Anteprima: Vigo – Hello (streaming) + mini intervista
Nato a Vicenza nel ’93, figlio d’arte e iscritto al conservatorio in tenera età, inizialmente al corso di violoncello per poi passare a percussioni, Vigo (al secolo Antonio Zuccon) ha mollato gli studi per coltivare la passione della musica a modo suo. Dopo aver affinato la propria cifra stilistica per alcuni anni, nel 2018 decide di mettere su nastro parte dei pezzi composti nel tempo, Cantautorato I sarà il disco d’esordio.
Siamo molto contenti di poter essere i primi ad anticipare una canzone da questo disco. Si tratta di Hello, presentata dall’autore come un brano in cui “c’è ricerca di libertà creativa, libertà di espressione personale; un brano diviso in due brani e tre parti, confuso e semplice, una figlia defunta e una madre con la tazzina di caffè. Diciamo che è venuta fuori da solo. È arduo spiegare cos’è il proprio volere espressivo senza apparire uno pseudo-intellettuale, posso dire che questa canzone l’ho trovata per terra, ecco. Insomma, come potrei spiegarvi come penso?“.
Trattandosi di un primo singolo, abbiamo anche ritenuto utile rivolgere a Vigo alcune domande, per permettergli di farsi conoscere meglio, e anche per saperne qualcosa in più noi stessi. Ecco cosa è venuto fuori dallo scambio di domande e risposte:
Stai per diffondere al libero ascolto canzoni che per tutti saranno nuove, ma che per te, in alcuni casi, sono vecchie, e magari espressione di un modo di scrivere da cui, nel frattempo, ti sei allontanato. C’è davvero qualche canzone che ti sembra quasi composta da un altro autore, o tutte quante ancora adesso ti rappresentano?
Direi che tutte le canzoni scritte sono sempre state espressione lontana e vicina: il disco è stato scritto dopo una perdita importante (per amor di verità, non romantica!). Solo a posteriori, durante l’ascolto del disco in toto, mi sono accorto dell’estrema vicinanza con la mia stessa scrittura che al tempo mi appariva così falsa e lontana. Comporre per elaborare direi. Questo esempio dovrebbe far capire meglio: dopo aver finito di comporre qualche pezzo mi veniva da piangere e non ne capivo la causa, incapace di comprendere cosa avevo appena scritto. Tutto l’album è estremamente intimo e naturale, la mia elaborazione di quel periodo buio e confuso. Posso dire quindi che tutti i pezzi sono miei e li sento molto vicini ancora oggi dopo tanto tempo per alcuni. Secondo me il primo disco è sempre completamente tuo.
Parlando di Hello, metti in evidenza la “ricerca di libertà creativa, libertà di espressione personale” e parli di; “un brano diviso in due brani e tre parti, confuso e semplice”: in realtà, ascoltando anche altre canzoni dal disco, ritengo che si possano dire più o meno le stesse cose, nel senso che magari non sono così ardite e cangianti, però è tutto sicuramente fuori dagli schemi e di certo non ti accontenti della forma canzone tradizionale. Cosa ne pensi?
Bravissimo! Tutto l’album evade sicuramente da schematismi classici da cui volevo uscire, ma nonostante la riflessione questi stessi sono venuti fuori naturalmente dopo un’ispirazione musicale o testuale del momento. “Hello” si differenzia in questo: è nata dopo molto tempo, attaccando in questo arco tre parti collegabili e in fase di master divisa in due pezzi, variazioni psych, un testo minuto e un finale alla “Hey Jude!”, se posso osare. Della frase che ho detto al riguardo di “Hello”, la parola più importante resta “ricerca” e il tempo impiegato nella stessa. Solitamente riesco a costruire la struttura di un pezzo in pochi giorni, poca ricerca e molta espressività istintiva; su questo si divide “Hello”, che è rimasta in cantiere per molto tempo, passato alla ricerca dell’espressione che più le era adatta, che a mio parere è stata proprio la libertà di composizione e il collegamento di queste tre parti.
Dici che il disco non esisterebbe in mancanza del contributo di alcune persone. Come si è svolto questo lavoro collettivo? Soprattutto, per te che magari avevi concepito le canzoni in un certo modo mentre le scrivevi, è stato difficile preferire le idee di altri alle tue?
Il periodo della registrazione del disco è stato meraviglioso e insostituibile. Ci abbiamo impiegato, tra pre-produzione e registrazione effettiva, più di quattro mesi, poco materiale per registrare ottimamente, ma moltissime buone idee. La pre-produzione è stato un lavoro di pochi, durante la registrazione invece io e Alessandro Nizzero, che è stato abbastanza folle da registrarmi e supportarmi per tutto il tempo, abbiamo affittato per due mesi un ufficio abbandonato nella periferia vicentina e quello è divenuto inaspettatamente covo di musicisti che oltre ad assistere il disco nell’arrangiamento e nell’esecuzione, suonavano liberamente. Per l’aiuto di questi musicisti incredibili (Lorenzo Valè, Francesco Tappari, Leonardo Ferrari e Augusto Dalle Aste per primi tra gli altri) esiste “Cantautorato I”. Il lavoro è stato svolto in libertà di tutti e non serviva alcuna severità per escludere idee rispetto ad altre, obiettivamente capivamo che una era meglio di un’altra e così siamo andati avanti fino alla fine. Un periodo di libertà musicale ineguagliabile e per questo ringrazio tutti, in particolare quei matti di Alessandro e Lorenzo che mi sono stati particolarmente vicini.
C’è molta varietà nel disco, e molta attenzione a tanti dettagli ritmici e armonici. Ti chiedo, quindi, da dove ti nascono le idee per iniziare la scrittura di una canzone, immaginandomi che ci saranno diversi modi per te di far venire fuori un modo di cominciare.
Le idee nascono sempre dalla musica, un ritornello o un fraseggio fatto con la chitarra o con il piano, fino ad avere la struttura che è modificabile e adattabile alla scrittura del testo che segue la composizione musicale. Il tutto, stranamente, viene fuori davvero in maniera istintiva e non particolarmente riflessiva; anche avendo solo la chitarra o il piano in quel momento annoto in memoria gli altri strumenti che vado a registrare in garage in maniera superficiale, per capire se è accettabile all’ascolto. I dettagli vengono poi a seguire nel tempo, aggiunti o in fase di registrazione o prima, quasi mai modificando la struttura iniziale. Molto semplice e non particolarmente movibile da questo processo perlopiù istintivo.
Come pensi, o hai pensato, di trasferire i contenuti del disco su un palco? Hai una band fissa? Il live è fedele al disco o si esplorano altre strade?
La band fissa è composta da cinque musicisti che sono Lorenzo Valè, Francesco Giacon, Augusto Dalle Aste, Massimo Cogo e il sottoscritto. Chitarra acustica, elettrica, basso, batteria e tre voci. Io, oltre alla voce principale, ricopro la tastiera o la acustica a seconda delle necessità, scambio posizioni con Lorenzo che copre anche le tastiere. Cerchiamo di restare fedeli al disco ma in live tendiamo più a un suono deciso, rock, contenuto ma esplosivo. Purtroppo al momento non posso ancora permettermi l’orchestra al seguito, ma quello è l’obiettivo.