Soviet Soviet – Endless
GENERE: post punk, neo wave
PROTAGONISTI: il sempre più consolidato trio pesarese composto da Andrea Giometti (voce e basso), Alessandro Costantini (chitarra) e Alessandro Ferri (batteria)
SEGNI PARTICOLARI: tornano a cavalcare l’ondata funesta ed irruente della new wave “all’italiana”, primeggiando come nel loro stile, i Soviet Soviet dopo l’ottimo Fate (Felte, 2013) grazie al quale hanno raccolto innumerevoli e meritatissimi consensi. Il secondo album della band nasce, a detta della stessa, nei momenti di quiete ritagliati nel corso del cospicuo numero di concerti che li ha visti gironzolare in lungo e in largo (in Italia e non solo)
INGREDIENTI: il disco si apre con probabilmente quello che è il sound autentico dei Soviet Soviet, quello che li rende pionieri del post punk ormai da un po’, quello che da il benvenuto rassicurando chi ascolta sulle cose belle in cui si imbatterà da questo momento in poi, i tre minuti e mezzo di Fairy Tale palesano esplicitamente la scelta della band di restare con i piedi fissi su terre già esplorate ma che mai potrebbero apparire stantie o noiose. Sia Endless Beauty che Pantomime, invece, sono i brani che hanno incominciato a circolare sul web qualche mese prima della pubblicazione del disco, sono entrambi la prova empirica del non-cambio di direttiva stilistica dei tre: voce con effetto eco, basso rabbioso, chitarra particolarmente elettrica e percussioni ben cadenzate, il tutto espresso con foga e dinamismo da fare invidia.
Stando alle movenze lievemente più orecchiabili e quindi tendenti a un sound leggermente diverso ma comunque parallelo rispetto al resto del disco, Star rappresenta un motivo di forte attrazione, è una sorta di presa di fiato, una pausa prima di essere trasportati dalla veemenza molto affascinante dei restanti brani
DENSITA’ DI QUALITA’: quella dei Soviet Soviet ormai è un’impresa, è un compito da cui non ci si può esimere, ogni tassello della loro fievole ma comunque piacevolissima discografia da sempre più conferma di quanto questi tre ragazzi non hanno alcuna intenzione di annoiarsi né, chiaramente, di annoiare. Ma soprattutto appare conclamata la scelta di girare intorno alla cultura musicale di cui si fanno portavoce, lo fanno con dedizione e con uno scopo ben definito, quello di piacere sempre più a quella nicchia (e speriamo che col tempo si vada oltre la stessa!) a cui, probabilmente, fino a non molto tempo addietro, loro stessi appartenevano.
Ciononostante, Endless ha degli spiragli, apparentemente impercettibili ma che un amante dei Soviet Soviet non può non notare, che rendono plausibile l’ipotesi di un possibile cambio di rotta nel domani (forse non troppo lontano) musicale dei tre, come la già menzionata Star dalle attitudini un po’ più soavi e melodiche del solito ed ancora (la seconda parte nella fattispecie di) Going Through, la quale prevede un deciso rallentamento nella sezione ritmica. Chi lo sa, che sia questa una prova del nove o una semplice supposizione spinta dalla curiosità di sapere come sarà. Una cosa è certa, un disco come questo prova quanto le band siano capaci di continuare a dare conferme della propria validità di volta in volta, step dopo step, indipendentemente della strada che si sceglie di seguire.
VELOCITA’: come già proferito, sono molto pochi i momenti di pacatezza nel corso dei nove brani che compongono il disco, la tendenza è decisamente veloce e corposa
LA DICHIARAZIONE: «È un tunnel che deve esser preso come esperienza per migliorarsi e migliorare quello che ti circonda. È un lavoro per molti aspetti più complesso anche dal punto di vista dell’arrangiamento stesso dei brani. Abbiamo cercato di sperimentare nuove sonorità pur mantenendoci sempre legati al nostro modo di intendere la musica e di suonarla. E’ un album completo da ascoltare nel suo insieme. Ci sono brani riflessivi e tracce più potenti che spingono i suoni fino alla distorsione, pur mantenendo sempre i testi come elemento fondamentale all’interno della composizione. Endless è il frutto di un lavoro lungo e ragionato, fatto di sperimentazioni e di innovazioni ma sempre legato al nostro modo “istintivo” di suonare e di intendere la musica».