II Teatro Degli Orrori – Il Teatro Degli Orrori

Genere: Alternative rock, noise rock.

Protagonisti: Francesco Valente (batteria e percussioni), Giulio Ragno Favero (basso elettrico), Gionata Mirai (chitarra elettrica) e Pierpaolo Capovilla (voce), accompagnati in questo disco da Kole Laca (tastiere elettroniche) e Marcello Batelli (chitarra elettrica), già con loro sul palco dal 2012 (per il tour de Il mondo nuovo).

Segni Particolari: Quarto album per Il teatro degli orrori. L’ultimo disco (Il mondo nuovo) non aveva convinto molto, sia nella musica che nella poetica. Nel precedente lavoro, immaginato come un concept album sull’immigrazione, si era un po’ persa quella carica sovversiva tipica di Capovilla e soci; si era voluto privilegiare la parola rispetto alla musica. Il nuovo disco, invece, segna un ritorno alle origini, o forse rappresenta una vera e propria rinascita. Ne è la prova il titolo, Il teatro degli orrori, quasi a voler segnalare che si tratta di un nuovo inizio, un’identità riscoperta.

Ingredienti: Una fotografia cupa che ritrae la società attuale: tante le storie raccontate, le provocazioni urlate, un’analisi politica schietta, messaggi scomodi e fastidiosi. Il teatro degli orrori è un album ricco, sotto il profilo lirico e sonoro. Pieno, ma senza ridondanze. D’altronde, il talento di Capovilla risiede proprio nella sua sensibilità, nella sua capacità di scrivere ogni brano come se fosse stato lui stesso protagonista, con quella spudorata onestà e sfacciataggine che, da sempre, lo contraddistingue. La scrittura appare rinnovata: meno letteraria, in grado di parlare direttamente al cuore delle persone, senza filtri. I testi pungenti sono accompagnati da suoni graffianti, creati dall’innesto perfettamente caotico di violente chitarre e bassi, e dalla potentissima batteria. Anche musicalmente c’è del nuovo: entrano in scena sintetizzatori che condiscono il rock (già potente) del teatro di un sapore ancora più acido e cattivo. Un disco a presa rapida, che si attacca e non si scolla più. L’album si apre con gli urli di Disinteressati ei indifferenti, e la sua violenta esplosione di rabbia e tensione. La paura e Lavorare stanca, brani scelti per il lancio del disco, sono oltremodo diretti ed immediati. Ironia e sarcasmo ne Il lungo sonno (lettera aperta al Partito democratico), un titolo che parla da sé, della deriva di un partito che ha perso la sua identità. Le note vicende del G8 vengono raccontate in Genova: estremamente cruda, capace di evocare nell’ascoltatore, strofa dopo strofa, le terribili immagini di quei giorni (per non dimenticare): delle auto in fiamme, delle barricate, dei cellulari, della polizia… Benzodiazepina e Slint affrontano la tematica della psichiatria, dell’abuso degli psicofarmaci, della tremenda pratica del TSO. Una giornata di sole chiude il disco, brano totalmente discostante rispetto ai precedenti: la spensieratezza di una domenica, la felicità di un amore, la voglia di vivere e non più sopravvivere.

Densità di qualità: Un disco che è un pugno lacerante nello stomaco, un’arma infuocata di musica e parole, che spara, e spara a raffica. Un muro sonoro impressionante, che trasuda tormento, passione, energia; merito anche della presenza di Kole Laca e Marcello Batelli che contribuiscono a dare maggiore spessore al rock della formazione veneta. Odio viscerale, rabbia, furia, freddo nichilismo, cinismo vomitato in ogni brano: queste sono le sensazioni che l’album trasmette al primo ascolto. Una visione nera della società, del genere umano, della classe politica. Delusione e pessimismo. Niente di più sbagliato. Il vero messaggio del Teatro è tutt’altro. E’ quello di un amore profondo per il proprio paese, per la vita. Quell’amore così intenso, così profondo che fa male, fa piangere e soffrire, un po’ come quando vedi una persona cara che si lascia andare, si lascia morire lentamente. Capovilla e i suoi sbattono in faccia tutte le malattie di cui questa Italia è affetta; la cura ad ogni male è lasciata all’ascoltatore, il quale, consapevole delle proprie patologie, è libero di scegliere la vita o la morte, l’attivismo o l’apatia nell’animo e nel corpo. E’ un messaggio di speranza quello del TDO, di lotta e di resistenza, contro ogni passività ed indifferenza.

Velocità: 12 rumorose poesie rock, che sfidano i limiti di velocità.

Il testo: “Lo sanno tutti che in Finmeccanica i soldi veri li fanno con le armi e noi qui ad amare i nostri bambini, ma che senso ha. Sarebbe fantastico non dover rincorrere la fine del mese ogni santo giorno che il Padreterno dispettoso concede alle nostre inutili vite”. (da Lavorare stanca).

La dichiarazione: “Non abbiamo voglia di mandarle a dire, non l’abbiamo mai fatto, non ci appartiene. L’incazzatura che passa attraverso le nostre parole è quello che ci sentiamo di essere in questo periodo. Ci fa schifo il mondo in cui viviamo così come ci schifa l’immobilismo delle persone che si fermano a guardare impotenti. Il problema è che quando alzi la voce sei subito fuori luogo. Questa è una critica che ci hanno mosso in tanti, anche amici e persone che lavorano nel settore. Credo che forse la società della poltrona e dell’agire poco si sia sentita infastidita. A noi, in ogni caso, è sempre piaciuto dare fastidio, abbiamo sempre infilato il dito nella spina fin dal primo disco”. (Giulio Ragno Favero per Ritrattidinote.it, 2015).

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