Samuele Stanco e i Gabbiani Malvagi: la verità e l’allegoria della vita quotidiana
Se amate quei dischi di allegorie, di suoni che narrano attraverso colori eccentrici e cambi di rotta improvvisi, se amate anche qualche stazione di posta dove riprendere fiato grazie a qualche bella melodia pop all’italiana maniera, se dunque amate Zappa ma anche qualche cliché pop rock inglese, beh allora dovrete assolutamente fermarvi su questo disco: parliamo di Samuele Stanco e i Gabbiani Malvagi con un titolo decisamente evocativo: “Amore vita sentimenti posto fisso”. Mettetevi comodi, cercate una ragione buona per accettare il caos ma non lasciatevi spaventare: è solo fantasia libera di fare musica.
Partiamo da “Canzone indie”. Gli Oasis ma anche Massimo Ranieri come prime note… o no?
Certo che si, c’è un riferimento a “Perdere l’amore” come canzone nazional popolare, ed inno sanremese. Non potevamo esimerci dal tirarlo in ballo.
Che poi questo cliché l’avete completamente (o quasi) stravolto in ogni cosa di questo disco… o quasi… vero?
La nostra idea di giocare coi cliché, il pensiero di fondo è che non ci sia cosa più umana delle contraddizioni. Ecco che i cliché e le sue eccezioni hanno un sapore molto speziato e permettono di creare una frattura ed uno squarcio nel quale infilare le dita e fare il solletico diciamo.
Che poi “Pollo Scostumato” prende in prestito quasi ogni cosa dal primo Jovanotti… altra citazione? Anche il basso… e Saturnino…
Si, nel modo di cantare c’è il Jovanotti delle origini. La cosa divertente è che Pollo Scostumato è un pezzo che nasce prima strumentale. Non avevamo alba di quello che potesse essere il testo prima di entrare in studio. Ed ecco che ci è uscito il Jovanotti, era l’unica soluzione possibile. Per il basso bisognerebbe chiedere al buon vecchio Daniele Ravagnan, ma sono sicuro che Saturnino rientri tra le sue influenze.
E ad esempio perché questi intermezzi? Lo sapete che credo sia il vero centro narrativo del disco? Lo è?
Potremmo considerarla una grande operazione di depistaggio. É un elemento che contribuisce e magari esaspera il carattere spiccatamene eterogeneo dei vari brani che compongono il disco. É un grande melting pop, la cui coerenza forse è data dal non essere coerente affatto, un po’ per natura del progetto in sé, un po’ per nostra scelta. Non so se mi spingerei a definirlo il centro narrativo del disco ma è sicuramente una cornice barocca per un quadro impressionista. Ha senso quello che ho appena detto?
Che urgenza vi ha spinti? La normalità delle cose comuni ormai va stretta o ci state facendo pace? E qui “Saliva” penso sia il manifesto di questo discorso…
Saliva è stata scritta in un modo che si potrebbe definire “di ritorno”, ritorno alla famiglia, alle dinamiche familiari, ad un lavoro chiamiamolo di routine. Insomma parla delle zone grigie ai margini di una vita di provincia. Sicuramente l’urgenza era che questo periodo finisse presto, perché non farci una canzone per esorcizzare?
Questa copertina potrei leggerla in mille modi diversi… aiutatemi… il futuro fa paura o divide la normalità dalla follia?
L’idea era quella di creare una stazione radio intergalattica che passasse la qualunque, e trasmettesse da un grande mare di monnezza, che un po’ rispecchia i tempi che corrono? Il futuro personalmente non fa paura, certo le sfide sono molteplici, ma abbiamo sicuramente tutte le risorse per affrontarle.