Afterhours @ Conservatorio, Milano
Dopo le recenti dipartite, avvenute una per scelta propria e l’altra per imposizione unilaterale, di due membri di lungo corso degli Afterhours, Manuel Agnelli aveva chiesto semplicemente ai fan di fidarsi. Chi ha raccolto l’appello e si è recato a queste date teatrali, almeno a questa di Milano, ha avuto la fiducia ben ripagata, e anche chi non è andato al concerto ma comunque aspetterà fiducioso un nuovo disco firmato Afterhours, con ogni probabilità non sarà affatto deluso.
L’impressione netta che lascia lo spettacolo di ieri è che questi Afterhours abbiano fame, e non siano nemmeno interessati a finger bene. Hanno fame e sono orgogliosi di mostrarla. Fame di reinventarsi, di ripartire, di mettersi totalmente in gioco, di creare, di scoprire quanto possa essere bello e appagante, per loro e per i fan, arrivare a capire quante cose belle e nuove sia in grado di fare questa nuova formazione. L’amalgama tra il nucleo storico rimasto e i due innesti nuovi sembra quello che si crea tra due cagnolini senza guinzaglio che si incontrano per strada, si piacciono e iniziano a giocare assieme saltandosi addosso con le zampine tese. Ovviamente questo non perché il suono risulti caotico e disordinato, anzi è tutto perfettamente studiato, ma perché in ogni singolo brano in due ore e mezza di concerto c’era qualcosa di diverso e quasi sempre inaspettato, e quando arrivi a un risultato come questo, non è solo figlio di una dedizione professionale, ma anche, necessariamente, di tutta quella fame mista a gioia animale di cui sopra.
Che Fabio Rondanini e Stefano Pilia siano due musicisti pazzeschi e che abbiano trovato modo di integrarsi perfettamente nel contesto della band è una cosa talmente ovvia che non andrebbe nemmeno detta. La dico qui solo per far capire ai lettori un concetto: non è solo questo, è molto, molto di più. È il fatto che gli arrangiamenti siano tutti di uno splendore abbagliante, è un Agnelli che non cantava con questa convinzione da anni, è un turbine di atmosfere e sensazioni vorticoso, è che anche se una canzone non c’entra niente con quella prima e quella dopo, è tutto talmente pazzesco che chi se ne frega. È che queste parole, nessuna parola, nessuna descrizione scritta o orale, possono rendere l’idea di quello che è questo spettacolo, dell’emozione che lascia, della potenza del messaggio che la band trasmette al proprio pubblico.
Allora semplicemente bisogna dire che sì, è il caso di fidarsi ed è il caso, potendo, di andarci a questo spettacolo. E se parliamo di setlist, aspettatevi un misto tra qualche hit, non molte, un paio di cover, alcuni momenti di reading e una cascata di brani che non sentivate da tempo nel repertorio live del gruppo. E aspettatevi di stupirvi sempre e che lo stupore sfoci nella più bella e gratificante delle emozioni. E se anche non riuscite ad andare, ascoltate Manuel e fidatevi, perché un gruppo di musicisti capace di trovare immediatamente uno stato di grazia così, non potrà che fare qualcosa di importante anche su disco.