l’eleganza della strumentale Trenta, così come i due brani finali: Il Buio parte R&B, salvo poi mostrare dei denti, decisamente più arrabbiati, che guardano all’hip-hop, mentre How Long è morbida carezza acustica. Non manca l’eterogeneità a questo disco, che si lascia piacevolemnte ascoltare. Per ora bene così. (Riccardo Cavrioli)
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Baseball Gregg – Vacation (La Barberia Records)
Il bolognese Luca Lovisetto si è unito con il californiamo Samuel Regan per creare i Baseball Gregg e questo è il loro primo album dopo un EP uscito nel 2014. Il duo propone un indie-pop fresco a rilassato, con atmosfere da riposo estivo in spiaggia quando il caldo è piacevole grazie a una leggera brezza e lo stato d’animo è ottimista. Per tradurre queste sensazioni in musica, Luca e Samuel utilizzano chitarre e tastiere leggere e dolcemente dilatate, una ritmica essenziale, melodie immediate il cui stile ricorda quello di Pavement o Grandaddy e un timbro vocale che si posa su questo impianto con dolcezza ma anche con quella giusta dose di fermezza che serve per dare concretezza al tutto. Songwriting e interpretazione sono di livello più che buono e queste canzoni hanno tuto per catturare i sensi dell’ascoltatore al primo ascolto. Piace anche l’ampia varietà di soluzioni, con canzoni più essenziali e altre, invece, maggiormente elaborate e nelle quali entrano in gioco anche delle armonie ben strutturate. Disco dell’estate sì, ma non ci sarebbe da stupirsi se l’ascolto durasse molto più tempo dei mesi in cui si va al mare (Stefano Bartolotta)
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Beltrami – Punti Di Vista (Suonivisioni)
Ogni tanto un disco che non “grida” ci vuole, ma non basta essere sobri, snelli e agili, no, ci vuole anche la capacità di non piangersi addosso e di misurare bene ritmi, parole e melodie. Ecco, i Beltrami trovano questo piacevole equilibrio in un lavoro che porta avanti un bel discorso di pop-rock cantato in italiano, senza che questo ci porti alla mente mostri musicali come Modà, Negramaro e porcherie varie. Se non mancano passaggi classici, quasi alla Mario Venuti, tanto per usare un riferimento, quello che merita applausi è l’ottimo gusto negli arrangiamenti (non solo con archi o strumenti a fiato, ma anche nella struttura di alcuni passaggi, vedi la marcetta quasi alla Sergio Caputo di La Verità o in qualche soluzione chitarristica che richiama i Temper Trap), che vanno sempre a sottolineare in modo oculato e delizioso più di una melodia, così come l’intelligenza nell’uso della parole, che pur partendo da concetti sicuramente abusati in musica, sono disposte in modo da solleticare la nostra attenzione. Insomma, un bel disco pop che riesce a non diventare noioso o pateticamente radiofonico con i solisti luoghi comuni. Bel lavoro! (Riccardo Cavrioli)
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Sica – The Party Starts Here (Ikebana Records)
Quintetto di Collegno (TO) nato nel 2012 e arrivato ora al primo disco, i Sica ci dicono fin dal titolo che a loro interessa soprattutto fare festa. La prima regola per ottenere questo scopo, si sa, è la cassa dritta, e attorno a essa i Sica sviluppano una proposta che svaria tra punk funk, electro-rock e dance. I problemi di dischi così, solitamente, sono due: la scarsa originalità e l’attitudine dei brani a essere molto più efficaci se suonati dal vivo e avere, invece, una resa limitata su disco. Ora, personalmente non ho mai visto live questa band, ma le canzoni per come sono uscite dallo studio rendono eccome, soprattutto grazie a una buona cura dei dettagli che non fa perdere di vista lo scopo principale ma allo stesso tempo allontana quel carattere dozzinale spesso presente in lavori di questo tipo. Per quanto riguarda il primo problema, le influenze sono chiare, ma vengono rielaborate in maniera tale per cui è difficile accostare la band a riferimenti precisi (giusto Utilitaire richiama molto da vicino gli Arctic Monkeys, peraltro in modo assolutamente credibile). Probabilmente ha aiutato la produzione di Vicio dei Subsonica, uno che di groove se ne intende, ma sta di fatto che questo disco ti trasporta dentro una festa anche se lo ascolti da solo seduto al pc, come sto facendo io adesso (Stefano Bartolotta)
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