Gli EP del mese: giugno 2017

L’EP è ormai un formato sempre più diffuso per la pubblicazione di nuove canzoni da parte delle band, italiane e non. Spesso, purtroppo, chi scrive di musica tende a privilegiare la trattazione degli album, e questo crea il rischio che lavori assolutamente validi non abbiano lo spazio che si meriterebbero. Da questa considerazione è nata la nostra scelta di raggruppare mensilmente una serie di recensioni brevi sugli EP ascoltati nel periodo di riferimento, così che i nostri lettori possano avere uno sguardo d’insieme anche su questo tipo di pubblicazioni.

ASH CODE – Icy cold, Rivers b-sides (Synth Religion)
Dopo lo strepitoso debutto di Oblivion e il successivo Posthuman, dopo una intensa attività live all’estero e in Italia, tornano gli Ash Code con due nuovi pezzi – Icy Cold e Rivers – acquistabili in vinile in edizione limitata (500 copie) o in versione digitale. Icy Cold ci immerge in uno scenario metropolitano e suscita sentimenti melanconici, il suo ritornello si fissa in testa già al termine del primo ascolto; mentre in Rivers la voce eterea di Claudia si perde nei ritmi incalzanti e “going far… from what we are…“. Sognante e dolce. La formula applicata dal trio è ormai una garanzia: i ritmi ossessivi della drum machine si combinano al suono di tastiere oniriche, il tutto adagiandosi su un meraviglioso tappeto di synth; le sonorità si muovono su territori scuri – tra electro dark wave e synth pop – capaci di generare emozioni forti e sensazioni di piacere musicale intensissimo. Destinazione djset per una sudata collettiva on the dancefloor oppure cuffiette e solitudine all alone, poco importa. Una sorpresa gradita, in attesa che i nostri ritornino a farci ballare con il prossimo disco (Gilda Romeo)
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SCOGLI DI ZINCO – Dai Meriggi ai Fondali (Autoproduzione / VolumeUp Music Agency)
Guardano i particolari questi ragazzi, giunti al loro secondo EP. E non è affatto male, ci mancherebbe. Una lente d’ingrandimento su gesti misurati, su momenti impressi nella memoria come su una polaroid e su quanto l’ambiente naturale ci offre, ambiente naturale che avvolge la nostra quotidianità. I ritmi sono quelli del post-rock, con l’incedere tipico del genere, ma c’è quella magnifica particolarità della tromba sempre presente, che infonde non solo dinamismo, ma anche puntualizza le linee melodiche: in Risacca, ad esempio, tale arrangiamento, accompagnato al lavoro chitarristico è davvero struggente. Bravi (Riccardo Cavrioli)
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I MIEI MIGLIORI COMPLIMENTI – Le Disavventure Amorose Di Walter E Carolina (Costello’s)
Il bocconiano Walter Ferrari ha realizzato queste cinque canzoni con il proprio Mac, e i suoi testi parlano, semplicemente, di come ci si sente quando termina una storia importante. I suoni sono necessariamente semplici, ma sempre corposi, e si punta continuamente su stratificazioni e dinamismo, con saliscendi di intensità e variazioni nella parte ritmica. Anche il timbro vocale è opportunamente filtrato per associarsi meglio all’attitudine sonora, e le melodie sono immediate e accattivanti. Si diceva dei testi, permeati di realismo e contemporaneità e che ballano pericolosamente sul confine tra genuinità legata al qui e ora e una ricerca troppo studiata di espressioni a effetto. In realtà, il suddetto confine non viene mai superato, e queste canzoni rappresentano il più credibile spaccato di vita quotidiana dei cosiddetti millennials dai tempi del debutto de I Cani. Un esordio molto promettente, in definitiva, che mette in mostra talento e spontaneità (Stefano Bartolotta)
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ELECTRIC FLOOR – Fader (Vipchoyo Sound Factrory)
Gli Electric Floor sono Emanuele Chiarelli (voce, chitarra), Fabio Cosentino (basso), Simone Cosentino De Luca (programming, tastiere). Dopo due album autoprodotti, 300 e Falsità Reali, seguiti dai singoli Your Blue e My bloody G, esce Fader EP. Il sound del trio è una fusione di tra new wave, synthpop, shoegaze, electrogaze; queste componenti trovano il loro giusto spazio, il loro giusto equilibrio e bilanciamento: così troviamo la giusta dose di malinconia (Nosedive), di romanticismo (Borderland), ma anche un’attitudine danzereccia più o meno latente (Bluedive). Cinque tracce in cui gli ingredienti principali sono le emozioni e i sentimenti al pari delle chitarre e delle tastiere. Un EP godevolissimo e consigliatissimo (Gilda Romeo)
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OREGON TREES – Hoka Hey (Autoproduzione)
Folk-rock classico che strizza l’occhio anche al pop quello dei bresciani Oregnon Trees, che fin dal nome pagano il tributo all’America, anche se in realtà l’approccio al genere made in UK è tutt’altro che sconosciuto. Quando fa capolino anche la chitarra elettrica e i giri del motore aumentano il tutto ci piace un po’ di più, vedi Colors (vengono in mente i Counting Crows ascoltando il brano), altrimenti si rischia di veleggiare a cose più ordinarie e già sentite, sia tra corettoni alla Mumford sia con un piglio quasi alla Jake Bugg. Li attendiamo comunque sulla lunga distanza (Riccardo Cavrioli)
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BRÜCKE – Yeti’s Cave (Autoproduzione)
Primo EP per il quartetto livornese, il cui titolo è il nome della loro sala prove. Si viaggia tra post-rock e psichedelia, con le tinte sempre scure e i momenti strumentali che prevalgono su quelli nei quali è presente la voce. Si punta poco sull’aspetto melodico e molto sulle suggestioni date da un suono sempre dinamico e vario. Anche le strutture dei brani non si ripetono mai, così, ad esempio, Prociutto alterna momenti alla Piano Magic a altri di cupa psichedelia strumentale; Ovomoltino ha come base l’interazione tra un groove sordo e insistente e fiati distorti, su cui si innestano chitarra e voce stentorei; Carrarmatozzi è scarna ed estemamente ipnotica. In definitiva, un lavoro coraggioso e allo stesso tempo fatto con criterio, per una band senz’altro già da seguire (Stefano Bartolotta)
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